Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9648 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9648 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 13/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9342/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE Bradano RAGIONE_SOCIALE Metaponto in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME presso il cui studio in Roma, INDIRIZZO è elettivamente domiciliato
-ricorrente/intimato- contro
Fugaro NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale come da pec Registri di Giustizia
-controricorrente/ricorrente incidentale- avverso la sentenza della Corte d’appello di Potenza n. 91/2022 depositata il 28/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Matera, con separate sentenze, in parziale accoglimento dell’opposizione a decreto ingiuntivo, revocava i decreti opposti e condannava il Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto (di seguito anche: Consorzio) al pagamento – in favore dei lavoratori NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME – dei soli
emolumenti retributivi richiesti in sede monitoria maturati a far tempo dal 18 luglio 2012, prescritti tutti i crediti maturati anteriormente.
Con separati ricorsi in appello, riuniti in ragione della connessione oggettiva e parzialmente soggettiva, i due prestatori insistevano, per quanto ancora qui rileva, che, in accoglimento dei gravami ed in riforma delle sentenze impugnate, fosse riconosciuto il loro diritto alle voci retributive, contingenza ed EDR, loro dovute in base ad un accordo lavorativo raggiunto e siglato in data 8 marzo 1989 con il Consorzio a far tempo dalle date indicate nei ricorsi monitori e non soltanto dal 18 luglio 2012. In particolare, sostenevano che le note da essi inviate al RAGIONE_SOCIALE – a differenza di quanto ritenuto dai giudici di primo grado – fossero idonee ad interrompere la prescrizione.
Spiegava appello incidentale il Consorzio lamentando che il giudice di prime cure non aveva compiuto alcuna attività istruttoria al fine di ricostruire la volontà delle parti, per come incartata negli accordi sindacali del 1988, 1989 e 1996, con la cons eguenza che era erronea l’affermazione contenuta nelle sentenze del Tribunale secondo cui le parti stipulanti avevano inteso riconoscere e assicurare l’aumento del 10% non soltanto in relazione ai minimi tabellari di stipendio previsti dalla contrattazione collettiva vigente all’epoca degli accordi predetti, ma anche con riguardo a quelli che successivi. In via subordinata, eccepiva la nullità/illegittimità delle sentenze di primo grado, per violazione dell’art. 2948, n. 4 c od. civ., per aver ritenuto sospeso il decorso della prescrizione a partire dalla data del 18 luglio 2012 (entrata in vigore della legge cd. Fornero) fino a quella di interruzione del rapporto lavorativo.
La Corte d ‘a ppello di Potenza, definitivamente pronunziando sugli appelli proposti dai sopraindicati lavoratori nei confronti del Consorzio, in parziale accoglimento dei gravami principali ed in parziale riforma delle sentenze impugnate, che confermava nel resto, respinti gli appelli incidentali, condannava il Consorzio appellato al pagamento, in favore di ciascun appellante, dell’aumento del 10% sull’indennità di contingenza con decorrenza dall’1 gennaio 2006, ritenute idonee all’interruzione della
prescrizione le intimazioni di pagamento versate in atti con riguardo alla sola indennità di contingenza, confermando la condanna di pagamento delle altre somme richieste nel ricorso monitorio, maturate dal 18 luglio 2012, oltre accessori di legge.
Proponeva ricorso per cassazione, articolato in due motivi, il RAGIONE_SOCIALE Bradano RAGIONE_SOCIALE Metaponto in liquidazione.
Resistevano con controricorso NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME come in epigrafe indicati, proponendo a loro volta ricorso incidentale affidato ad unico motivo.
Tutte le parti depositavano memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il Consorzio deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., 1219, 2943, 1324 e 1362 cod. civ., con particolare riferimento al criterio interpretativo letterale che deve prioritariamente condurre all’attività ermeneutica dell’organo giudicante, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
1.1. La parte ricorrente in cassazione assume che il giudice di appello abbia dato una erronea interpretazione dei seguenti documenti – missive inviate da NOME COGNOME in data 19 ottobre 2010 ed in data 8 ottobre 2015, da NOME COGNOME in data 22 ottobre 2010 e 8 ottobre 2015 e da NOME COGNOME in data 18 ottobre 2010 e 5 ottobre 2015 ritenendoli idonei ad interrompere la prescrizione, benché essi siano privi di un’espressa intimazione di pagamento.
