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Prescrizione crediti INPS: la Cassazione conferma 5 anni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 9024/2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di prescrizione dei crediti INPS. La Corte ha stabilito che la notifica di una cartella di pagamento non opposta dal contribuente non trasforma il termine di prescrizione da quello breve di cinque anni a quello ordinario di dieci. La sentenza chiarisce che solo un provvedimento giudiziale definitivo può determinare tale conversione. Di conseguenza, il credito previdenziale si è estinto per il decorso del quinquennio.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Crediti INPS: 5 o 10 Anni? La Cassazione Fa Chiarezza

La questione della prescrizione dei crediti INPS è un tema di cruciale importanza per cittadini e imprese. Un dubbio frequente riguarda la durata del termine di prescrizione dopo la notifica di una cartella di pagamento: resta quello breve di cinque anni o si estende a quello ordinario di dieci? Con l’ordinanza n. 9024 del 4 aprile 2024, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, consolidando un orientamento giurisprudenziale a favore del contribuente.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla notifica, nel 2015, di un’intimazione di pagamento da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione a un contribuente per un importo di quasi 270.000 euro. La pretesa si fondava su una cartella di pagamento per contributi INPS, che si presumeva notificata nel lontano 2002.

Il contribuente si è opposto all’intimazione, eccependo l’avvenuta prescrizione del credito. Egli sosteneva che, essendo trascorsi ben più di cinque anni dalla notifica della cartella originaria senza validi atti interruttivi, il diritto dell’ente previdenziale si fosse estinto. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione al cittadino, dichiarando prescritto il credito contributivo.

La Questione Giuridica sulla Prescrizione dei Crediti INPS

L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo una tesi molto diffusa: la mancata opposizione alla cartella di pagamento trasformerebbe la natura del credito, facendo scattare la prescrizione ordinaria decennale prevista dall’art. 2946 del codice civile, in luogo di quella quinquennale specifica per i contributi previdenziali.

In sostanza, secondo l’Agenzia, la cartella non impugnata nei termini di legge acquisirebbe l’efficacia di un titolo esecutivo definitivo, assimilabile a una sentenza passata in giudicato. Questo fenomeno, noto come “conversione del termine di prescrizione”, è disciplinato dall’art. 2953 c.c. La questione centrale, quindi, era stabilire se una cartella esattoriale potesse essere equiparata a una pronuncia giudiziale ai fini dell’allungamento della prescrizione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’Agenzia, confermando integralmente le decisioni dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno richiamato il principio fondamentale sancito dalle Sezioni Unite con la celebre sentenza n. 23397 del 2016.

La Corte ha chiarito che l’articolo 2953 c.c. si applica esclusivamente quando esiste un titolo giudiziale divenuto definitivo. La cartella di pagamento, anche se non opposta, rimane un atto amministrativo di riscossione coattiva. La sua mancata impugnazione produce l’effetto di rendere il credito “irretrattabile”, ovvero non più contestabile nel merito, ma non ne modifica la natura né il regime di prescrizione originario.

In altre parole, la cartella non opposta non “converte” il termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale. Di conseguenza, per i crediti previdenziali, il termine per far valere il diritto rimane quello di cinque anni, come stabilito dalla normativa di settore (legge n. 335/1995).

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che tra la notifica della cartella (avvenuta nel 2002) e quella dell’intimazione di pagamento (nel 2015) era ampiamente decorso il termine quinquennale, senza che fossero stati notificati validamente atti interruttivi nel frattempo. Pertanto, il diritto di credito dell’INPS era inesorabilmente estinto per prescrizione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un principio di certezza del diritto fondamentale per i contribuenti. La prescrizione dei crediti INPS è e rimane quinquennale, anche in presenza di una cartella esattoriale non impugnata. Questa decisione impedisce che i cittadini possano essere perseguitati per debiti previdenziali risalenti a oltre cinque anni prima, a meno che non siano intervenuti validi atti interruttivi del termine.

Per i contribuenti, ciò significa che è sempre essenziale verificare la data di notifica della cartella originaria quando si riceve un’intimazione di pagamento o un atto di pignoramento. Se sono trascorsi più di cinque anni, è possibile opporsi con ottime probabilità di successo, eccependo l’avvenuta prescrizione del credito.

La notifica di una cartella di pagamento per contributi INPS, se non opposta, trasforma la prescrizione da quinquennale a decennale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la mancata opposizione alla cartella di pagamento non converte il termine di prescrizione breve (cinque anni per i crediti previdenziali) in quello ordinario decennale. Il termine resta quello originariamente previsto per la natura del credito.

Perché la mancata opposizione alla cartella esattoriale non allunga i termini di prescrizione?
Perché la conversione del termine di prescrizione in decennale, secondo l’art. 2953 del codice civile, avviene solo in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo (come una sentenza passata in giudicato). La cartella di pagamento è un atto amministrativo e non giudiziale, pertanto la sua mancata opposizione rende il credito non più contestabile nel merito, ma non ne altera il regime di prescrizione.

Cosa succede se tra la notifica della cartella e un successivo atto di riscossione passano più di cinque anni senza atti interruttivi validamente notificati?
Il credito contributivo si considera estinto per prescrizione. Il contribuente può quindi proporre opposizione all’atto di riscossione (es. intimazione di pagamento o pignoramento) eccependo l’avvenuta prescrizione del diritto vantato dall’ente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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