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Prescrizione contributi INPS: la Cassazione conferma

La Cassazione ha confermato che la prescrizione dei contributi INPS rimane di cinque anni anche se la cartella di pagamento non viene impugnata. L’ente di riscossione aveva sostenuto l’applicazione del termine decennale, ma il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contesta il principio consolidato secondo cui solo una sentenza passata in giudicato può estendere la prescrizione a dieci anni.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione contributi INPS: la Cassazione ribadisce il termine di 5 anni

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di prescrizione contributi INPS. La Suprema Corte ha chiarito, ancora una volta, che la mancata opposizione a una cartella di pagamento non trasforma la prescrizione breve quinquennale in quella ordinaria decennale. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale per la tutela dei diritti dei contribuenti e definisce i limiti del potere di riscossione.

I fatti del caso: Dalla cartella di pagamento al ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dall’opposizione promossa da una società contribuente avverso un’intimazione di pagamento notificata dall’Agenzia di Riscossione per crediti contributivi dell’Ente Previdenziale. Il Tribunale di primo grado aveva accolto l’opposizione, dichiarando prescritti i crediti in questione, ritenendo applicabile il termine di cinque anni.

L’Agenzia di Riscossione ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte d’Appello, la quale ha però confermato la sentenza di primo grado. Secondo i giudici di appello, la scadenza del termine per impugnare la cartella di pagamento non è sufficiente a convertire la prescrizione breve in quella decennale. Contro questa pronuncia, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che, a seguito dell’iscrizione a ruolo, la prescrizione dei crediti previdenziali dovrebbe diventare decennale.

La decisione della Corte e la prescrizione dei contributi

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’Agenzia di Riscossione inammissibile. Con questa decisione, i giudici hanno ribadito con fermezza il principio di diritto già sancito dalle Sezioni Unite nel 2016. La mancata impugnazione di un atto di riscossione, come una cartella di pagamento, produce l’effetto di rendere il credito non più contestabile nel merito (la cosiddetta irretrattabilità), ma non ne modifica la natura né il termine di prescrizione.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il principio chiave, espresso dalle Sezioni Unite, è che la conversione del termine di prescrizione da breve a ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 del codice civile, si verifica solo in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo, come una sentenza passata in giudicato.

Una cartella di pagamento, o un avviso di addebito, pur essendo un atto autoritativo, non ha la stessa natura di un provvedimento giurisdizionale. Di conseguenza, se la legge prevede un termine di prescrizione breve per un determinato credito (come i cinque anni per i contributi previdenziali, stabiliti dalla legge n. 335/1995), tale termine continua ad applicarsi anche dopo la notifica della cartella non opposta.

La Corte ha ritenuto che il ricorso dell’Agenzia fosse inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., poiché non offriva argomenti idonei a rimettere in discussione questo principio ormai pacifico, limitandosi a riproporre tesi già ampiamente superate dalla giurisprudenza di legittimità. In sostanza, il ricorso non aveva speranze di essere accolto.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma a tutela dei contribuenti. Stabilisce in modo inequivocabile che gli enti di riscossione non possono pretendere il pagamento di contributi previdenziali dopo che sono trascorsi cinque anni dalla data in cui dovevano essere versati, a meno che non sia intervenuta una sentenza definitiva a sancire l’esistenza del credito. Per le aziende e i privati, ciò significa che la semplice notifica di una cartella esattoriale non ‘congela’ il tempo, né allunga i termini di legge per la prescrizione. È un principio di certezza del diritto che impedisce che posizioni debitorie possano rimanere pendenti a tempo indeterminato, anche in assenza di un accertamento giudiziale.

Se non impugno una cartella di pagamento per contributi previdenziali, la prescrizione si allunga a 10 anni?
No, secondo la Corte di Cassazione, la prescrizione rimane quella breve di cinque anni. La mancata impugnazione rende il credito non più contestabile, ma non modifica il termine di prescrizione.

In quali casi la prescrizione dei contributi previdenziali diventa di 10 anni?
La prescrizione si converte nel termine ordinario di dieci anni solo quando esiste un titolo giudiziale divenuto definitivo, come una sentenza passata in giudicato che accerta l’esistenza del credito. Un atto di riscossione come la cartella di pagamento non è sufficiente.

Perché il ricorso dell’Agenzia di Riscossione è stato dichiarato inammissibile?
Perché non ha presentato argomenti nuovi in grado di rimettere in discussione un principio di diritto già consolidato e affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, rendendo il ricorso privo dei requisiti per essere esaminato nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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