Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18531 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18531 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10549-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOMECOGNOME
– intimato –
avverso la sentenza n. 685/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 26/01/2021 R.G.N. 440/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Contratto a progetto
R.G.N.10549/2021
COGNOME
Rep.
Ud.03/04/2025
CC
RILEVATO CHE
il Tribunale di Bologna, pronunciandosi sul ricorso proposto da NOME COGNOME per l’accertamento della nullità di cinque contratti a progetto stipulati con RAGIONE_SOCIALE senza soluzione di continuità tra l’1.1.2009 e il 3.6.2014 (dedotti la genericità del progetto e lo svolgimento di mansioni esorbitanti dal progetto e proprie dei lavoratori subordinati), la declaratoria di insorgenza tra le parti di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dal primo contratto, la condanna al ripristino del rapporto di lavoro con inquadramento corrispondente al 2° livello CCNL Terziario, qualifica di tecnico programmatore, la condanna al risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni percepite dalla data di cessazione del rapporto di lavoro fino a quella di effettiva riammissione in servizio, in contraddittorio con il Consorzio resistente, con sentenza non definitiva dichiarava la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti per tutto il periodo; condannava il Consorzio al ripristino dello stesso con la retribuzione corrispondente al 3° livello; condannava il Consorzio al pagamento delle differenze retributive tra quanto percepito e quanto dovuto nei limiti della prescrizione quinquennale; condannava il Consorzio al pagamento di indennità ex art. 32, comma 5, legge n. 183/2010 nella misura di otto mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto; svolta CTU contabile, con sentenza definitiva condannava il Consorzio al pagamento della somma di € 24.312,57 oltre accessori;
l a Corte d’Appello di Bologna rigettava l’appello principale (contro le sentenze non definitiva e definitiva) proposto dal Consorzio; in accoglimento dell’appello incidentale del
lavoratore dichiarava tenuto il Consorzio al pagamento della somma complessiva di € 35.876,70 a titolo di differenze retributive lorde, oltre accessori, condannandolo al pagamento della somma residua dovuta previa detrazione dei pagamenti effettuati in corso di giudizio;
3. per la cassazione della sentenza d’appello propone ricorso il Consorzio, affidato a quattro motivi; controparte è rimasta intimata; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente censura la sentenza impugnata, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 2948 e 2935 c.c., sostenendo essere erronea l’affermazione della decorrenza della prescrizione a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro pur essendo, quest’ul timo, garantito da stabilità reale, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio o motivazione contraddittoria o illogica o apparente, con riferimento alla parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva circoscritto il pagamento delle differenze retributive scaturenti dalla riqualificazione del rapporto di lavoro nei limiti della prescrizione quinquennale;
il motivo è infondato;
la Corte di Bologna ha evidenziato lo stato di soggezione del collaboratore a progetto in relazione a una possibile interruzione del rapporto di lavoro non seguita da nuova assunzione; si tratta di decisione conforme ai principi in materia, in quanto la stabilità cd. reale che consente la decorrenza della prescrizione per i crediti retributivi anche in corso di rapporto è
ricollegata alla possibilità di reintegrazione per i dipendenti di aziende di una certa dimensione illegittimamente licenziati, e non certo a situazioni di collaborazione autonoma o parasubordinata a termine riqualificata in rapporto di lavoro subordinato a seguito di vertenza; peraltro, per quanto qui di interesse la materia è stata di recente rivista anche per i rapporti di lavoro ab origine a tempo indeterminato da questa Corte con la sentenza n. 26246/2022 e successive conformi;
4. con il secondo motivo di ricorso si denuncia, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione delle norme di diritto di cui agli artt. 2697 c.c., 115, 343, 166, 345, 346, 347, 346, 169 c.p.c., 76 e 77 disp. att. c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio o motivazione contraddittoria o illogica o apparente, per avere la Corte territoriale ritenuto valida la produzione tardiva del fascicolo di parte di prim o grado del lavoratore, pur avendo quest’ultimo proposto appello incidentale avverso la sentenza emessa dal giudice di prime cure sulla base di documenti contenuti nel predetto fascicolo;
5. il motivo risulta inammissibile, perché non coglie, e dunque non censura, la ratio decidendi espressa dal giudice del merito, il quale ha ritenuto che il deposito tardivo in appello di documenti già depositati in primo grado, e comunque depositati prima dell’udienza di discussione , non ha leso alcun diritto di difesa né ha determinato una violazione in concreto del contraddittorio, e sul punto nulla deduce la parte;
6. con il terzo motivo, parte ricorrente si duole, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., di violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 324 c.p.c., denunciando error in procedendo per vizio di ultrapetizione; si censura la rideterminazione delle
differenze retributive al lordo in assenza di specifico motivo di impugnazione sul punto;
il motivo è infondato, essendo la pronuncia gravata conforme al principio secondo cui l’accertamento e la liquidazione dei crediti pecuniari del lavoratore per differenze retributive debbono essere effettuati al lordo delle ritenute fiscali, atteso che il meccanismo di queste ultime si pone in relazione al distinto rapporto d’imposta, sul quale il giudice chiamato all’accertamento ed alla liquidazione delle spettanze retributive (come pure all’assegnazione delle relative somme in sede di esecuzione forzata) non ha il potere d’interferire, restando le dette somme assoggettate a tassazione, secondo il criterio cd. di cassa e non di competenza, soltanto una volta che saranno dal lavoratore effettivamente percepite (Cass. n. 21010/2013; conf. Cass n. 18044/2015); né può dirsi formato il giudicato sul l’accertamento fatto dalla prima CTU in quanto l’accoglimento dell’appello incidentale del lavoratore ed il conseguente rigetto dell’eccezione di prescrizione hanno reso necessario un nuovo calcolo delle competenze;
con il quarto motivo di ricorso la sentenza gravata viene censurata, ex art. 360, primo comma, nn. 3 e/o 4 e/o 5 c.p.c., per violazione e falsa applicazione della norma di diritto di cui all’art. 115 c.p.c., per error in procedendo e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per aver ritenuto non operante il principio di non contestazione;
il motivo è inammissibile, in quanto i motivi di impugnazione che prospettano una pluralità di questioni, da un lato, costituiscono una negazione della regola della chiarezza e, dall’altro, richiedono un intervento della Corte volto ad enucleare dalla mescolanza dei motivi le parti concernenti le separate censure (cfr. Cass. n. 18021/2016);
10. non vi è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio, attesa la mancata costituzione di controparte; al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 3 aprile 2025.