Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33271 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33271 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7216/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE società incorporante la ditta individuale di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI BASSANO DEL COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (-) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 2304/2020 depositata il 11/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
In data 28.11.1985 NOME COGNOME stipulò un contratto di appalto pubblico con il Comune di Bassano Del Grappa per la ristrutturazione di un edificio dell’Ente territoriale. Nel corso dei lavori erano intervenute varianti ed erano sorti contrasti tra le parti e richieste di revisione prezzi, che avevano determinato l’iscrizione di riserve ad opera dell’appaltatore. Vi fu una prima richiesta di pagamento, a rapporto non ancora definito, alla quale il Comune ‘rispose’ con la delibera n.1534/1993, accogliendo solo in parte le pretese dell’impresa: questa impugnò la delibera avanti al TAR con ricorso del 24.2.1994, definito con sentenza declinatoria della giurisdizione amministrativa n.328/04 del 18.2.2004, passata in giudicato il 7.4.2005. A fronte di una ulteriore richiesta di pagamento dell’impresa, nell’ambito dell’approvazione della contabilità finale dei lavori a seguito del collaudo effettuato il 10.1.1997, il Comune emise la delibera n.449/97 del 21.10.1997 con la quale, tra l’altro, respinse quasi tutte le riserve pretese dalla controparte riconoscendo il solo importo di £ 1.709.777. Anche questa delibera fu impugnata avanti al TAR con ricorso del 10.1.1998 e anche in tal caso il giudizio fu definito con sentenza declinatoria della giurisdizione n.319 del 4.3.2013, divenuta definitiva il 20.12.2013.
Con atto di citazione notificato in data 8.5.2014 NOME COGNOME aveva convenuto in giudizio il Comune di Bassano del Grappa per ottenere il pagamento degli importi corrispondenti a tutte le riserve iscritte e a quant’altro ancora ritenuto dovuto in relazione al rapporto di appalto pubblico conseguente al contratto stipulato il 28.11.1985 e ormai concluso; il Comune, costituendosi, aveva eccepito tra l’altro l’intervenuta prescrizione dei diritti di credito fatti valere dalla controparte.
Nell’ambito del giudizio instauratosi il Tribunale di Vicenza aveva pronunciato sentenza non definitiva, ritenendo prescritti i pretesi diritti di credito dell’appaltatore esaminati nella delibera comunale n.449/1997 e respingendo la stessa eccezione in relazione ai pretesi diritti di credito trattati nella delibera n.1534/93, con rimessione della causa sul ruolo per gli approfondimenti istruttori ritenuti necessari.
La sentenza non definitiva del Tribunale di Vicenza era stata oggetto di impugnazione immediata avanti alla Corte d’Appello di Venezia: il Comune di
Bassano del Grappa, appellante principale, si era doluto del rigetto dell’eccezione di prescrizione in relazione ai pretesi crediti oggetto della delibera n.1534/93, mentre, in via di appello incidentale, NOME COGNOME aveva lamentato l’accoglimento della stessa eccezione in relazione ai pretesi crediti oggetto della delibera n.449/1997.
La Corte d’Appello di Venezia aveva accolto l’appello principale e rigettato l’appello incidentale. Confermate le considerazioni del primo Giudice quanto alle conseguenze della mancata riassunzione della causa avanti all’AGO nei tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo divenuta definitiva il 20.12.2013, la Corte d’Appello aveva ritenuto che avrebbe dovuto essere riassunto avanti all’AGO anche il giudizio relativo alla delibera n.1534/93, nei sei mesi (alla luce del testo dell’art.50 c.p.c. all’epoca vigente) dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che, nel 2007, aveva ritenuto illegittima l’assenza di previsione della riassunzione avanti al Giudice munito di giurisdizione in ipotesi di declinazione della stessa ad opera del Giudice adito, oppure dopo la sentenza della Corte di Cassazione a SSUU che, nello stesso anno, aveva mutuato da un’interpretazione sistematica delle norme processuali la possibilità di riassunzione con prosecuzione del giudizio nell’ipotesi declinatoria della giurisdizione, oppure, infine, dopo l’entrata in vigore nel 2009 delle disposizioni processuali che ora regolano la riassunzione avanti all’AGO o al Giudice Amministrativo di processi radicati erroneamente avanti a Giudice carente di giurisdizione-. L’assenza di riassunzione tempestiva nel 2007 o al più tardi nel 2009 del processo per il quale era stata dichiarata la carenza di giurisdizione amministrativa con la sentenza n.328/04, aveva determinato l’estinzione del giudizio e la prescrizione dei diritti di credito pretesi dall’appaltatore anche in relazione alla delibera del 1993.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME in proprio e quale legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE società indicata come incorporante l’impresa individuale, affidandolo a due motivi:
I) Errore in procedendo e violazione di legge, art.112 c.p.c. e art.2946, 1310, 2942, 2943 del codice civile in relazione all’art.360 co 1 n.3 c.p.c.
L’articolazione del motivo si può sintetizzare come segue:
°la Corte d’Appello non avrebbe tenuto conto che il termine di prescrizione, decennale, per il pagamento del dovuto in materia di appalto decorrerebbe dall’approvazione del collaudo e quindi, in concreto, dal 21.10.1997, data della delibera n.449 impugnata al TAR il 19.1.1998, anche in relazione ai crediti trattati nella delibera n.1534/93;
°vi sarebbero stati numerosi atti interruttivi, e cioè la lettera AR 24.10.2001, la lettera AR 12.5.2004 e la lettera 31.1.2011, tutte ricevute dal Comune, seguite poi dalla notificazione dell’atto di citazione che ha radicato in primo grado il presente giudizio;
° quindi non si sarebbe prescritto nulla, anche ove si dovesse fare riferimento non al collaudo, come dovrebbe essere, ma alla data della delibera n.1534/93 impugnata avanti al TAR.
II) Violazione dell’art.11 d. lvo n.104 del 2010 in relazione agli art. 2946, 2942, 2943 c.c. e dell’art.360 n.3 c.p.c.
°se anche si facesse riferimento alla proposizione dei ricorsi avanti al TAR per l’impugnazione delle delibere 1534/93 e n.449/97, non vi sarebbe motivo di ritenere che la mancata tempestiva riassunzione dopo il passaggio in giudicato delle sentenze declinatorie della giurisdizione abbia comportato l’operare della prescrizione, vertendosi in questa sede in materia di diritti soggettivi e non di interessi legittimi e valendo comunque le lettere raccomandate sopra richiamate quali atti interruttivi.
Il Comune di Bassano del Grappa ha presentato controricorso contrastando specificamente le argomentazioni della controparte, anche con specifico riferimento alla pretesa esistenza di utili atti interruttivi, e chiedendo il rigetto dell’impugnazione proposta.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I due motivi di ricorso proposti si trattano congiuntamente, perché presuppongono in parte la soluzione di questioni comuni, quanto all’esistenza e alla rilevanza di atti interruttivi ulteriori, oltre alla proposizione dei ricorsi amministrativi e all’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, e quanto alla rilevanza della diversità delle posizioni soggettive tutelate avanti alla giurisdizione amministrativa e alla giurisdizione ordinaria.
7.1. Il secondo profilo evidenziato sottolinea una differenziazione il cui rilievo concreto non è chiarissimo e che comunque è inconsistente ai fini che qui
interessano: il motivo per il quale il Giudice amministrativo ha declinato la giurisdizione in relazione ad entrambi i ricorsi proposti da NOME COGNOME è che la controversia in essere tra le parti è stata ritenuta rientrare nell’ambito della tutela di diritti soggettivi, propria del Giudice ordinario, a nulla rilevando che NOME COGNOME abbia potuto prospettare, in sede di ricorso, istanze di tutela potenzialmente intese come riferite ad interessi legittimi.
7.2. Quanto alla prospettata esistenza di atti interruttivi stragiudiziali della prescrizione costituiti dalle lettere raccomandate sopra richiamate, in tesi rilevanti e non considerati dai Giudici di merito, non si possono tenere in alcun conto le argomentazioni svolte in proposito.
Nella sentenza della Corte d’Appello non si fa menzione alcuna delle lettere raccomandate con ricevuta di ritorno sopra indicate e il ricorrente non solo non riporta nel ricorso le parti del testo delle lettere (tra l’altro contestate nel contenuto dal Comune, che rileva pure come non tutte siano state concretamente allegate: in particolare, non sarebbe mai stata prodotta la lettera 12.5.2004, alla quale sparisce del resto qualsiasi riferimento nella memoria illustrativa del ricorrente) che dovrebbero significare la richiesta di pagamento rivolta alla controparte, efficace come atto interruttivo, ma, prima ancora, non dice quando, nel corso del processo, esse furono evidenziate e discusse né indica se esse furono sottoposte al Giudice d’Appello con proposizione di specifico motivo di critica in conseguenza di una eventuale omessa o sfavorevole considerazione ad opera del primo Giudice.
Si richiama, in proposito, la recente ordinanza n.18018/2024 della Corte di Cassazione, sez. lavoro, che, in ossequio ad un orientamento ormai consolidato, rileva come ‘ In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio ‘. Cfr., già nello stesso senso, la sentenza della Corte n.20694/2018 e l’ordinanza n.15430/2018-.
Così come prospettata nel ricorso, pertanto, la questione dell’esistenza di atti interruttivi diversi dai ricorsi amministrativi pecca di autosufficienza e si deve considerare nuova, non rientrando in alcun modo nella narrazione in fatto, prima ancora che nella valutazione, del Giudice d’Appello contenuta nella sentenza impugnata.
7.3. E’ pure irrilevante stabilire quando inizi a decorrere il termine di prescrizione per far valere le pretese creditorie dell’appaltatore in relazione ai crediti maturati nell’ambito di un contratto di appalto pubblico: in assenza di atti interruttivi utili diversi dalla proposizione dei ricorsi amministrativi e poi dell’atto di citazione che ha dato origine al presente giudizio, anche prendendo a riferimento la data di approvazione del collaudo, pure intervenuta il 21.10.1997 con la delibera n.449, ove il decorso del termine di prescrizione non si ritenga sospeso per tutta la durata dei processi amministrativi la prescrizione sarebbe comunque intervenuta al più tardi nel 2008 in relazione a tutti i crediti azionati.
Appare a questo punto opportuno esaminare separatamente i rilievi critici rivolti alla affermata intervenuta prescrizione con riferimento ai pretesi diritti di credito oggetto di esame nella delibera del Comune n. 1534/1993 e nella delibera del Comune n. 449/1997.
7.4. Il ricorso al TAR avverso la delibera n.1534/1993 è stato proposto da NOME COGNOME il 24.2.1994, la sentenza declinatoria della giurisdizione amministrativa a favore di quella ordinaria è intervenuta il 18.2.2004 ed è passata in giudicato il 7 aprile 2005.
All’epoca del passaggio in giudicato della sentenza in esame non vi era ancora la disposizione dell’art.59, l. n.69 del 2009, che permette, in caso di ritenuta carenza di giurisdizione, la riassunzione del processo perché esso continui avanti al Giudice nazionale munito di giurisdizione nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria; neppure vi era ancora stato alcun intervento in materia di riassunzione all’esito della declinatoria della giurisdizione nè da parte della Corte di Cassazione in sede di interpretazione di legittimità in ambito normativo -l’intervento delle SSUU sul punto giungerà solo con la sentenza n. 4109/2007-, nè ad opera della Corte Costituzionale in sede di valutazione della legittimità costituzionale dell’art.30 della legge n.1034/1971 regolante, all’epoca, il processo amministrativo, pronunciatasi successivamente con la sentenza n.77/2007, appunto di declaratoria di incostituzionalità dell’art.30 cit. -nella parte in cui non
consentiva al Giudice amministrativo di disporre la continuazione del processo avanti al Giudice ordinario con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda-.
Ora, si deve ritenere che con il passaggio in giudicato della sentenza declinatoria della giurisdizione il processo amministrativo radicato dall’impresa appaltatrice si fosse compiutamente definito alla luce delle disposizioni all’epoca vigenti, che non contemplavano alcuna possibilità di riassunzione – l’art.30 l. n.1034/1971, vigente all’epoca, permetteva solo l’impugnazione della sentenza sulla giurisdizione con ricorso al Consiglio di Stato o con regolamento di giurisdizione. La translatio era prevista solo per le ipotesi di pronunce sulla competenza, secondo le modalità e nei limiti disciplinati dall’art.31 l. cit.-.
Non appare condivisibile la tesi per cui le richiamate pronunce, di anni successive al passaggio in giudicato della sentenza n.328/2004, della Corte di Cassazione a SSUU e della Corte Costituzionale o, al più tardi, l’intervento legislativo del 2009 -seguito circa quattro anni dopo- possano aver determinato una specie di ‘rimessione in termini’, addirittura obbligatoria, a carico dell’impresa appaltatrice, tale da intervenire su una situazione ormai definita con il giudicato formale sulla giurisdizione, il solo legittimamente formatosi in base alla normativa applicabile all’epoca, con una declaratoria di estinzione del giudizio comportante per il privato ricorrente effetti di carattere sostanziale e processuale sfavorevoli (pure contrastanti, inoltre, con la ratio delle pronunce e dell’intervento legislativo successivi richiamati) Nell’ipotesi in esame si deve ritenere operativo, invece, l’effetto sospensivo disciplinato dall’art.2945 co 3 c.p.c. (valevole in relazione alla durata del processo amministrativo: cfr. Cass. n.6293/07, secondo la quale ‘Agli atti introduttivi del giudizio va riconosciuta efficacia permanente fino alla data in cui intervenga una sentenza, che pur risolvendo questioni processuali, come quella attinente alla giurisdizione, sia suscettibile di passare in giudicato, precludendo l’esame della stessa questione da parte di qualsiasi altro giudice, non rilevando che successivamente il giudizio di merito, trattenuto in rinvio in attesa della decisione sulla giurisdizione, sia dichiarato estinto’ ) e, tenuto conto della data del passaggio in giudicato della sentenza del TAR, 7.4.2005, il termine di prescrizione decennale per i crediti oggetto di esame nella delibera n.1543/1993 non era maturato all’epoca della notificazione, effettuata in data 8.5.2014, dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio.
7.5. Il ricorso al TAR avverso la delibera n.449/1997 è stato definito con sentenza declinatoria della giurisdizione a favore della Giurisdizione Ordinaria n.319 del 4.3.2013, passata in giudicato il 20.12.2013.
Era già vigente all’epoca il disposto dell’art.59 l. n.69 del 2009. Come si è detto, la norma richiamata permette, in caso di ritenuta carenza di giurisdizione, la riassunzione del processo avanti al Giudice nazionale munito di giurisdizione nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia declinatoria: nel caso di tempestiva riassunzione il processo prosegue e sono salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se introdotta fin dall’inizio davanti al Giudice munito di giurisdizione (ferme restando le preclusioni e decadenze intervenute). La mancata riassunzione del processo nel termine indicato ne comporta invece l’estinzione e impedisce la conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda.
Ne consegue che, non essendo stato pacificamente riassunto il processo nei tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza del TAR richiamata, il giudizio si è estinto e l’atto di citazione notificato in data 8.5.2014 ha radicato un nuovo giudizio civile nel cui ambito la società appaltatrice ha inteso far valere le proprie pretese ragioni di credito verso il Comune appaltante, da questo contestate con la delibera n.449/1997.
Essendo intervenuta l’estinzione del giudizio non può operare, ex art.2945 c.c. applicabile attraverso il disposto dell’art.59 cit., la sospensione del decorso del termine di prescrizione -che, appunto, con l’estinzione del processo viene meno: cfr. L’art.2945 co 3 c.c.- ma occorre fare riferimento alla data di introduzione del ricorso al TAR -notificato al Comune- rispetto alla quale, risalente al 1998, il termine decennale di prescrizione risulta essere maturato nel 2008.
In conclusione, il ricorso deve essere parzialmente accolto e, confermata la declaratoria di intervenuta prescrizione dei diritti di credito pretesi da NOME COGNOME oggetto della delibera comunale n.449/1997, deve essere invece rivalutata l’eccezione di prescrizione in relazione ai pretesi crediti dell’appaltatore oggetto della delibera del Comune di Bassano del Grappa n.1534/1993 alla luce delle considerazioni che precedono.
Si cassa pertanto la sentenza della Corte d’Appello di Venezia in relazione all’intervenuto accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dal Comune di Bassano del Grappa per i crediti pretesi da NOME COGNOME oggetto della delibera
n.1534/1993, con rinvio alla Corte d’Appello di Venezia affinché, in diversa composizione, provveda anche sulle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie parzialmente il ricorso e cassa la sentenza della Corte d’Appello di Venezia nei limiti di cui in motivazione, rinviando alla stessa Corte d’Appello di Venezia affinché in diversa composizione, decida anche sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nell’adunanza in camera di consiglio del 7.11.2024