Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 12163-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto contributi
R.G.N. 12163/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 11/03/2025
CC
nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;
– intimata – avverso la sentenza n. 572/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 26/09/2019 R.G.N. 23/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con sentenza del 26.9.2019 n. 572, la Corte d’appello di L’Aquila -decidendo in sede di rinvio -accoglieva l’appello proposto da COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso con la quale era stata rigettata l’opposizione avverso l’ intimazione di pagamento notificata al contribuente il 30.1.2013 e recante contributi previdenziali Inps (precisamente i contributi IVS relativi al periodo dal 1985 al 1991) già richiesti con la cartella esattoriale del 18.4.2002 che non era stata opposta, in relazione ai quali in data 18.3.2018 era stata effettuata iscrizione ipotecaria.
Ed infatti la Corte di appello di Campobasso aveva in prima battuta confermato la sentenza di primo grado ritenendo che, una volta divenuta definitiva la cartella esattoriale, il credito in esso consacrato fosse soggetto al termine di prescrizione decennale, giusta il disposto dell’art. 2953 c.c., che disciplina in via specifica e generale l’actio iudicati .
Al contrario la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza avendo ritenuto fondato il ricorso della COGNOME con il quale si era evidenziato che, anche dopo la notifica della cartella esattoriale non opposta, il termine di prescrizione dei contributi resta quello quinquennale, ex artt. 2946 e 2953 c.c.. Con la sentenza che ha rinviato alla Corte di appello di L’Aquila per un nuovo esame la Corte, richiamando propri precedenti a sezioni
unite (Cass. s.u. n. 26397/2016) ha ricordato che la scadenza del termine perentorio per impugnare un atto di riscossione produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non determina anche l’effetto della cd. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto, in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. .
Pertanto l a Corte d’appello, in sede di rinvio in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Cassazione, ha accolto l’appello proposto dalla contribuente .
Con il ricorso l’Inps chiede la cassazione della sentenza della Corte d’appello di L’Aquila articolando un unico motivo, illustrato da memoria. NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il Collegio ha riserva to il deposito dell’ ordinanza, nel termine di sessanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Considerato che
Con il ricorso l’Inps de nuncia la violazione dell’art. 3 commi 9 e 10 della legge n. 335/19 95, dell’art. 24 del d.lgs. n. 46/ 1999 e dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., per avere erroneamente, la Corte del merito, in sede di rinvio, trascurato di considerare che si trattava di credito ante 1996 e che esisteva un atto interruttivo della prescrizione del 30.8.1995 (prodotto nel corso del giudizio di rinvio), in virtù del quale, ai sensi dell’art. 3 commi 9 e 10 della legge n. 335/1995, il termine di prescrizione, interrotto prima dell’entrata in vigore della nuova normativa e cioè, prima del 1.1.1996, restava decennale.
Il motivo è inammissibile.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘Nel giudizio di rinvio, il quale è un procedimento chiuso, preordinato a una
nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, mediante la formulazione di domande ed eccezioni nuove, ma operano anche le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza rescindente, onde neppure le questioni rilevabili d’ufficio che non siano state considerate dalla Corte Suprema possono essere dedotte o comunque esaminate, giacché, diversamente, si finirebbe per porre nel nulla o limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità’ (Cass. n. 24357/2023, secondo Cass. n. 26545/2024, nel giudizio di rinvio non può essere presa in considerazione neppure l’evoluzione della giurisprudenza di legittimità intervenuta successivamente alla pronuncia rescindente) .
Nella specie, l’Inps ha introdotto nel giudizio di rinvio un fatto nuovo, consistente nell’invio della raccomandata con avviso di ricevimento sottoscritto il 30.8.1995, avente efficacia di atto interruttivo della prescrizione (neppure riportato in ricorso), fatto che pur astrattamente idoneo a mantenere il termine della prescrizione del credito contributivo ante 1996 nei dieci anni, non poteva più essere dedotto né rilevato d’ufficio, pur essendo la prescrizione in materia previdenziale questione di diritto, in quanto si era formato il giudicato implicito, sulla questione controversa, introdotta con l’atto introduttivo che atteneva alla prescrizione dell’azione esecutiva scaturita dalla cartelle di pagamento notificata il 18.4.2002, non opposta ai sensi dell ‘art. 24 del d.lgs. n. 46/1999 e rispetto alla quale, dopo la notifica dell’avviso di intimazione del 30.1. 2013, alla data di iscrizione ipotecaria del 18.3.2018 era maturato il termine di prescrizione quinquennale per l’esercizio dell’azione esecutiva di recupero coattivo del credito.
Le suddette eccezioni e produzioni documenta li dell’Inps nel giudizio di rinvio non sono consentite, poiché alla stregua dell’art. 394 comma 3 c.p.c., le parti non possono formulare nuove conclusioni, proporre domande ed eccezioni nuove, prospettare nuove tesi difensive né produrre nuovi documenti. Alla dichiarazione di inammissibilità, consegue la condanna alle spese di lite secondo quanto meglio indicato in ricorso. Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’Inps, dell’ulteriore importo, rispetto a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna l’Inps a pagare a NOME COGNOME le spese di lite che liquida nell’importo di € 3.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 11.3.2025.