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Prescrizione contributi: la sentenza non interrompe

La Corte di Cassazione ha stabilito che la prescrizione contributi dovuti all’ente previdenziale decorre da quando la retribuzione è esigibile, non dalla data della sentenza che accerta le differenze retributive a favore del lavoratore. L’azione legale del dipendente contro il datore di lavoro non interrompe i termini per l’ente, che ha un’obbligazione autonoma da far valere. La sentenza impugnata, che legava l’interruzione della prescrizione alla pubblicazione delle sentenze dei lavoratori, è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Contributi: La Sentenza del Lavoratore Non Interrompe i Termini

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale in materia di prescrizione contributi previdenziali. La Corte ha stabilito che il termine per l’ente previdenziale per richiedere i contributi non viene interrotto dalla sentenza che accerta il diritto di un lavoratore a differenze retributive. Questo principio riafferma l’autonomia tra il rapporto di lavoro e quello previdenziale, ponendo l’accento sulla diligenza che l’ente deve avere nel riscuotere i propri crediti.

Il Caso: Differenze Retributive e Avviso di Addebito

Una società di trasporti si è opposta a un avviso di addebito emesso dall’ente previdenziale nazionale. La richiesta di pagamento riguardava sanzioni, somme aggiuntive e interessi su contributi non versati. Tali contributi erano scaturiti da alcune sentenze ottenute da dipendenti della società, i quali avevano visto riconosciuto il loro diritto a un inquadramento superiore e, di conseguenza, a differenze retributive e TFR. La società sosteneva che il diritto dell’ente a riscuotere tali somme fosse ormai estinto per prescrizione.

La Decisione della Corte d’Appello e la Prescrizione Contributi

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’ente previdenziale. Secondo i giudici di secondo grado, il termine di prescrizione quinquennale per la richiesta dei maggiori contributi e delle relative sanzioni non era maturato. Il loro ragionamento si basava sull’idea che il diritto dell’ente potesse essere esercitato solo a partire dalla data di pubblicazione delle sentenze che avevano accertato il diritto dei lavoratori alle differenze retributive. In sostanza, la Corte d’Appello aveva attribuito a tali sentenze un’efficacia interruttiva della prescrizione.

I Principi Stabiliti dalla Corte di Cassazione sulla Prescrizione Contributi

La Corte di Cassazione ha completamente ribaltato questa prospettiva, accogliendo il ricorso dell’azienda. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’obbligazione retributiva (tra datore e lavoratore) e quella contributiva (tra datore ed ente previdenziale) sono del tutto autonome e distinte, sebbene collegate.

Il sistema di prelievo si fonda sulla nozione di “retribuzione dovuta”, non su quella effettivamente corrisposta. Questo significa che l’obbligo di versare i contributi sorge nel momento stesso in cui matura il diritto del lavoratore alla retribuzione, a prescindere dal fatto che questa venga pagata o meno. Di conseguenza, il termine di prescrizione per i contributi e per tutte le somme accessorie (come sanzioni e interessi) inizia a decorrere da quel momento.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione centrale della decisione risiede nella natura degli atti interruttivi della prescrizione. La legge stabilisce che un atto interruttivo deve provenire dal creditore (in questo caso, l’ente previdenziale) o, al più, dal debitore (il datore di lavoro). Il lavoratore, nel rapporto contributivo, non è né creditore né debitore. La sua azione legale per ottenere le differenze retributive è un atto che riguarda esclusivamente il suo rapporto con il datore di lavoro. Pertanto, né l’azione giudiziaria del lavoratore né la sentenza che ne consegue possono avere alcun effetto interruttivo sul termine di prescrizione che corre tra l’azienda e l’ente previdenziale. L’accertamento giudiziale dell’inadempimento retributivo è un fatto estraneo al rapporto previdenziale e non può spostare in avanti il momento da cui la prescrizione inizia a decorrere.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Palermo, in diversa composizione, affinché riesamini la questione applicando i principi corretti. La conclusione pratica di questa ordinanza è di grande importanza: l’ente previdenziale non può attendere l’esito delle controversie tra lavoratori e datori di lavoro per agire. Deve attivarsi autonomamente entro i termini di legge, che decorrono dal momento in cui i contributi erano originariamente dovuti, per non rischiare di vedere il proprio diritto estinto per prescrizione.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i contributi previdenziali?
La prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui la prestazione retributiva è dovuta al lavoratore, indipendentemente dal fatto che sia stata effettivamente pagata.

La sentenza che riconosce a un lavoratore delle differenze retributive interrompe la prescrizione dei contributi?
No. La sentenza emessa in un giudizio tra lavoratore e datore di lavoro non ha alcuna efficacia interruttiva sul termine di prescrizione del credito contributivo dell’ente previdenziale, poiché quest’ultimo è un soggetto terzo rispetto a tale giudizio.

Chi può compiere un atto valido per interrompere la prescrizione dei contributi?
Secondo la Corte, gli atti interruttivi della prescrizione devono provenire dal creditore (l’ente previdenziale) o, al più, dal debitore (il datore di lavoro). L’azione del lavoratore non rientra in questa categoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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