Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4765 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4765 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17691/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME, SENFETT AGATA;
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 2304/2020 depositata il 23/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL RICORSO
RAGIONE_SOCIALE, Sezione Acireale, conveniva in giudizio il Comune di Acireale chiedendone la condanna al pagamento della somma complessiva di euro 667.386,35 oltre interessi, dalla scadenza di ciascun rateo trimestrale al saldo.
A fondamento della propria pretesa, parte attrice deduceva che si era occupata, nell’ambito della sua attività, dell’espletamento del servizio di trasporto gratuito di soggetti portatori di handicap in favore del Comune di Acireale, come previsto dalla legge Regionale n. 16 del 1986, che autorizzava i Comuni che non fossero stati in grado di organizzare il servizio di trasporto gratuito di avvalersi di enti, istituzioni ed associazioni per lo svolgimento di tale servizio erogando agli stessi una retta pro-die per ogni assistito munito di regolare impegnativa rilasciata dalla Usl sulla base dei prospetti trimestrali vistati dalla medesima Usl.
Successivamente per gli anni 19971999, i crediti vantati dall’RAGIONE_SOCIALE nei confronti del Comune RAGIONE_SOCIALE Acireale sono stati oggetto di cessione prosolvendo in favore dell’RAGIONE_SOCIALE Catania, in luogo del pagamento del debito che l’ RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto eseguire in favore dell’RAGIONE_SOCIALE per contributi previdenziali. Ma il Comune debitore ceduto non eseguiva tali pagamenti.
Il Tribunale di Catania, con sentenza n. 4518/2017, rigettava la domanda formulata dall’RAGIONE_SOCIALE per intervenuta prescrizione del credito.
La Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 2304/2020 del 23 dicembre 2020, confermava la sentenza impugnata.
Propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi illustrati da memoria, l ‘RAGIONE_SOCIALE, Sezione Acireale.
3.1. Il Comune di Aci Reale resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 166, 167 e 153, comma 2, c.p.c. Lamenta l’erroneità decisione della Corte d’appello che ha ritenuto che il Tribunale avesse ben deciso la questione della rimessione in termini del Comune di Acireale, malgrado la mancanza di prova della non imputabilità all’ente della intervenuta decadenza dei termini per proporre l’eccezione di prescrizione, che quindi sarebbe
tardiva.
4.2. Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946 e 2948 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3). Contesta la statuizione per avere la Corte territoriale ritenuto di non poter valutare la documentazione prodotta dal ricorrente nel secondo grado di giudizio sulle diffide interruttive della prescrizione. Trattandosi di meri diritti di credito, la prescrizione sarebbe decennale e non quinquennale.
4.3. Con il terzo motivo di ricorso denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio relativo al quantum della pretesa, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., essendosi la Corte limitata a ritenere assorbito il motivo, quando avrebbe dovuto assumere una decisione.
4.4. Con il quarto motivo di ricorso si duole del fatto che la Corte di appello, ‘con una motivazione generica’, avrebbe omesso di
valutare la domanda di indebito arricchimento proposta contro il Comune di Acireale (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.).
5. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per mancata deduzione del vizio come error in procedendo , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., con conseguente difetto di identificazione del preteso errore del giudice del merito e impedimento di riscontro ex actis dell’assunta omissione.
Questa Corte, infatti, ha chiarito che il difetto di attività del giudice di secondo grado, presupponendo che abbia preso in esame la questione oggetto di doglianza e l’abbia risolta in modo giuridicamente erroneo o senza giustificare (o non giustificando adeguatamente) la decisione resa, deve essere censurato attraverso la specifica deduzione del relativo error in procedendo, unica a consentire ‘alla parte di chiedere e al giudice di legittimità -in tal caso giudice anche del fatto processuale -di effettuare l’esame, altrimenti precluso, degli atti del giudizio di merito e, così, anche dell’atto di appello’ (Cass. n. 29952/2022; v. fra le tante, Cass. n. 28794/2023; Cass. n. 25641/2023; Cass. n. 20644/2023; Cass. n. 20198/2023).
Lo stesso motivo è inammissibile anche per difetto di specificità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4 in relazione all’art. 360bis, comma 1, n. 1, c.p.c., poiché, nel denunciare la violazione dell’art. 153, comma 2, c.p.c., in combinato disposto agli artt. 166 e 167 c.p.c., ha omesso di raffrontare la ratio decidendi della sentenza impugnata con la costante giurisprudenza di questa Corte, non fornendo argomenti per un suo mutamento (Cass. n. 5001/2018; Cass. n. 30535/2018; v. ex multis, Cass. n. 21844/2023; Cass. n. 16312/2023; Cass. n. 20645/2021; Cass. n. 5651/2021).
Ai sensi, infatti, di quanto affermato dalla sentenza di questa Corte a Sezioni Unite n. 2773/2020 e poi ribadito dalla successiva giurisprudenza (v. Cass. n. 11029/2023; Cass. n. 29548/2023; Cass. n. 6944/2023) l’istituto della rimessione in termini,
certamente finalizzato all’attuazione dei principi costituzionali di tutela delle garanzie difensive e del giusto processo, presuppone la sussistenza di una causa concreta non imputabile alla parte, che abbia precluso in via assoluta l’attività processuale, non potendo risolversi in una mera difficoltà, e di un rapporto causale determinante con il verificarsi della decadenza. Trattasi di apprezzamento, come pure chiarito, affidato al giudice del merito, la cui decisione, se congruamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità (fra le tante, Cass. n. 11029/2023 cit.; Cass. n. 35959/2022; Cass. n. 30514/2022).