1.2. Il Consorzio denunzia altresì l’assenza di una congrua ed adeguata motivazione sul punto, nonché la violazione del criterio interpretativo letterale che deve prioritariamente condurre l’attività ermeneutica del giudice.
1.3. Il primo motivo è inammissibile.
1.4. In via di premessa, va ricordato che in tema di sindacato sull ‘ interpretazione dei contratti – ma la medesima regola vale per gli atti unilaterali – la parte che ha proposto una delle opzioni ermeneutiche possibili di una clausola non può contestare, in sede di giudizio di legittimità,
la scelta alternativa alla propria effettuata dal giudice del merito (si veda in tal senso da ultimo Cass. n. 18214/2024). In tema di ermeneutica contrattuale, insomma, l ‘ accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto del negozio si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo nell ‘ ipotesi di violazione dei canoni legali d ‘ interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e seguenti cod. civ. Nel prospettare la censura, il ricorrente per cassazione dovrà, però, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d ‘ interpretazione che assume essere state violate, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai richiamati canoni, in mancanza ridondando la richiesta in una inammissibile istanza di rivalutazione del contenuto del documento.
1.5. Ebbene, nel caso di specie, il Consorzio non contesta la ricostruzione dell’istituto della prescrizione da parte del giudice di appello (cfr. anche infra quanto poi si dirà in relazione alla seconda censura), ma la violazione dei criteri ermeneutici ed in particolare del canone di interpretazione letterale. La parte ricorrente in cassazione assume che, nell’interpretare gli atti ritenuti idonei ad interrom pere la prescrizione, la Corte d’ appello non abbia rispettato il canone interpretativo principale che è quello letterale.
1.6. Ebbene, al riguardo, va in premessa ricordato che, al fine di produrre effetti interruttivi della prescrizione, un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l ‘ esplicitazione di una pretesa e l ‘ intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l ‘ inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l ‘ effetto sostanziale di costituire in mora il soggetto indicato (elemento oggettivo) e che la valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti – il secondo dei quali, pur richiedendo la forma scritta, non postula l ‘ uso di formule solenni, né l ‘ osservanza di particolari adempimenti – è rimesso all ‘ accertamento di fatto del giudice di merito ed è, pertanto, del tutto sottratto al sindacato di legittimità (cfr. in tal senso Cass. n. 15140/2021).
1.7. Alla luce di quanto innanzi, osserva il Collegio, quella che è richiesta con la prima censura è solo una mera ed inammissibile rivalutazione delle prove documentali versate in atti e, nello specifico, degli atti qualificati nella sentenza di appello, interruttivi della prescrizione.
1.8. Ed infatti la dedotta violazione del canone ermeneutico letterale è sviluppata senza precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sarebbe discostato dal richiamato canone legale. Il Consorzio, infatti, nella censura si limita, di fatto, a prospettare semplicemente una lettura alternativa dei documenti rispetto a quella fornita dalla Corte d ‘ appello nella sentenza impugnata, evidentemente inammissibile.
1.9. A tanto va aggiunto, per completezza, che, a differenza di quanto prospettato nel motivo, la sentenza impugnata valorizza proprio (ed anche) la lettera delle intimazioni di pagamento che contengono espresso riferimento alle finalità dalle stesse svolte di interruzione della prescrizione al fine della rideterminazione delle competenze che il datore avrebbe dovuto erogare.
Con il secondo mezzo l’Ente lamenta la violazione falsa interpretazione degli artt. 2934, 2935, 2941 e 2948 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.
2.1. Il Consorzio sostiene che il giudice del gravame ha erroneamente ritenuto che, con l’introduzione delle modifiche all’art. 18 l egge n. 300 del 1970 apportate dalla legge n. 92 del 2012, a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa (18 luglio 2012), la tutela reale di cui beneficiavano i rapporti di lavoro con i dipendenti delle aziende aventi all’attivo più di 15 dipendenti e, dunque, caratterizzati dal cd. ‘requisito dimensionale’ qual è il Consorzio -sarebbe stata depotenziata, ritenendo, conseguentemente, che anche per i lavoratori addetti a dette aziende la prescrizione dei diritti connessi all’attività lavorativa, sia sospesa in costanza dei rapporti di lavoro per riprendere alla loro cessazione.
2.2. La censura ruota insomma intorno all’assunto che la disciplina dei licenziamenti dettata dalla legge cd. Fornero non avrebbe comportato modifiche sul regime della prescrizione.
