Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14548 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14548 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13767-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE – SOCIO UNICO COMUNE DI PALERMO, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistente con mandato –
Oggetto
Accessori su contributi
Atti interruttivi
Azione del lavoratore per differenze retributive
R.G.N.13767/2021
COGNOME
Rep.
Ud.11/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 878/2020 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 18/11/2020 R.G.N. 49/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dalla Consigliera Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
La Corte di appello di Palermo, in riforma della decisione di primo grado e in parziale accoglimento del ricorso in opposizione ad avviso di addebito, promosso dall’odierna ricorrente, ha dichiarato prescritto il credito dell’ INPS, nei confronti del datore di lavoro, solo in relazione ad una posizione lavorativa e per un limitato arco temporale.
1.1. Per il resto, la Corte di appello ha, invece, confermato la decisione di primo grado che aveva respinto l ‘opposizione avverso l’avviso di addebito , avente ad oggetto sanzioni, somme aggiuntive e interessi di mora su contributi dovuti per differenze di retribuzione, riconosciute in favore di alcuni lavoratori, con pronuncia giudiziale dichiarativa del diritto ad un superiore inquadramento. A tale riguardo, ha osservato, in premessa, che i crediti oggetto dell’avviso ( sanzioni, somme aggiuntive e interessi di mora) partecipavano del medesimo regime prescrizionale del credito (contributi) cui accedevano e che, quindi, ad essi andava applicata la prescrizione quinquennale; nello specifico, la prescrizione non era maturata poiché il diritto dell’INPS al versamento della maggiorazione contributiva e delle ‘ conseguenti sanzioni ‘ poteva essere esercitato solo dalla «data di pubblicazione delle sentenze che, in accoglimento del ricorso proposto da alcuni lavoratori avevano condannato (l’AMAT) al pagamento di diversificate somme a titolo di differenze retributive e TFR».
1.2. Avverso tale decisione propone ricorso l’AMAT , articolato in tre motivi. L ‘INPS ha depositato procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso.
RILEVATO CHE:
Con il primo motivo di ricorso, l’AMAT censura la violazione dell’art. 3 , comma 9, della legge nr. 335 del 1995 per errato calcolo del termine di prescrizione.
2.1. In particolare, assume l’erroneità della decisione nella parte in cui la Corte di appello ha attribuito valenza interruttiva, ai fini del decorso del termine di prescrizione, alla pubblicazione delle sentenze di accertamento del diritto alle differenze retributive, rese tra i lavoratori e il datore di lavoro. A tale riguardo, la ricorrente precisa anche che l’INPS era rimasto estraneo al giudizio relativo al credito retributivo.
2.2. Il motivo è fondato.
2.3. Come riportato nello storico di lite, la sentenza impugnata attribuisce rilievo, ai fini del decorso della prescrizione del l’obbligazione contributiva, alle sentenze che hanno accertato il diritto dei lavoratori alle differenze retributive per svolgimento di mansioni superiori. In particolare, attribuisce alle stesse efficacia interruttiva del termine di prescrizione del diritto alla ‘ maggiore ‘ contribuzione.
La statuizione è errata per le ragioni che seguono.
3.1. Come in numerose occasioni chiarito dalla Corte, l ‘obbligo retributivo e quello contributivo ad esso connesso sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma restano del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte
soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti. I contributi sono, infatti, parametrati alla retribuzione spettante e non a quella che, in concreto, il datore di lavoro abbia riconosciuto ( cd. ‘ principio del minimale contributivo ‘. T ra le numerose decisioni in argomento, v., in motivazione, Cass. nr. 21371 del 2018, punto 8 ).
3.2. Il sistema di prelievo contributivo fa perno sulla nozione di retribuzione ‘ dovuta ‘ , la cui base normativa è da rinvenirsi nelle varie disposizioni succedutesi nel tempo sulla nozione di retribuzione contributiva (v. art. 12 della legge nr. 153 del 1969, come interpretato dalla Corte sin dalla sua originaria formulazione, e, in precedenza, art. 17 della legge n. 218 del 1952 e success. modific.; inoltre: art. 7 D.L. n. 463 del 1983, convertito in legge n. 638-1983, art. 1 d.l. n. 338 del 1989, convertito, con modifiche, nella Legge n. 389 del 1989, ed espressamente menzionato, con valore ricognitivo, dal l’ art. 6 D. Lgs. 2 settembre 1997, n. 314).
3.3. Da ciò, coerentemente, deriva che il termine di prescrizione del diritto di credito ai contributi -ed altresì del diritto alle somme accessorie, funzionalmente connesse al ritardato pagamento dei primi (Cass., Sez. U. nr. 5076 del 2015; Cass. nr. 16262 del 2018)- decorre dallo stesso momento in cui è dovuta la prestazione retributiva nella sua interezza, anche se di fatto non corrisposta.
3.4. Naturale corollario delle considerazioni che precedono è che l’accertamento giudiziale dell’ inadempimento retributivo, intervenuto esclusivamente tra il datore di lavoro e il lavoratore, non ha alcuna incidenza sul decorso della prescrizione dei contributi e dei relativi accessori.
3.5. Venendo al caso in esame, la Corte territoriale ha, invece, preso in considerazione, quali fatti interruttivi della
prescrizione dei contributi, le pronunce rese nei giudizi promossi dai lavoratori, nei confronti del (solo) datore di lavoro, per l’accertamento del diritto al maggior credito retributivo.
3.6. In tal modo, è, però, incorsa nei denunciati errori di diritto.
3.7. Gli atti interruttivi della prescrizione devono provenire dal creditore o, al più, dal debitore. Il lavoratore non è né creditore, in senso stretto, dei contributi, né debitore degli stessi. Pertanto, alcun rilievo interruttivo, rispetto ai contributi e ai suoi accessori, ha l’azione giudiziaria intrapresa dal lavoratore per l’accertamento del diritto a differenze retributive e, tanto meno, la pronuncia che accerta il diritto alle stesse.
L’ impugnata sentenza va dunque cassata e la causa rinviata alla Corte di appello di Palermo che, in diversa composizione, procederà nuovamente a valutare la prescrizione delle somme richieste con l’avviso di addebito , in conformità ai principi qui ribaditi.
Restano assorbite le censure di cui agli ulteriori motivi, relative a profili travolti da un diverso esito della questione da riesaminare.
Al giudice di rinvio è rimessa, altresì, la regolazione delle spese del presente giudizio.
PQM
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, l’11 marzo 2025