Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9024 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9024 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34567/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME, presso il cui studio ha eletto domicilio in Cepagatti alla INDIRIZZO
-controricorrente-
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE PESCARA
-intimato-
avverso la sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, Sez. Lavoro, n. 539/2018 depositata il 19/07/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2023
dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
1.Dalla sentenza e dagli atti RAGIONE_SOCIALE parti emerge quanto segue. RAGIONE_SOCIALE notificò in data 25.8.2015 all’odierno controricorrente un’intimazione di pagamento dell’importo di euro 269.895,08 emessa sulla scorta di una cartella di pagamento RAGIONE_SOCIALE presuntivamente notificata l’ 8.5.2002.
Avverso tale intimazione NOME propose opposizione ex art. 615 e 617 c.p.c. deducendo sia l’omessa notifica della cartella sia l’estinzione per prescrizione dei pretesi oneri contributivi; eccepì, inoltre, il difetto di motivazione e di elementi essenziali dell’intimazione di pagamento.
2.Il giudice di prime cure accolse il ricorso, dichiarando, in particolare, l’intervenuta prescrizione del diritto atteso il decorso del quinquennio.
Per quel che rileva in questa sede il giudice evidenziò, in forza RAGIONE_SOCIALE allegazioni dell’RAGIONE_SOCIALE, che:
la contribuzione oggetto della cartella esattoriale fosse stata azionata dall’Istituto a mezzo ricorso per insinuazione al passivo fallimentare della RAGIONE_SOCIALE nel dicembre 1995, con relativa ammissione dell’importo di lire 181.647, 959;
il fallimento fosse stato dichiarato chiuso in data 4.11.1999;
in seguito, non essendo stata ricevuta alcuna somma nell’anno 2002, l’RAGIONE_SOCIALE avesse provveduto all’iscrizione a ruolo della pretesa contributiva dovuta.
Venne, quindi, affermato che la domanda di ammissione al passivo producesse gli effetti della domanda giudiziale, interrompendo per tutto il corso del fallimento la prescrizione, che
aveva ricominciato a decorrere dalla data di chiusura della procedura.
Si osservò, inoltre, come non vi fosse la prova della notifica della cartella di pagamento, non avendo RAGIONE_SOCIALE depositato agli atti del giudizio la relata di notifica della cartella portatrice del presunto credito RAGIONE_SOCIALE.
Al contempo il giudice dette atto della sussistenza della prova della notifica dell’intimazione di pagamento in data 29.12.2009 non all’opponente ma a RAGIONE_SOCIALE nonché della circostanza che il pignoramento presso terzi fosse stato notificato all’opponente in data 20.11.2014.
Non risultando, quindi, ulteriori atti interruttivi della prescrizione, i crediti dell’istituto previdenziale per gli anni dal 1985 al 1989 portati dalla cartella vennero considerati ‘inesorabilmente’ prescritti ex art. 3, comma 10, l. 335 del 1995.
Il giudice di secondo grado confermò la decisione del giudice di prime cure muovendo dalla prova, fornita in questo grado, dell’avvenuta notifica della cartella di pagamento nel 2002, non opposta nel termine di giorni 40 posto dall’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999.
La C.T.R. ritenne quindi prescritto il credito, maturato successivamente alla notifica del ricorso, stante il decorso del quinquennio non essendo stati posti in essere atti interruttivi della prescrizione tra il 2002 (anno di notifica della cartella) ed il 2009 (anno di notifica dell’intimazione cui fece seguito nel 2014 il pignoramento presso terzi).
Avverso la prefata decisione propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi, resiste con controricorso COGNOME NOME.
La Procura generale nella persona del AVV_NOTAIO COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve darsi atto che la difesa di NOME ha presentato istanza di interruzione del giudizio per intervenuta morte della parte.
L’istanza deve essere disattesa. Al riguardo trova infatti applicazione il principio secondo cui nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una RAGIONE_SOCIALE parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, né consente agli eredi di tale parte l’ingresso nel processo.
2.Possono ora trattarsi le singole doglianze.
