Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 35107 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 35107 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 14186-2022 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistenti con mandato – avverso la sentenza n. 4163/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 25/11/2021 R.G.N. 118/2019;
Oggetto
Contributi prescrizione
R.G.N. 14186/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 31/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME COGNOME architetto lavoratore dipendente iscritto all’ INPS gestione ex INPDAI, chiede la cassazione della sentenza della Corte di appello di Roma che ha confermato la sentenza di primo grado con la quale era stata rigettata l’opposizione avverso l’avviso di addebito n. NUMERO_CARTA relativo a contributi e sanzioni per l’anno 2010 correlati all’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS.
Per quanto ancora interessa la Corte di merito ha ritenuto che non fosse maturata la prescrizione atteso che il pagamento dei contributi dell’anno 2010 era scaduto il 6 luglio 2011 per effetto del d.p.c.m. 12.5.2011 e dunque l’avviso bonario del 22.6/4.7.2016 ha tempestivamente interrotto il termine di prescrizione.
Quanto alle sanzioni il giudice di secondo grado ha ritenuto che correttamente fosse stato applicato il regime dell’evasione contributiva ex art. 116 comma 8 della legge n. 388 del 2000.
Con tempestivo ricorso, affidato a due motivi, NOME COGNOME chiede la cassazione della sentenza. L ‘INPS ha depositato procura. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa insistendo nelle conclusioni già prese.
RITENUTO CHE
Il primo motivo di ricorso -con il quale è denunciata, in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 9 della legge n. 335 del 1995, dell’art. 2935 c.c. e dell’art. 2697 c.c. , dell’art. 18 comma 4 d.lgs. n. 241 del 1997, dell’art. 17 del d.P.R. n. 435 del 2001 , del d.p.c.m. 12.5.2011 e dell’art. 62 bis del d.l. n. 331 del 1993 convertito in legge n. 427 del 1993, la contraddittorietà ed
insufficienza della motivazione della sentenza impugnata – non può essere accolto.
5.1. Va qui ribadito che l a prescrizione decorre ‘dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione della dichiarazione dei redditi ad opera del titolare della posizione assicurativa (così, tra le tante, Cass. nn. 27950 del 2018, 1 9403 del 2019, 1557 del 2020): l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria ( cfr. Cass. n. 10273 del 2021 e in senso conforme, anche Cass. n. 17970 del 2022 al punto 14).
5.2. Va rilevato infatti che per quanto il debito contributivo sorga sulla base della produzione di un certo reddito, la prescrizione dell’obbligazione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento, come dispone l’art. 55 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155. I contributi obbligatori si prescrivono ‘dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati’.
5.3. I termini di versamento dei contributi sono definiti dall’art. 18, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241: ‘i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi’. Quanto a tali ultimi termini, l’art. 12, comma 5, del menzionato d.lgs. n. 241 d el 1997, demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la possibilità di modificare i termini riguardanti gli
adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi dovuti in base allo stesso decreto, tenendo conto delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili d’imposta o delle esigenze organizzative dell’amministrazione. Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, rinviene dunque un inequivocabile fondamento nel d.lgs. n. 241 del 1997, che ne tipizza il contenuto. Esso concorre ad attuare e a integrare le previsioni del menzionato decreto legislativo, talché le due fonti appaiono inscindibilmente connesse: al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, considerato nelle sue interrelazioni e in una prospettiva sostanziale, si devono riconoscere, pertanto, natura regolamentare e rango di fonte normativa, come questa Corte ha in più occasioni affermato (cfr. Cass. n. 17970 del 2022, cit., punto 18 e più di recente, sempre in ordine ai d.P.C.m. in esame, Cass. n. 24047 del 2022, punto 23, e Cass. n. 22336 del 2022, n. 21816 del 2022 e n. 32683 del 2022).
