Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 24586 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 24586 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 10943-2022 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4792/2021 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 20/10/2021 R.G.N. 2095/2019; udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 10/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Rep.
Ud. 10/04/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione di prime cure che aveva ritenuto non dovuti i contributi pretesi dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e non corrisposti alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2009, per decorso del termine prescrizionale;
propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE affidato a un solo motivo, ulteriormente illustrato con memoria, avverso il quale resiste, con controricorso, ulteriormente illustrato con memoria, il professionista in epigrafe indicato;
CONSIDERATO CHE
l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione degli artt. 2935 e 2941, n. 8, c.c., in relazione alla L. n. 335 del 1995 art. 2, commi 26-31, al D.L. n. 98 del 6 luglio 2011, art. 18, comma 12, convertito, con modificazioni, nella L. 15 luglio 2011, n. 111, al D.Lgs. n. 462 del 18 dicembre 1997, art. 1, e al D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997, art. 10, comma 1;
avrebbe errato la Corte d’appello nell’escludere la sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione per doloso occultamento del debito, nel caso di omessa compilazione del quadro RR, sezione II, RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione dei redditi, “specificamente dedicato alla determinazione dei contributi da parte del Fisco” in base al D.Lgs. n. 462 del 1997 art. 1 e al D.Lgs. n. 241 del 1997 art. 10;
solo la compilazione del quadro RR avrebbe consentito all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di verificare la produzione di un reddito da lavoro autonomo, assoggettato all’obbligo d’iscrizione alla RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE;
la professionista, omettendo di compilare il quadro RR, “necessario per la determinazione dei contributi previdenziali dovuti”, avrebbe eluso il controllo
automatico demandato agli uffici finanziari e, pertanto, ad avviso RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , nessuna prescrizione si sarebbe compiuta;
il ricorso è fondato, nei termini e per i motivi di seguito precisati, in continuità con il precedente di questa Corte, sentenza n.32682 del 2022;
la prescrizione decorre “dal momento in cui scadono i termini per il relativo pagamento e non già dalla data di presentazione RAGIONE_SOCIALEa dichiarazione dei redditi ad opera del titolare RAGIONE_SOCIALEa posizione assicurativa (così, tra le tante, Cass. nn. 27950 del 2018, 19403 del 2019, 1557 del 2020): l’obbligazione contributiva nasce infatti in relazione ad un preciso fatto costitutivo, che è la produzione di un certo reddito da parte del soggetto obbligato, mentre la dichiarazione che costui è tenuto a presentare ai fini fiscali, che è mera dichiarazione di scienza, non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria” (Cass., sez. lav., 19 aprile 2021, n. 10273; in senso conforme, anche Cass., sez. lav., 3 giugno 2022, n. 17970, punto 14);
per quanto il debito contributivo sorga sulla base RAGIONE_SOCIALEa produzione di un certo reddito, la prescrizione RAGIONE_SOCIALE‘obbligazione decorre dal momento in cui scadono i relativi termini di pagamento, come dispone R.D.L.n. 1827 del 4 ottobre 1935, l’art. 55, convertito, con modificazioni, nella L. n. 1155 del 6 aprile 1936: i contributi obbligatori si prescrivono “dal giorno in cui i singoli contributi dovevano essere versati”;
i termini di versamento dei contributi sono definiti dal D.Lgs. n. 241 del 9 luglio 1997, art. 18, comma 4,: “i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione
assicurativa in una RAGIONE_SOCIALEe gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento RAGIONE_SOCIALEe somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi”;
quanto a tali ultimi termini, del menzionato D.Lgs. n. 241 del 1997 art. 12, comma 5, demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi dovuti in base allo stesso decreto, tenendo conto RAGIONE_SOCIALEe esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei responsabili d’imposta o RAGIONE_SOCIALEe esigenze organizzative RAGIONE_SOCIALE‘amministrazione;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri rinviene dunque un inequivocabile fondamento nel D.Lgs. n. 241 del 1997 e concorre ad attuarne e a integrarne le previsioni: a tale decreto si devono riconoscere, pertanto, natura regolamentare e rango di fonte normativa, come questa Corte ha in più occasioni affermato (sentenza n. 17970 del 2022, cit., punto 18; di recente, sempre in ordine ai d.P.C.m. in esame, Cass., sez. lav., 3 agosto 2022, n. 24047, punto 23, e Cass., sez. VI-L, 15 luglio 2022, n. 22336, e 11 luglio 2022, n. 21816);
quanto ai contributi relativi all’anno 2009, viene in rilievo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 giugno 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 19 giugno 2010;
l’art. 1, comma 1, del citato d.P.C.m. così stabilisce: “I contribuenti tenuti ai versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di imposta regionale sulle attività produttive entro il 16 giugno 2010, che esercitano attività economiche per le
quali sono stati elaborati gli studi di settore di cui al D.L.n. 331 del 30 agosto 1993, art. 62bis convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE finanze, effettuano i predetti versamenti: a) entro il 6 luglio 2010, senza alcuna maggiorazione; b) dal 7 luglio 2010 al 5 agosto 2010, maggiorando le somme da versare RAGIONE_SOCIALEo 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo”;
si deve avere riguardo al primo termine del 6 luglio 2010, che la fonte regolamentare stabilisce per il pagamento RAGIONE_SOCIALE‘importo dovuto, senza maggiorazioni di sorta: è da tale momento che sorge l’obbligo contributivo e l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE può dunque far valere i propri diritti;
quanto alla latitudine soggettiva del differimento, questa Corte ha chiarito che ne beneficiano tutti i contribuenti, allorché esercitano attività economiche per le quali sono stati elaborati gli studi di settore. A favore di tale interpretazione, milita l’univoco dettato letterale RAGIONE_SOCIALEa previsione del decreto, che contraddice la lettura riduttiva, propugnata dalla controricorrente nella memoria illustrativa;
il differimento, dunque, non si applica soltanto a “coloro che, in concreto, alle risultanze di tali studi fossero fiscalmente assoggettati per non aver scelto un diverso regime d’imposizione” (sentenza n. 10273 del 2021, cit.);
pertanto, “ciò che rileva, ai fini di detto differimento, è il dato oggettivo RAGIONE_SOCIALEo svolgimento di un’attività economica riconducibile tra quelle per le quali siano
state elaborati studi di settore e non la condizione soggettiva del singolo professionista di effettiva sottoposizione al regime fiscale derivante dall’adesione alle risultanze degli studi medesimi” (Cass., sez. VI-L, 11 agosto 2022, n. 24668; nello stesso senso, fra le molte, Cass., sez. VI-L, 26 luglio 2022, n. 23314 e n. 23309, punto 8, e Cass., sez. VI-L, 15 luglio 2022, n. 22336);
la sentenza impugnata, nel far decorrere la prescrizione dal 16 giugno 2010, ha trascurato di tener conto del differimento al 6 luglio 2010, applicabile in base alle richiamate previsioni del decreto, inscindibilmente connesse con la fonte primaria;
l’individuazione del dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione non soltanto ha priorità logica rispetto al tema RAGIONE_SOCIALEa sospensione, posto dall’unico motivo di ricorso, ma si rivela anche dirimente in considerazione del dies a quo sancito dalla legge (6 luglio 2010) e RAGIONE_SOCIALE‘eventuale efficacia di atti interruttivi;
la sospensione del termine di prescrizione e la corretta identificazione del termine iniziale di decorrenza non rappresentano profili distinti, avulsi l’uno dall’altro (come ampiamente argomentato da Cass. n.32682/2022 cit.);
la sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione non può che essere valutata rispetto a un termine correttamente individuato nel suo esordio;
solo dal momento in cui il diritto può esser fatto valere e dunque prende avvio la prescrizione, si possono apprezzare eventuali fatti idonei a sospenderne il corso;
pertanto, l’impugnazione del profilo consequenziale RAGIONE_SOCIALEa sospensione mantiene ancora viva e controversa
anche la questione concernente l’identificazione del dies a quo e anche su tale tema si riespande la cognizione di questa Corte, chiamata a individuare l’esatto diritto applicabile alla luce degli elementi ritualmente allegati;
erroneamente, dunque, la Corte territoriale ha fatto decorrere il termine di prescrizione dal 16 giugno 2010, senza tener conto del differimento al 6 luglio 2010, sancito dall’art. 1, comma 1, del d.P.C.m. 10 giugno 2010 e rilevabile d’ufficio anche in questa sede;
va riaffermato, con Cass. n.32682/2022 cit. che una volta che la sentenza d’appello sia stata impugnata per violazione RAGIONE_SOCIALEa disciplina sulla sospensione RAGIONE_SOCIALEa prescrizione (nella specie, con riguardo all’occultamento doloso del debito contributivo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2941, comma 1, n. 8, c.c.), l’intera fattispecie RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo, rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale RAGIONE_SOCIALEa prescrizione, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con il ricorso. La mancata proposizione di specifiche censure non determina la formazione del giudicato interno sul dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione dei contributi, differita dal d.P.C.m. 10 giugno 2010, in applicazione del D.Lgs. n.241 del 9 luglio 1997, art. 12, comma 5. Il giudicato, destinato a formarsi su un’unità minima di decisione che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto, investe la statuizione che dichiara prescritto un diritto e non le mere affermazioni, inidonee a costituire una decisione autonoma, sui
singoli elementi RAGIONE_SOCIALEa fattispecie estintiva, come la decorrenza del dies a quo;
la sentenza impugnata, pertanto, va cassata, in relazione al profilo preliminare RAGIONE_SOCIALE‘individuazione del dies a quo RAGIONE_SOCIALEa prescrizione e la causa va rinviata alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, che dovrà scrutinare il tema RAGIONE_SOCIALEa prescrizione dei contributi alla luce degli enunciati principi di diritto e provvederà anche a liquidare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per la liquidazione RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 10 aprile