Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 30259 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 30259 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 17/11/2025
del RAGIONE_SOCIALE avesse determinato il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, che aveva riconosciuto il diritto del COGNOME all’assunzione dal 14.10.2003.
Ha individuato nella data del 1° ottobre 2004 la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale del diritto alle differenze retributive, ed in assenza di atti interruttivi anteriori al deposito del ricorso di primo grado, avvenuto nel giugno 2011, ha pertanto ritenuto prescritto il relativo diritto ed ha rigettato il terzo motivo di appello, relativo alla mancata ammissione della CTU contabile.
Avverso tale sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., violazione dell’art. 12 della legge regionale n. 33/1996, integrativa dell’art. 30 della legge regionale n. 45/1995, e falsa applicazione dell’art. 32 della legge regionale n. 45/1995.
Evidenzia il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, che aveva riconosciuto il diritto alla conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro del COGNOME.
Deduce che le disposizioni richiamate in rubrica hanno previsto il diritto all’assunzione degli operai agricoli iscritti nella fascia di garanzia delle 151 giornate lavorative fino all’esaurimento in organico dei posti disponibili, essendo il divieto di cui all’art. 32 della legge n. 45/1995 previsto solo per le assunzioni a tempo indeterminato fuori organico.
Evidenzia che tale diritto si desume dalla Circolare dell’Assessorato Regionale destinata ai RAGIONE_SOCIALE, inviata dala RAGIONE_SOCIALE ai segretari territoriali ed alla Segreteria Nazionale.
Sostiene che il RAGIONE_SOCIALE aveva l’obbligo di assumere il COGNOME dal 28.7.2001 , data in cui era stato approvato il Piano di Organizzazione Variabile.
Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la sentenza impugnata.
La Corte territoriale ha escluso la sussistenza di un automatismo nella sostituzione di un dipendente a tempo indeterminato collocato in quiescenza con gli operai stagionali rientranti nel turn-over previsto dall’art. 30 della legge regionale n. 45/1995, come integrato dall’art. 12 della legge regionale n. 33/1996, costituendo l’assunzione una mera facoltà condizionata alla determinazione del RAGIONE_SOCIALE di procedere alla copertura del posto resosi vacante e alla decisione dell’Assessorato Agricoltura e Foreste di stanziare le relative risorse finanziarie.
Inoltre la censura sostiene erroneamente che la sentenza di primo grado ha riconosciuto il diritto del NOME alla conversione del rapporto a tempo indeterminato.
La sentenza impugnata ha invece dato atto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, che ha accertato il diritto del COGNOME all’assunzione a tempo indeterminato con decorrenza dal 14.10.2003 e al riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata da tale data fino a quella di assunzione effettiva.
Il Tribunale si è dunque limitato ad accertare il diritto del COGNOME alla stabilizzazione con decorrenza dal 14.10.2003 e a riconoscere al medesimo l’anzianità di servizio maturata da tale data.
Il motivo, che prospetta il diritto all’assunzione degli operai agricoli iscritti nella fascia di garanzia delle 151 giornate lavorative fino all’esaurimento in organico dei posti disponibili senza confutare le argomentazioni svolte dalla Corte territoriale, fa leva su una Circolare dell’Assessorato regionale che non risulta dalla sentenza impugnata, e rispetto alla quale non assolve agli oneri previsti dall’art. 366 comma 6 e dall’art. 369, comma 4, cod. proc. civ., in quanto non ne riporta integralmente il contenuto e non indica gli atti dei gradi di merito in cui sarebbe stata menzionata.
Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione della prima parte dell’art. 1 della legge n. 230/1962, dell’art. 1 d.lgs. n. 368/2001, falsa applicazione dell’art. 2948 cod. civ. per v i olazione dell’art. 2935 cod. civ. ed erronea disapplicazione del principio di diritto enunciato da Cass. S.U. n. 575/2003.
Evidenzia che alcuna prescrizione era maturata, in quanto la decorrenza del relativo termine è riferita alla cessazione del rapporto di lavoro tra le parti, ancora in essere.
Sostiene l’inapplicabilità dei principi di diritto espressi da Cass. n. 274/2019 e da Cass. n. 3140/2019, in quanto si è formato il giudicato sul carattere del rapporto a tempo indeterminato, la prescrizione non decorre fino alla cessazione del rapporto di lavoro.
4. Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno infatti affermato che la prescrizione dei crediti retributivi dei lavoratori nel pubblico impiego contrattualizzato, sia nei rapporti a tempo indeterminato, sia in quelli a tempo determinato, e anche in caso di successione di contratti a termine, decorre, per i crediti che nascono nel corso del rapporto lavorativo, dal giorno della loro insorgenza e, per quelli che maturano alla cessazione, a partire da tale data, in quanto non è configurabile un ‘ metus ‘ del cittadino verso la pubblica amministrazione ed in quanto, nei rapporti a tempo determinato, il mancato rinnovo del contratto integra un’apprensione che costituisce una mera aspettativa di fatto, non giustiziabile per la sua irrilevanza giuridica (Cass. S.U. n. 36197/2023).
Con il terzo motivo il ricorso denuncia violazione degli artt. 61, 191, 194, 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ.
Evidenzia che l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso comporta il necessario espletamento della CTU contabile in sede di rinvio, non potendo il giudice di appello autonomamente risolvere questioni tecniche connesse alla valutazione degli elementi rilevanti ai fini della decisione.
Sostiene che la mancata ammissione della CTU contabile costituisce violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
La censura è inammissibile, in quanto si limita a fare leva sull’accoglimento dei primi due motivi, e dunque sull’effetto espansivo esterno della cassazione della sentenza impugnata , previsto dall’art. 336, comma secondo, cod. proc. civ .
Non è inoltre configurabile l’omessa pronuncia , peraltro proposta in relazione all’art. 360, comma primo n. 3 cod. proc. civ., senza che sia stata prospettata la nullità della sentenza.
La Corte territoriale ha infatti espressamente rigettato il terzo motivo di appello, con cui il COGNOME aveva lamentato la mancata ammissione della CTU.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
9 . Sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, dell’obbligo, per parte ricorrente, di versare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 200,00 per esborsi ed in € 3000,00 per competenze professionali, oltre al rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge;
dà atto della sussistenza dell’obbligo per parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n.115 del 2002, di versare l’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della Corte Suprema di Cassazione, 6 novembre 2025.
La Presidente
NOME COGNOME