Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10892 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10892 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19850-2020 proposto da
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa, in virtù di procura conferita in calce al ricorso per cassazione, dall’avvocato NOME COGNOME presso lo studio del quale, in ROMA, INDIRIZZO è elettivamente domiciliata
-ricorrente –
contro
ISTITUTO RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , anche quale procuratore speciale della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso, in virtù di procura rilasciata in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto, in ROMA, INDIRIZZO
-controricorrente –
R.G.N. 19850/2020
COGNOME
Rep.
C.C. 15/01/2025
giurisdizione Contributi dovuti alla Gestione separata. Prescrizione.
per la cassazione della sentenza n. 976 del 2019 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA, depositata il 2 gennaio 2020 (R.G.N. 897/2018).
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 976 del 2019, depositata il 2 gennaio 2020, la Corte d’appello di Bologna ha accolto il gravame dell’INPS e, in riforma della pronuncia del Tribunale di Ferrara, ha accertato l’obbligo dell’avvocata NOME COGNOME di corrispondere i contributi alla Gestione separata per gli anni 2009 e 2010, negl’importi richiesti con le intimazioni di pagamento ricevute il 30 giugno 2015 e il 4 luglio 2016 e con l’avviso di addebito del 5 gennai o 2018, e ha disposto l’applicazione del regime sanzionatorio dell’omissione (art. 116, comma 8, lettera a , della legge 23 dicembre 2000, n. 388), compensando tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte territoriale ha argomentato che il versamento del contributo integrativo non fa venir meno l’obbligo del professionista d’iscriversi alla Gestione separata, in quanto non costituisce in capo al professionista alcuna posizione previdenziale, e ha affermato che la pretesa dell’INPS non è prescritta. A tale riguardo, i giudici d’appello hanno evidenziato che il dies a quo della prescrizione non decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei contributi, ma dalla presentazione della dichiarazione dei redditi. Solo allora l’Istituto è in grado di conoscere l’esistenza del credito e così di farlo valere, ai sensi dell’art. 2935 cod. civ.
-L’avvocata NOME COGNOME ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, articolando due motivi , illustrati da memoria in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio .
-L’INPS resiste con controricorso.
-Il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 380bis .1. cod. proc. civ.
-Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni scritte.
-All’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni (art. 380 -bis .1., secondo comma, cod. proc. civ.).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e dell’art. 55 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito, con modificazioni, nella legge 6 aprile 1936, n. 1155.
Avrebbe errato la Corte d’appello di Bologna nell’ancorare il termine iniziale della prescrizione alla presentazione della dichiarazione dei redditi e non ai termini di scadenza per il pagamento dei contributi: il 16 giugno 2010 per l’anno d’imposta 2009 e il 16 giugno 2011 per l’anno d’imposta 2010. Sarebbe dunque prescritto il credito, esercitato con intimazioni ricevute, rispettivamente, il 30 giugno 2015 e il 4 luglio 2016, allorché il termine quinquennale di prescrizione era già vanamente decorso. Né al caso di specie si applicherebbero le proroghe previste per gli avvocati sottoposti agli studi di settore, in quanto la ricorrente apparterrebbe al novero dei contribuenti minimi.
2. -Con la seconda critica (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3, comma 9, della legge n. 335 del 1995 e dell’art. 2935 cod. civ. e imputa alla sentenza d’appello di aver considerato le difficoltà dell’accertamento dell’obbligo contributivo come un ostacolo giuridico, che impedisce di far valere il diritto, e non come un ostacolo di mero fatto, ininfluente ai f ini dell’avvio del termine di prescrizione. Peraltro, gli stessi gi udici del gravame, nell’applicare la disciplina dell’omissione, avrebbero escluso un doloso occultamento del debito, suscettibile di
sospendere il corso della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n. 8, cod. civ.
-Quanto al rigetto dell’eccezione di prescrizione , la decisione impugnata è conforme al diritto, benché se ne debba correggere la motivazione (art. 384, quarto comma, cod. proc. civ.).
-Q uesta Corte è costante nell’affermare che la prescrizione dei contributi dovuti alla Gestione separata decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento e non dalla presentazione della dichiarazione dei redditi, che non dispiega alcun rilievo ai fini del sorgere dell’obbligo contributivo (Cass., sez. lav., 31 ottobre 2018, n. 27950).
Ai fini della decorrenza della prescrizione, assume rilievo anche il differimento dei termini per il pagamento dei contributi, come quello previsto per chi eserciti attività economiche per le quali siano stati elaborati gli studi di settore (Cass., sez. lav., 19 aprile 2021, n. 10273).
Si deve, dunque, tener conto del differimento al 6 luglio 2010 e al 6 luglio 2011, disposto per il pagamento della contribuzione dovuta, rispettivamente, per l ‘ anno 2009 e per l’anno 2010 ( art. 1, comma 1, dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 giugno del 2010 e del 12 maggio 2011).
Quanto alla portata di tale differimento, è ininfluente la circostanza, valorizzata nel ricorso e nella memoria illustrativa, che il contribuente si annoveri tra i contribuenti estranei agli studi di settore, in quanto in regime dei ‘minimi’.