5.4. Si è chiarito che «Quanto alla latitudine soggettiva del differimento, ne beneficiano tutti i contribuenti, allorché esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore. A favore di tale interpretazione milita l’univoco dettato letterale, che contraddice lettura riduttiva. Il differimento, dunque, non si applica soltanto a ‘coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione’ ( cfr. Cass. n. 10273 del 2021 cit.).
5.5. Pertanto, ‘ciò che rileva, ai fini di detto differimento, è il dato oggettivo dello svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano stati elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi’ (Cass. n.
24668 del 2022 e nello stesso senso, fra le molte, Cass. n. 23314 e n. 23309 del 2022 e Cass. n. 22336 del 2022 tutte già richiamate in Cass n. 32683 del 2022).
5.6. Nel caso in esame, viene in considerazione il d.P.C.m. 12 maggio 2011, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 14 maggio 2011, Serie Generale, n. 111, che ha differito al 6 luglio 2011, senza alcuna maggiorazione, il termine per effettuare il pagamento dei contributi per il 2010 (cfr in termini Cass. n. 35083 del 2022 e Cass. n. 37250 del 2022 oltre che Cass. n. 25500 del 2023). Con riferimento ai contributi dovuti per l’anno 2010, seppur relativamente alla posizione degli avvocati, questa Corte ha applicato, in molteplici occasioni, i principi in esame (da ultimo, Cass.n. 6371 del 2023 punto 15 del ‘Considerato’) e ha ribadito la portata generale del differimento disposto dal d.P.C.m. 12 maggio 2011 (Cass. n. 2017 del 2023 punto 9 del ‘Considerato’), nell’attuazione delle previsioni della fonte primaria.
5.7. Pertanto, a fronte d’un dies a quo della prescrizione che decorre dal 6 luglio 2011, è tempestiva la richiesta di pagamento che risale al 22.6/4.7.2016, prima del compimento del quinquennio previsto dalla legge per l’estinzione del credito contributivo.
5.8. Per tale aspetto è perciò corretta la decisione impugnata che ha disatteso l’eccezione di prescrizione.
6.È invece fondato il secondo motivo di ricorso con il quale è denunciata la violazione dell’art. 112 c.p.c. e l’omessa pronuncia su questione ritualmente riproposta ex art. 345 e 346 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza.
6.1. Come deduce il ricorrente, questi ha riproposto in appello, per il caso di accoglimento del ricorso, le censure già avanzate in primo grado sul regime sanzionatorio applicato.
6.2. Tanto premesso va rilevato che dagli atti emerge che le sanzioni civili, pari alla somma di € 2.660,58, sono riferite all’anno 2010, ovvero ad epoca antecedente l’entrata in vigore del d.l. n.98 del 2011. Ciò posto va evidenziato che con sentenza della Corte Costituzionale n.55 del 2024 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art.18, co.12 del d.l. n.87 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n.111 del 2011, nella parte in cui non prevede che gli ingegneri e architetti non iscritti alla cosiddetta RAGIONE_SOCIALE, per essere contemporaneamente iscritti presso altra gestione previdenziale obbligatoria, ai sensi dell’art.21 l. n.6 del 1981, tenuti all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), sono esonerati dal pagamento, in favore dell’ente previdenziale, delle sanzioni civili per l’omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore.
6.3. Poiché la sentenza è applicabile al caso di specie, ai sensi dell’art.136 Cost., ne deriva che l’importo chiesto a titolo di sanzioni civili non è dovuto (cfr. Cass. n. 13336 del 2024).
Conclusivamente, rigettato il primo motivo di ricorso, la sentenza va cassata in relazione all’accoglimento del secondo motivo e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando che NOME COGNOME non è tenuto al pagamento delle sanzioni civili relative alla sua iscrizione alla Gestione separata per l’anno 2010.
Quanto alle spese dell’intero processo queste devono essere compensate in relazione alla sopravvenienza della decisione della Corte costituzionale n.55 del 2024.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigettato il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, dichiara che nulla è dovuto per sanzioni.
Compensa tra le parti le spese dell’intero processo. Così deciso in Roma il 31 ottobre 2024