Con il primo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 615, 617, c.p.c., dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 nonché degli artt. 2938 e 2943 c.c. per aver il giudice di appello ritenuto che in caso di impugnazione dell’intimazione di pagamento, notificata ex art. 50 del dpr n. 602 del 1973, può conoscere della prescrizione maturata dalla notifica della prodromica cartella nonostante la regolare notifica di atti interruttivi. Sostanzialmente ci si duole del fatto che avendo il ricorrente ricevuto regolare notifica della cartella avrebbe dovuto impugnare quella, quale unico atto effettivamente impugnabile dal contribuente, e non proporre opposizione agli atti esecutivi successivamente.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 del d.p.r. n. 602 del 1973, dell’art. 17,19,20 del d.lgs. n. 112 del 1999 nonché degli art. 2946 e seguenti c.c.
Si invoca un revirement volto a mutare l’orientamento di cui a S.U. n. 23397 del 2016 poiché ad avviso dell’agenzia la detta sentenza non si occuperebbe del problema relativo a quale sia la prescrizione applicabile ex se ai singoli tributi iscritti a ruolo e
affidati all’agente di riscossione per l’esecuzione, quando non vi sia stata alcuna impugnazione con conseguente irretrattabilità dei medesimi.
Secondo l’agenz ia ricorrente, in sostanza, quando i crediti confluiscono nel ruolo, che avrebbe la natura di titolo esecutivo per quanto del tutto peculiare, si realizzerebbe una novazione soggettiva e la creazione di un unico credito nell’ambito del quale non è possibile scorporare le singole voci originarie. Il ruolo, così, determinerebbe un effetto novativo sulle obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito, con la conseguenza che non potrebbe più farsi riferimento alla decorrenza originariamente prevista per ciascun credito ma unicamente alla prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c.
3.I motivi, che possono essere trattati congiuntamente stante l’intima connessione degli stessi, sono infondati.
NOME COGNOME ha proposto opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. avverso l’intimazione di pagamento, notificata nel 2015 mentre la cartella è stata notificata nel 2002.
Diversamente da quanto rappresentato dall’RAGIONE_SOCIALE, tra la notifica della cartella e l’intimazione di pagamento risulta decorso un quinquennio, in assenza di compimento e della notifica, medio tempore di atti interruttivi. La C.T.R., con accertamento non sindacabile in questa sede, non si è limitata a riconoscere che gli atti fossero ultraquinquennali, ma ha anche affermato che i suddetti atti, notificati nel 2009 e nel 2014, non fossero mai pervenuti nella sfera di conoscibilità del debitore.
Da un lato quindi gli atti successivi alla cartella non sono stati validamente notificati, dall’altro, è decorso il termine quinquennale di talché è prescritto il credito contributivo.
E’ necessario , tuttavia, effettuare qualche precisazione.
La prescrizione dei crediti previdenziali, nel caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale, rimane quinquennale e
non si converte in decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. (S.U. n. 23397/2016).
Ancor più chiaro è il principio come ribadito da Sez. 3. n. 11800 del 2018 (e poi da Sez. 6-5, n. 33797 del 2019), secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ex art. 2953 c.c.
Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
In buona sostanza la cartella non opposta stabilizza la richiesta dell’amministrazione creditrice, senza con ciò assumere la stessa valenza del credito definitivamente accertato in sede giudiziale (ex art. 2953 c.c.). Ciò significa che dalla mancata impugnazione della cartella trovano applicazione i termini prescrizionali di ciascun credito (che per molti crediti previdenziali corrispondono effettivamente a cinque anni). Quindi, se il credito azionato ha prescrizione decennale, come per i tributi relativi ad iva o ad imposte dirette, la prescrizione resta sempre quella decennale, o, al contrario, se il diritto di credito ha prescrizione più breve, come per la tassa automobilistica (triennale), resta sempre quello più breve.
Nella specie dalla sentenza impugnata non emerge alcun termine differente da quello (quinquennale) previsto, ordinariamente, per i crediti previdenziali, pertanto non può che applicarsi quest’ultimo.
In conclusione il ricorso è respinto. Le spese sono liquidate come da dispositivo. Essendo il ricorrente una pubblica amministrazione non sussistono i presupposti per il pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali che liquida in euro 5800,00 oltre oneri ed accessori.
Così deciso in Roma, l’ 8 novembre 2023