Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2437 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2437 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 11820-2019 proposto da
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato e domiciliata presso i suoi uffici, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , anche quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in forza di procura conferita in calce al ricorso notificato, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 11820/2019
COGNOME
Rep.
C.C. 29/10/2024
giurisdizione Prescrizione dei crediti contributivi.
NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-resistente con procura –
per la cassazione della sentenza n. 106 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 13 febbraio 2019 (R.G.N. 412/2017).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 29 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 106 del 2019, depositata il 13 febbraio 2019, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame del signor NOME COGNOME e ha confermato la pronuncia del Tribunale di Pavia, che, per quanto in questa sede ancora rileva, aveva rigettato l’impugnazione contro l’avviso di addebito n. NUMERO_DOCUMENTO e contro le cartelle esattoriali n. NUMERO_DOCUMENTO e n. NUMERO_DOCUMENTO.
A fondamento della decisione, la Corte territoriale ha posto l’accento sulla definitività dell’avviso di addebito e delle cartelle e ha argomentato che, nel caso di specie, la prescrizione era stata eccepita solo con riguardo ai crediti iscritti a ruolo e non per la fase successiva alla notificazione degli atti impugnati.
-Il signor NOME COGNOME ricorre per cassazione, sulla base di un motivo , contro la sentenza d’appello.
-ADER -Agenzia delle Entrate -Riscossione resiste con controricorso.
-L’INPS si è limitato a conferire procura in calce al ricorso notificato.
-Il 3 maggio 2024, è stata formulata proposta di definizione del giudizio, in ragione dell’inammissibilità del ricorso.
6. -Il ricorrente, con istanza del 17 maggio 2024, ha chiesto la decisione.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con l’unico motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2948, n. 4, cod. civ., dell’art. 26, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dell’art. 2953 cod. civ., dell’art. 3, comma 9, lettera b ), della legge 8 agosto 1995, n. 335, dell’art. 24, comma 5, del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, dell’art. 8, comma 4, della legge 27 luglio 2000, n. 212, e dell’ar t. 91 cod. proc. civ.
La sentenza d’appello meriterebbe censura, in quanto l’irretrattabilità della pretesa, conseguente alla mancata proposizione di un’opposizione tempestiva, non precluderebbe la possibilità di far valere la prescrizione.
Prescrizione che, nel caso di specie, sarebbe quella quinquennale di cui alla legge n. 335 del 1995, non potendo trovare applicazione la più lunga prescrizione che l’art. 2953 cod. civ. stabilisce soltanto per i titoli giudiziali definitivi, categoria alla quale non appartengono le cartelle esattoriali e gli avvisi di addebito.
-Il ricorso è inammissibile.
-Come si è rilevato nella proposta di definizione, il ricorrente non si confronta con il percorso argomentativo della pronuncia impugnata e non ne confuta in modo convincente il lineare inquadramento delle domande proposte.
Nella prospettiva della sentenza d’appello, coerente con le affermazioni già espresse dal giudice di prime cure, il contendere involge la prescrizione dei crediti iscritti a ruolo.
Quanto ai fatti estintivi anteriori alla notificazione delle cartelle e degli avvisi di addebito, la Corte d’appello evidenzia che è la mancata instaurazione di un giudizio di merito a precludere le contestazioni della pretesa.
La ratio decidendi , dunque, non s’incentra sull’applicabilità del termine ordinario decennale (art. 2953 cod. civ.), che il ricorrente contesta sulla base delle enunciazioni di principio di questa Corte (Cass., S.U., 17 novembre 2016, n. 23397), ponendo tale profilo a caposaldo delle censure.
I giudici d’appello valorizzano quell’irretrattabilità della pretesa che la stessa sentenza delle sezioni unite richiama e svolgono, a tale riguardo, considerazioni che il motivo di ricorso, nel perorare un’interpretazione riduttiva della definitività, non infirma in modo decisivo.
Peraltro, la prescrizione dei crediti iscritti a ruolo, che si sostiene sia già maturata al momento della notificazione degli atti di riscossione coattiva, è stata solo genericamente prospettata nel presente giudizio, osservando, senza il supporto di elementi più circostanziati che avvalorino ex actis la decisività della critica, che «i crediti richiesti, almeno alcuni di loro, erano già prescritti alla data della notifica» (pagina 4 del ricorso per cassazione).
Né è stata ritualmente introdotta nel dibattito processuale la diversa e autonoma questione della prescrizione maturata in epoca posteriore agli atti di riscossione coattiva.
I l ricorso, che deve contenere un’esaustiva illustrazione delle ragioni dell’erroneità della decisione impugnata, non offre elementi che inducano questa Corte a discostarsi dai rilievi formulati nella proposta in ordine a tutti i profili della prescrizione, sulla scorta della disamina
dell’ iter logico della pronuncia impugnata e delle argomentazioni esposte nel ricorso.
4. -Nessuna statuizione si deve adottare sulle spese.
Quanto all’INPS, ente impositore, si è limitato a conferire procura e non ha svolto sostanziale attività difensiva.
Quanto al concessionario, si deve osservare che l’oggetto del contendere concerne il tema della prescrizione e verte, dunque, sul merito della pretesa. A tale riguardo, il concessionario è carente di legittimazione a contraddire (Cass., S.U., 8 marzo 2022, n. 7514) ed è stato evocato in causa per litis denuntiatio (fra le molte, Cass., sez. lav., 19 luglio 2024, n. 19985).
5. -Per quanto il giudizio sia stato definito in conformità alla proposta, non si può fare applicazione dell’art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.: tale disposizione, richiamata dall’art. 380 -bis , terzo comma, cod. proc. civ., presuppone una pronuncia sulle spese alla stregua dell’art. 91 cod. proc. civ. e una pronuncia di tal fatta, nel caso di specie, non si riscontra.
Diverso discorso si deve svolgere con riferimento all’ applicabilità dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ., disposizione richiamata da l medesimo art. 380bis , terzo comma, cod. proc. civ.
Tale richiamo presenta un’ autonoma valenza precettiva, che si giustifica in funzione della ratio di disincentivare la richiesta di decisione e di sanzionare condotte meramente defatigatorie (Cass., S.U., 22 settembre 2023, n. 27195, e, in senso conforme, Cass., sez. III, 4 ottobre 2023, n. 27947), anche quando le controparti non abbiano svolto attività difensiva.
Non ravvisandosi ragioni, nel caso concreto, per disattendere la valutazione legale tipica di abuso del processo, sottesa alla decisione del giudizio in conformità alla proposta di definizione (Cass., S.U., 27 dicembre 2023, n. 36069), si determina in Euro 2.000,00 la somma
dovuta dal ricorrente alla cassa delle ammende ai sensi dell’art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
6. -La declaratoria d’inammissibilità del ricorso impone di dare atto dei presupposti per il sorgere dell’obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente, in applicazione degli artt. 380bis , terzo comma, e 96, quarto comma, cod. proc. civ., al pagamento dell’importo di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione