Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13341 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12444-2024 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ope legis dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
Oggetto
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
R.G.N.12444/2024
Ud.25/03/2025 CC
nonché contro
RAGIONE_SOCIALESocietà di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.;
– intimata – avverso la sentenza n. 1078/2023 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 14/11/2023 R.G.N. 1344/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME nella qualità di ex-socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della Sansone NOME RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso l’intimazione di pagamento n. 296 2018 9000022115000 deducendo l’inesistenza della notif icazione della intimazione, l’intervenuta cancellazione della società dal registro delle imprese fin dal 7/11/2008, alcuni vizi del ruolo e l’intervenuta prescrizione della pretesa relativa ai contributi previdenziali per l’anno 2001. Resistevano al ricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’INPS e la RAGIONE_SOCIALE Con la sentenza n. 2033/2021 del 13/05/2021 il Tribunale di Palermo, sezione lavoro, rigettava l’impugnazione.
Avverso detta sentenza proponeva appello NOME nella qualità di ex-socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE L’Agenzia delle Entrate Riscossione, l’INPS e la RAGIONE_SOCIALE si costituivano nel giudizio di secondo grado chiedendo il rigetto dell’appello. Con la sentenza n. 1078/2023, pubblicata in data 14/11/2023, la Corte di Appello di Palermo, sezione lavoro, rigettava l’appello e condannava la parte appellante alle spese nei confronti delle parti appellate costituite.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, COGNOME NOME nella qualità di ex-socio accomandatario e legale rappresentante p.t. della COGNOME Rosaria Anna RAGIONE_SOCIALE Si sono costituiti con controricorso l’Ag enzia delle Entrate -Riscossione e l’INPS chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
In data 2/11/2024 il Consigliere delegato proponeva la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 -bis cod.proc.civ.
Con istanza del 12/12/2024 la difesa di COGNOME NOME NOME chiedeva fissarsi l’udienza per la decisione ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
6.Veniva fissata l’udienza camerale del 25/03/2024.
La parte ricorrente ha proposto memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 25/03/2025.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 9 della legge n. 335 del 1995 e dell’art. 2943 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ.; in subordine, omesso esame di un fatto dirimente e controverso ex art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ.; in via ulteriormente subordinata, omessa rilevazione d’ufficio della prescrizione e conseguente error in procedendo in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ. In sostanza, si censura la statuizione impugnata nella parte in cui la Corte di Appello avrebbe erroneamente dichiarato non decorso il termine di prescrizione, avendo preso in esame soltanto: il segmento temporale intercorrente tra la notifica della cartella di pagamento e la prima intimazione, l’ulteriore segmento temporale intercorrente tra la notifica della
predetta intimazione del 7 maggio 2013 e quello di notifica dell’ulteriore intimazione da ultimo impugnata ed avendo invece omesso di considerare che l’eccepita prescrizione era già maturata nel tempo intercorso tra la scadenza del debito contributivo (risalente al 2001, come accertato a pag. 2 della sentenza impugnata ove si evidenzia che la contribuente eccepiva «l’intervenuta prescrizione della pretesa riferita a contributi previdenziali per l’anno 2001») e la data di notifica della cartella di cui al punto a), non essendo né la cartella medesima né le successive intimazioni atti utili all’ente creditore né all’agente della riscossione, che non potevano interrompere un termine di prescrizione ormai spirato (ex art. 2943 cod.civ.).
1.1. Il primo motivo non merita accoglimento perché la sentenza impugnata ha deciso la questione applicando pacifici principi di diritto costanti nella giurisprudenza di questa Corte. Si consideri in proposito che: in tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è assolutamente preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità se non per vizi propri di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato. Ne consegue che il preavviso di fermo che faccia seguito a un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione, non integrando un nuovo e autonomo atto impositivo, è sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto da cui è sorto il debito (Cass. 29/11/2021, n. 37259).
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2943 e 1219 cod.civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ. nella parte in cui
la Corte di Appello ha attribuito efficacia interruttiva della prescrizione alla intermedia intimazione di pagamento del 7/05/2013. Assume la difesa del ricorrente che con ricorso introduttivo del giudizio di primo grado aveva eccepito la prescrizione della pretesa previdenziale avanzata tanto nell’ipotesi di acclarata omessa e/o irrituale previa notificazione della prodromica cartella di pagamento quanto, in subordine, nell’ipotesi di sua corretta notificazione laddove non seguita, tuttavia, da alcun successivo atto interruttivo della prescrizione e tanto perché l’intermedia intimazione di pagamento n. 296 2013 9002721733 000 del 07.05.2013, prodotta dalla Agenzia delle Entrate -Riscossione non rivestirebbe idonea efficacia interruttiva del decorso della prescrizione.
2.1. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Entrambe le decisioni di merito, con accertamento conforme, hanno verificato la rituale notifica della contestata intimazione di pagamento, effettuata in ragione del modello ministeriale e con riferimento specifico alla cartella presupposta. Condotto questo accertamento in fatto, non riferibile a questa Corte per una nuova e diversa valutazione, la sentenza impugnata ha ravvisato gli elementi essenziali della intimazione di pagamento come sufficienti ad ass icurare all’atto l’efficacia interruttiva della prescrizione e così ha qualificato gli effetti dell’intimazione in via del tutto rispettosa dei principi di diritto rilevanti in materia. Si consideri che: al fine di produrre effetti interruttivi della prescrizione un atto deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l’esplicitazione di una pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di fare valere il proprio diritto, con l’effetto sostanziale di costituire in mora il
soggetto indicato (elemento oggettivo). La valutazione circa la ricorrenza di tali presupposti – il secondo dei quali, pur richiedendo la forma scritta, non postula l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti – è rimesso all’accertamento di fatto del giudice di merito ed è, pertanto, del tutto sottratto al sindacato di legittimità (Cass. 31/05/2021, n. 15140).
Il ricorso è, allora, inammissibile perché il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa.
Alla soccombenza fa seguito la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, competenze e onorari, liquidate in ragione del valore di causa, in favore dell’INPS costituitosi quale controricorrente.
5 . Riguardo alle sanzioni previste dall’ultimo comma dell’art. 380 -bis cod.proc.civ ., stante l’esito giudiziale del tutto conforme alla proposta di definizione accelerata, sussistono i presupposti per l’applicazione del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c od.proc.civ. Alla presente pronuncia di inammissibilità del ricorso fa seguito, quindi, la condanna del ricorrente al pagamento delle ulteriori spese del terzo comma dell’art. 96 cod. proc. civ., nonché della sanzione di cui al successivo quarto comma, da versare alla Cassa delle Ammende, liquidata come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione nei confronti dei controricorrenti, delle spese di lite, liquidate in euro 8.000,00 (ottomila) per compensi, euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge per l’INPS e in euro 8.000,00 (ottomila) oltre spese
prenotate a debito per l’Agenzia delle Entrate – Riscossione. Condanna altresì parte ricorrente al pagamento della ulteriore somma di euro 4.000,00 in favore dell’INPS, della ulteriore somma di euro 4.000,00 in favore dell’Agenzia delle Entrate -Riscossione ed al pagamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma di euro 4.000,00; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ult eriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, del 25 marzo