Nel caso di specie, la Corte di Appello, facendo corretta applicazione dell’art. 153, comma 2, c.p.c., ha rimesso in termini il Comune di Acireale solo dopo aver verificato l’esistenza di un fatto ostativo esterno alla volontà di tale ente, che ne aveva impedito la costituzione in termini; fatto da lui non governabile, costituito dal mancato rinvenimento del fascicolo processuale, con conseguente legittima proposizione dell’eccezione di prescrizione del credito azionato dall’RAGIONE_SOCIALE a seguito della rimessione in termini. Al contempo, ha valutato che nessuna inerzia poteva essere ascritta all’ente, atteso che, da un lato, si era tempestivamente attivato, dall’altro, il ritardo nel rinvenimento del fascicolo era imputabile esclusivamente alla cancelleria, deputata alla custodia dei fascicoli. In tale contesto, l’operato dei giudici di merito è quindi corretto anche sotto il profilo della non necessità per la rimessione di un decreto del Ministero della giustizia, previsto per il diverso caso di irregolare funzionamento degli uffici giudiziari nel loro complesso (cfr. p. 3, sentenza n. 2304/2020 Cda Catania).
5.1. Il secondo motivo di ricorso, articolato in due censure, è infondato.
Nelle obbligazioni periodiche e di durata, caratterizzate dal fatto che la prestazione è suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo, il termine di prescrizione è quello previsto dall’art.
2948, comma 1, n. 4, c.c. (v. Cass. n. 1902/2014, Cass. n. 29430/2023; Cass. n. 28060/2023; Cass. n. 26903/2022; Cass. n. 21568/2022).
Sul punto, la decisione dei giudici di merito è corretta, atteso che la domanda dell’RAGIONE_SOCIALE, riguardando contributi per il servizio di trasporto erogato ex art. 5, L.R. Sicilia n. 16/86, si riferisce a prestazioni periodiche e di durata, con conseguente prescrizione quinquennale.
Va respinta anche la seconda censura con cui l’RAGIONE_SOCIALE lamenta che la Corte territoriale ha ritenuto inammissibili i documenti allegati in appello, atteso che l’art. 345 c.p.c., nella nuova formulazione applicabile ratione temporis ex art. 54, comma 3, d.l. n. 83/2012 (conv. in l. n. 134/12), non consente i nova non avendo l’associazione dimostrato la sussistenza di una causa forza maggiore o il ricorrere del caso fortuito (v. Cass. n. 1109/2021; Cass. n. 2764/2020).
5.2. La formulazione delle censure del terzo motivo non risponde ai requisiti di ammissibilità.
Va premesso che il vizio di omessa pronuncia, configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice del merito in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, è riconducibile a una violazione dell’art. 112 c.p.c., per cui non va confuso con l’omesso esame di un fatto decisivo e non può quindi essere denunciato ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Questo perché, come ripetutamente affermato da questa Corte, tale ultimo vizio presuppone che il giudice del merito abbia motivato in modo insufficiente o contraddittorio o non abbia motivato affatto su un punto decisivo della controversia (v. Cass. n. 30422/2023; Cass. n. 30375/2023; Cass. n. 30332/2023; Cass. n. 8699/2022; Cass. n. 22204/2021).
D’altra parte, e dando seguito a quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare, il vizio di omessa pronuncia deve sempre
essere escluso quando la questione è esplicitamente assorbita da altra statuizione della sentenza (v. Cass. n. 30462/2023; Cass. n. 29465/2023; Cass. n. 27436/2023; principio ribadito anche da Cass., SS.UU., n. 24879/2023; Cass. n. 3964/2019; Cass. n. 28995/2018).
Nel caso di specie, l’erronea sussunzione, da parte del ricorrente, del vizio di omessa pronuncia nell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (cfr. pp. 910, ricorso A.I.A.S.) determina l’inammissibilità del motivo anche per 348 ter attesa la doppia conforme. In ogni caso, non può parlarsi di omissione, in quanto la Corte d’appello di Catania, ha ritenuto assorbito il motivo sul quantum della pretesa dalla statuizione sulla prescrizione del credito.
5.3. Con il quarto motivo la ricorrente formula censura di omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., quando invece il vizio lamentato attiene ad un errore in procedendo e, quindi, da denunciare ai sensi del n. 4, dello stesso art. 360 c.p.c.
Il motivo è inammissibile ex art. 348 ter c.p.c.
Senza sottacersi che nella formulata doglianza non risulta nemmeno individuato l’ errore in cui è asseritamente incorso il giudice del gravame, atteso che la relativa formulazione non consente, a questa Corte, di verificare negli atti l’omissione di cui ci si duole.
D’altra parte, neppure è configurabile il dedotto vizio motivazionale, in quanto la Corte territoriale ha spiegato in modo esaustivo, sia pur succinto, la sua decisione di inammissibilità del motivo, esponendone le ragioni derivanti da una mancata specifica contestazione dell’appellante della statuizione di primo grado in ordine all’insussistenza dei presupposti per l’accoglimento della domanda ex art. 2041 c.c., per prescrizione del relativo diritto, essendosi limitato ad un generico riferimento alla applicabilità di
tale norma ai rapporti con la P.A. (cfr. p. 4, sentenza n. 2304/2020 Cda Catania).
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente Comune RAGIONE_SOCIALE Aci Reale, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 9.200,00, di cui 9.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore del controricorrente Comune di Aci Reale.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza