Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2498 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 2498  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 36159-2019 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE,  in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato  in  ROMA,  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati  NOME  COGNOME,  NOME  COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
– intimato –
avverso  la  sentenza  n.  468/2019  della  CORTE  D’APPELLO  di NAPOLI, depositata il 20/05/2019 R.G.N. 1688/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/12/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Oggetto
CONTRIBUTI PREVIDENZIALI
R.G.N. 36159NUMERO_DOCUMENTO
Ud.13/12/2024 CC
Rilevato che:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 468/2019 depositata il 20/05/2019 con un unico motivo e denuncia che il giudice di secondo grado, nel rigettare l’appello dell’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e nel confermare la sentenza di primo grado che aveva condannato l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE alla regolarizzazione della posizione contributiva di NOME COGNOME, avrebbe erroneamente applicato al credito contributivo azionato la prescrizione decennale e non quella quinquennale nonostante la denuncia dell’omissione dei contribut i fosse pervenuta dal lavoratore solo dopo la scadenza del termine quinquennale.
NOME COGNOME ha ricevuto rituale notifica del ricorso ed è rimasto intimato.
 Il  ricorso  è  stato  trattato  dal  Collegio  nella  camera  di consiglio del 13/12/2024.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, commi 9 e 10, della legge 08/08/1995, n. 335 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ. . L’RAGIONE_SOCIALE ricorrente si duole perché la Corte di Appello ha condannato l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ad accreditare i contributi previdenziali in favore di NOME COGNOME, in relazione al periodo di lavoro dal 02/01/2004 al 01/10/2004 nonostante i suddetti contributi fossero prescritti per essere intervenuta la denuncia del lav oratore dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE del loro omesso versamento da parte del datore di lavoro, solo in data 11/02/2011, ovvero dopo la scadenza del termine quinquennale di cui all’art. 3 della legge 335/1995.
1.1. La sentenza impugnata, in effetti, come si evince dalla motivazione,  dati  per  accertati  gli  estremi  del  periodo  di contribuzione in questione, ha disatteso l’eccezione di prescrizione sollevata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE affermando: «ritiene, invece, il
Collegio che nel caso in esame può farsi applicazione del c.d. principio di automaticità delle prestazioni, in quanto la contribuzione  previdenziale  oggetto  del  periodo  lavorativo  in contestazione non è prescritta poiché il ricorrente ha presentato prima  d enunzia di evasione contributiva all’RAGIONE_SOCIALE in data 11/02/2011 poi ricorso giudiziario, atti che hanno determinato, ai sensi dell’art. 3 della legge 335/1995, l’applicabilità del più ampio termine decennale.
1.2. Il motivo è fondato. La sentenza, con la motivazione riportata, non ha tenuto conto dei principi costantemente affermati da questa Corte in materia: in tema di contributi previdenziali, il raddoppio del termine quinquennale di prescrizione, previsto dall’art. 3, comma 9, della l. n. 335 del 1995, per il caso di denuncia del lavoratore, non si applica ai crediti maturati in epoca successiva all’entrata in vigore della legge, dal momento che la suddetta denuncia ha unicamente l’effetto di mantenere il termine decennale per i crediti maturati anteriormente e non può essere qualificato come atto interruttivo della prescrizione, non potendosi trarre argomento in tal senso dalla previsione speciale di cui all’art. 38, comma 7, della l. n. 289 del 2002 (Cass. 03/03/2021 n. 5820). Ed ancora: l’art. 3, comma 9 della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel disporre che le contribuzioni di previdenza obbligatoria si prescrivono nel termine di cinque anni a decorrere dal primo gennaio 1996 salvi i casi di denuncia del lavoratore o dei suoi superstiti, non richiede che la denuncia sia resa nota al datore di lavoro debitore della contribuzione, avendo il legislatore ritenuto che l’interesse del lavoratore alla contribuzione prevalga sull’affidamento del datore di lavoro debitore nel termine di prescrizione e, in particolare, sul suo interesse alla conoscenza delle cause che prolunghino l’assoggettamento al vincolo obbligatorio, ferma restando,
peraltro, la necessità di garantire adeguatamente il diritto di difesa del datore di lavoro stesso. Ne consegue che – ai fini del prodursi dell’effetto di allungamento del termine prescrizionale – la presentazione della denuncia da parte del lavoratore deve avvenire, in assenza di espressa indicazione legislativa e in base ad un criterio finalistico nel rispetto del principio di razionalità, prima dell’estinzione del diritto alla contribuzione, ossia anteriormente al decorso di un nuovo termine quinquennale dalla scadenza, coincidente con il termine entro il quale il datore di lavoro può chiedere l’accertamento negativo del proprio debito contributivo (Cass. 14/10/2013, n. 23237).
La sentenza deve, allora, essere cassata in accoglimento del ricorso, con rinvio alla Corte di Appello competente che, in diversa composizione, liquiderà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Napoli, in funzione di giudice del lavoro,  in  diversa  composizione,  cui  è  demandata  anche  la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio,  del  13