Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1067 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1067 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18112-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello RAGIONE_SOCIALE – Società con socio unico, soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Ferrovie dello RAGIONE_SOCIALE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
ricorrenti –
Oggetto
R.G.N. 18112/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 18/10/2023
CC
contro
– intimato –
avverso la sentenza n. 80/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 04/04/2022 R.G.N. 277/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere Dott.
NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La corte di appello di Genova aveva rigettato il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE avverso la decisione con cui il tribunale aveva condannato le predette società a corrispondere a Macciò Andrea le differenze retributive maturate a titolo di scatti di anzianità per il periodo di apprendistato prestato, con decorrenza dallo scatto maturato dall’aprile 2008 , attesa la prescrizione dello scatto maturato nell’aprile 2006 e la sospensione della prescrizione degli scatti successivi a decorrere dal 18.7.2012, per effetto della mutata disciplina della stabilità del rapporto di lavoro introdotta dall’art. 1 l.n. 92/2012.
Avverso detta decisione le società proponevano ricorso affidato ad un solo motivo, anche coltivato con successiva memoria.
NOME COGNOME era rimasto intimato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con unico motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione art. 2948 n.4 c.c. in combinato con l’art. 18 co.1,2, l.n. 300/70, come modificata da l.n. 92/2012.( art 360 co.1 n. 3 cp.c).
Le ricorrenti si dolgono della decisione della corte in punto di decorrenza della prescrizione, ritenendo che la legge 92/2012 non abbia alterato il concetto della stabilità del rapporto di lavoro.
Il tema in discussione è stato già affrontato da questa Corte con la sentenza n. 26246/2022 a cui si intende dare seguito.
In essa è stato infatti statuito che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della l. n. 92 del 2012 e del d.lgs n. 23 del 2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della l. n. 92 del 2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4, e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Il principio è stato affermato a seguito della attenta ricostruzione del quadro normativo sviluppatosi con la entrata in vigore della legge n. 92/2012 e del d.lgs n. 23 del 2015 e del rilievo che in ragione delle predette riforme l’individuazione del regim e di stabilità sopravvenga solo a seguito di una qualificazione definitiva del rapporto per attribuzione del giudice, e, quindi, solo all’esito di un accertamento in giudizio, e quindi ex post.
Invero la varietà delle ipotesi di tutela contemplate nel rinnovato articolo 18 l.n. 300/70 e la concreta possibilità che le stesse non necessariamente garantiscano il ripristino del rapporto di lavoro in caso di illegittimo recesso, evidenzia come il regime di stabilità del rapporto, in precedenza assicurato, sia venuto meno nella sua integralità.
A tale evidente rinnovata situazione deve quindi conseguire che la prescrizione dei crediti del lavoratore decorre, in assenza di un regime di stabilità reale, dalla cessazione del rapporto di lavoro e rimane sospesa in costanza dello stesso, inclusi i crediti di un lavoratore formalmente autonomo, il cui rapporto sia successivamente riconosciuto come subordinato, nonché quelli derivanti da incarichi dirigenziali (in tal senso Cass.n. 29981/2022).
Tale principio, peraltro, non può trovare limiti nella sua valenza rispetto alla sola ‘retribuzione tabellare’, come indicato nelle osservazioni contenute nella memoria delle società ricorrenti.
Il richiamo all’art. 36 Cost., che le società ricorrenti utilizzano al fine di dimostrare che solo le retribuzioni nella misura tabellare (che
sarebbero espressione della norma costituzionale), potrebbero essere assoggettate alla sospensione della prescrizione in corso di rapporto, è tesi che contrasta ogni lettura ed interpretazione che il diritto vivente ha svolto nel tempo su tale norma costituzionale.
Va ricordato che secondo quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 24449/2016 e di recente ribadito (Cass.n. 27711/2023), ‘ l’art. 36, 1° co., Cost. garantisce due diritti distinti, che, tuttavia, «nella concreta determinazione della retribuzione, si integrano a vicenda»: quello ad una retribuzione «proporzionata» garantisce ai lavoratori «una ragionevole commisurazione della propria ricompensa alla quantità e alla qualità dell’attività prestata»; mentre quello ad una retribuzione «sufficiente» dà diritto ad «una retribuzione non inferiore agli standards minimi necessari per vivere una vita a misura d’uomo», ovvero ad «una ricompensa complessiva che non ricada sotto il livello minimo, ritenuto, in un determinato momento storico e nelle concrete condizioni di vita esistenti, necessario ad assicurare al lavoratore ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa». In altre parole, l’uno stabilisce «un criterio positivo di carattere generale», l’altro «un limite negativo, invalicabile in assoluto» ‘.
Si tratta, pertanto, di una disposizione che, ben lontana dal limitare trattamenti retributivi che superino i c.d. minimi tabellari, attesta e garantisce che ogni retribuzione debba corrispondere alla qualità, natura e quantità della prestazione fornita e che sia al tempo stesso garanzia di una vita dignitosa. Se, dunque i trattamenti retributivi di cui si discute siano stati percepiti nel corso del rapporto in misura superiore ai minimi tabellari, evidentemente in ragione di quel principio di adeguatezza sopra richiamato , ed allora sugli stessi, nella loro interezza, sarà operativa la sospensione della prescrizione , essendo essi stessi parte costitutiva dei diritti la cui azionabilità è sospesa nel corso di un rapporto di lavoro non accompagnato da stabilità reale.
In ragione di quanto statuito il ricorso deve essere rigettato.
Le spese seguono il criterio della soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E.3.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 18 ottobre 2023
La presidente NOME COGNOME