2.3. La seconda doglianza è anch’essa inammissibile.
2.4. Sul punto, rimarca in premessa il Collegio, che, in alcun modo, il motivo attinge la motivazione della sentenza di appello in relazione alla implicita qualificazione del rapporto di lavoro con il Consorzio come rapporto di lavoro privato non disciplinato dal d.lgs. n. 165 del 2001.
2.5. Il mezzo, per come proposto, insomma, non contesta la ricostruzione dell’istituto della prescrizione offerta nella sentenza gravata, limitandosi a negare recisamente, invece, che essa, pur nelle imprese con più di 15 dipendenti, sia interrotta in ragi one dell’introduzione della legge cd. Fornero.
2.6. Tanto premesso, il motivo è, allora, inammissibile, ai sensi dell’art. 360 -bis cod. proc. civ., in quanto il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte e l’esame del motivo non offre elementi per mutare l’orientamento espresso dal giudice di legittimità.
2.7. Ed infatti, questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. n. 26246/2022) che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della legge n. 92 del 2012 e del d.lgs. n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 cod. civ., dalla cessazione del rapporto di lavoro (cfr. in tal senso, tra le numerose conformi successive, anche Cass. n. 18008/2024, oltre che il percorso motivazionale di Sez. U. n. 36197/2023, che, nel tratteggiare il differente regime della prescrizione in relazione pubblici, riafferma i principi sanciti a partire da Cass. n. 26246/2022).
2.8. A detti insegnamenti si è conformata la pronunzia di appello, con la conseguenza che il motivo non può essere accolto.
Con l’unico motivo di ricorso incidentale i lavoratori lamentano la violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 2934, 2935, 2941 e 2948 cod. civ. ; l’illegittimità della pronunzia di estinzione per prescrizione dei crediti retributivi maturati in costanza di rapporto alle dipendenze di soggetti datoriali in possesso del requisito dimensionale previsto dall’art. 18, l egge n. 300 del 1970, precedentemente all’entrata in vigore della l egge n. 92 del 2012 e non ancora prescritti a tale data -18 luglio 2012 -con salvezza delle sole poste creditorie maturate successivamente.
3.1. In estrema sintesi i lavoratori si dolgono che la Corte abbia ritenuto di riconoscere l’effetto interruttivo delle missive solo ed esclusivamente in ordine all’aumento del 10% sull’indennità di contingenza, escludendolo per le restanti poste creditorie, ritenute non prescritte solo quelle maturate dalla data di entrata in vigore della legge n. 92 del 2012.
3.2. L’unico motivo di ricorso incidentale non si sottrae alla censura di inammissibilità.
3.3. Con il mezzo, infatti, sotto lo schermo solo apparente della violazione di legge, i controricorrenti – lungi dal porre un problema relativo alla violazione e/o falsa applicazione delle norme sulla prescrizione (artt. 2934, 2935, 2941 e 2948 cod. civ. ) richiamate congiuntamente all’art. 18 st.lav. ed alle modifiche della cd. legge Fornero – chiedono, in realtà, un riesame dei documenti da essi versati in atti, ritenuti dalla Corte d ‘a ppello idonei ad interrompere la prescrizione con riguardo alla sola indennità di contingenza, laddove essi ne propongono una lettura più ampia e comprensiva anche degli altri emolumenti richiesti con il giudizio monitorio.
3.4. Ne consegue che, qui richiamato tutto quanto già innanzi illustrato ai punti 1.4-1.9, il mezzo è inammissibile, perché, lungi dal dedurre la violazione, nei modi innanzi esplicitati, dei canoni ermeneutici, in sostanza chiede il riesame degli atti interruttivi della prescrizione, postulando che questa Corte possa operarne una rivalutazione, affermando
che anche per gli altri emolumenti oggetto del ricorso per decreto ingiuntivo detti atti erano idonei ad interrompere la prescrizione.
3.5. Si tratta, è di tutta evidenza, di un sindacato di merito, inammissibile in sede di legittimità.
Conclusivamente vanno dichiarati inammissibili il ricorso principale e quello incidentale.
Stante l’inammissibilità sia del ricorso principale che di quello incidentale vanno compensate integralmente tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento, se dovuto, sia da parte del ricorrente che da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il ricorso principale e quello incidentale; compensa integralmente fra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto, sia da parte del ricorrente principale che da parte dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso art.
13.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 20 marzo 2025