Invero, in base al tenore testuale della fonte secondaria, «il differimento del termine di pagamento concerneva tutti i contribuenti che esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore e non soltanto coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d ‘ imposizione» (sentenza n. 10273 del 2021, cit., in motivazione).
Pertanto, «ciò che rileva, ai fini di detto differimento, è il dato oggettivo dello svolgimento di un ‘ attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall ‘ adesione alle risultanze degli studi medesimi» (Cass., sez. lav., 7 novembre 2022, n. 32683, punto 3.4. delle Ragioni della decisione ).
La parte ricorrente non si cimenta con tali enunciazioni di principio e non prospetta argomenti decisivi, che inducano a rimeditarle.
5. -Considerando come dies a quo della prescrizione, rispettivamente, il 6 luglio 2010 e il 6 luglio 2011, la prescrizione è stata interrotta prima del compimento del quinquennio, con le costituzioni in mora ricevute il 30 giugno 2015, per i contributi dovuti per l’anno 2009, e il 4 luglio 2016, per i contributi concernenti il 2010.
La Corte di merito, pertanto, nell’escludere il compimento della prescrizione, perviene a conclusioni corrette, per quanto il percorso argomentativo, nel richiamare la presentazione della dichiarazione dei redditi, debba essere emendato nei termini appena esposti.
6. -Sgombrato il campo dalla questione della prescrizione, si deve osservare che, nelle more del giudizio, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 104 del 2022, ha dichiarato l ‘ illegittimità costituzionale «dell ‘ art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, nella parte in cui non prevede che gli avvocati del libero foro non iscritti alla Cassa di previdenza forense per mancato raggiungimento delle soglie di reddito o di volume di affari di cui all ‘ art. 22 della legge 20 settembre 1980, n. 576 (Riforma del sistema previdenziale forense), tenuti all ‘ obbligo di iscrizione alla Gestione separata costituita presso l ‘ Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), siano esonerati dal pagamento, in
favore dell ‘ ente previdenziale, delle sanzioni civili per l ‘ omessa iscrizione con riguardo al periodo anteriore alla sua entrata in vigore».
Il legislatore, pur fissando legittimamente, con l ‘ art. 18, comma 12, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, un precetto normativo già desumibile dalla disposizione interpretata dell ‘ art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, «avrebbe dovuto comunque tener conto, in questa particolare fattispecie, di tale già insorto affidamento in una diversa interpretazione; ciò, peraltro, in sintonia con un criterio destinato ad affermarsi nell ‘ ordinamento previdenziale» (punto 9.2. del Considerato in diritto ).
7. -Per effetto della declaratoria d’illegittimità costituzionale, la disciplina delle sanzioni cessa di applicarsi al caso di specie, in cui si controverte su annualità (2009 e 2010) antecedenti alla legge d’interpretazione autentica del 2011.
Né si frappone il limite dei rapporti esauriti, indiscutibili per effetto del formarsi del giudicato e dunque idonei a precludere quel l’efficacia retroattiva della pronuncia di accoglimento che rappresenta caposaldo del sistema di giustizia costituzionale e ne salvaguarda l’effettività.
La contestazione radicale del debito contributivo impedisce il formarsi del giudicato e dunque il consolidarsi del rapporto controverso (Cass., sez. lav., 1° agosto 2024, n. 21685, punto 7 delle Ragioni della decisione ) anche con riferimento al profilo più circoscritto delle sanzioni applicabili e alle relative statuizioni, legate a quelle specificamente censurate da un vincolo di stretta consequenzialità (Cass., sez. lav., 4 settembre 2023, n. 25653, punto 20 del Considerato ).
Pertanto, nel presente giudizio, l’inefficacia della norma dichiarata costituzionalmente illegittima (art. 136, primo comma, Cost.) è coerente con i princìpi generali che presiedono alla funzione giurisdizionale di legittimità e la vincolano alle censure espresse con i motivi di ricorso e all’osservanza del divieto di reformatio in peius
(Cass., sez. lav., 24 giugno 2022, n. 20446), così impedendo che, della pronuncia di accoglimento, possa giovarsi quella parte che non abbia messo ritualmente in discussione il rapporto sostanziale su cui tale pronuncia incide.
-Entro questi limiti, con esclusivo riguardo alle implicazioni sanzionatorie dell’obbligo contributivo, devono essere accolte le censure.
La sentenza d ‘ appello è cassata, dunque, per quanto di ragione.
-Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, dichiarando che nulla è dovuto per sanzioni civili sui contributi attinenti agli anni 2009 e 2010.
-La necessità di procedere alla correzione della motivazione, la complessità delle questioni dibattute, che solo in epoca recente, con la pronuncia della Corte costituzionale, hanno trovato un assetto definitivo, inducono a compensare le spese dell ‘ intero processo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte; decidendo nel merito, dichiara che non sono dovute le sanzioni civili sui contributi relativi all’anno 2009 e all’anno 2010; compensa le spese dell’in tero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quarta Sezione