Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10744 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10744 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 28998-2019 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 280/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 28/03/2019 R.G.N. 92/2018;
Oggetto
R.G.N. 28998/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 26/02/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
L’architetto NOME COGNOME impugna la sentenza n. 280/2019 della Corte d’appello di Firenze che, riformando la pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto il suo ricorso volto ad accertare l’insussistenza dell’obbligo di iscrizione alla gestione separata per gli anni 2006 e 2008 e della correlativa obbligazione contributiva.
Propone due motivi, illustrati da memoria.
Resiste INPS con controricorso.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 26 febbraio 2025, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, cod. proc. civ.).
CONSIDERATO CHE
NOME COGNOME censura la sentenza sulla base di due motivi.
I)violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 434 comma 1 n.1 e 2 cod. proc. civ., nullità della sentenza per omessa pronuncia parziale non avendo la Corte esaminato l’eccezione di inammissibilità dell’appello.
II)violazione e falsa applicazione dell’art.2935 cod. civ. ex art. 360, comma 21, n. 3 cod. proc. civ. per aver la corte respinto l’eccezione di prescrizione.
Il primo motivo, con cui si chiede la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello, è inammissibile in considerazione delle modalità di formulazione, che non rispettano la regola di specificità di cui all’art. 366 cod. proc. civ. che avrebbe imposto al ricorrente di riprodurre quantomeno i passaggi essenziali dell’atto di appello e della pronuncia di primo grado, onde consentire a questa Corte di operare un’effettiva verifica dell’entità degli erro ri
contenuti nell’atto e della loro idoneità ad impedire una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata, che della eccezione non dà neppure conto. Tali lacune valgono a precludere l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, atteso che tale potere presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, cod. proc. civ., che deve essere modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse ( ex multis , Cass. n. 21346/2024, n. 3397/2024).
Se, infatti, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – quale corollario del requisito di specificità dei motivi – anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021, non va interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, peraltro è necessario che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e sia specificamente segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (Cass.,Sez.Un., n. 8950/2022).
Sul punto valga il richiamo al consolidato orientamento di legittimità come espresso, ex multis , da Cass. n.23079/2020, secondo cui detto principio «trova applicazione anche con riferimento alla dedotta violazione di norme processuali (cfr. Cass. n. 25482 del 2014). La Corte, infatti, allorquando debba accertare se il giudice di merito sia incorso in un ‘error in procedendo’, è anche giudice del fatto ed ha il potere di
esaminare direttamente gli atti di causa; tuttavia, non essendo il predetto vizio rilevabile’ ex officio’, né potendo la Corte ricercare e verificare autonomamente gli atti processuali ed i documenti interessati dall’accertamento, è necessario che la parte ricorrente non solo indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il ‘fatto processuale’ di cui richiede il riesame, ma, altresì, assicuri che il corrispondente motivo contenga, per il principio di autosufficienza ed a pena d’inammissibilità del motivo stesso, tutte le precisazioni e i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (cfr. Cass., Sez. Un., n.20181 del 2019; Cass. n. 2771 del 2017; v. anche Cass. Sez. Un. n. 22726 del 2011; Cass. n. 8569 del 2013)».
Il motivo non risponde ai canoni di cui sopra poiché parte ricorrente, pur deducendo l’inammissibilità dell’appello, non riproduce l’atto processuale dal quale dovrebbe ricavarsi il perimetro dell’oggetto del giudizio, non trascrive i passaggi della sentenza di primo grado e il testo del ricorso in appello -riprodotto in nota solo in limitati stralci -né della memoria di costituzione in cui sarebbe stata sollevata l’eccezione, né identifica gli atti in relazione alla esatta collocazione nelle produzioni (Cass. n. 8630/2025, n. 5293/2024, n. 22771/2023, n. 8907/2023, n. 6643/2023, n. 34255/2022), così impedendo ogni effettiva verifica.
Il secondo motivo è infondato.
Posto che il motivo è esplicitato con riferimento ai soli contributi del 2008, risulta dal ricorso che gli stessi sono stati richiesti con lettera del 27 giugno 2014 ed il termine per il pagamento dei contributi era stato spostato al 6 luglio 2009 dal DPCM 4 giugno 2009, con la conseguenza che nessuna prescrizione era maturata.
Sul punto si legga, ex multis , Cass. n. 31182/2024 che, dopo aver richiamato «il diritto vivente (tra le più recenti, Cass. nn. 33850, 30675 e 21962 del 2023; nonché, ex plurimis, Cass. nr. 20288 del 2022), gli ingegneri e architetti, che non possono iscriversi alla Cassa di categoria (Inarcassa), alla quale versano esclusivamente un contributo integrativo di carattere solidaristico in quanto iscritti agli albi, cui non segue la costituzione di alcuna posizione previdenziale a loro beneficio, sono tenuti comunque ad iscriversi alla Gestione separata INPS, in quanto, secondo la ratio dell’art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, l’unico versamento contributivo rilevante ai fini dell’esclusione di detto obbligo di iscrizione è quello suscettibile di costituire in capo al lavoratore autonomo una correlata prestazione previdenziale» ha ricordato che, «quanto alla decorrenza del termine di prescrizione, con orientamento altrettanto consolidatosi, la Corte ha ritenuto che il dies a quo vada fissato al momento di pagamento dei contributi, come prorogato dai DPCM succedutisi nel tempo (v. Cass. n. 10273 del 2021 e successive conformi: ex plurimis, v. Cass. n. 25791 del 2023, in motiv. p. 12 e ss). Si tratta di slittamento applicabile alla categoria professionale in senso oggettivo, per la quale sono elaborati studi di settore (v., tra le altre, Cass. nr. 24668 del 2022) senza che venga in rilievo la specifica posizione del professionista».
Infatti, secondo l’orientamento ormai pacifico di questa Corte, il cui principio di diritto è certamente applicabile anche ai contributi relativi all’anno 2008, «in materia previdenziale, la prescrizione dei contributi dovuti alla gestione separata decorre dal momento in cui scadono i termini per il pagamento dei predetti contributi, sicché assume rilievo, ai fini della decorrenza della prescrizione in questione, anche il differimento dei termini
stessi, quale quello previsto dalla disposizione di cui all’art. 1, comma 1, d.P.C.M. del 10 giugno del 2010 in relazione ai contributi dovuti per l’anno 2009 dai titolari di posizione assicurativa che si trovino nelle condizioni da detta disposizione stab ilite’ (Cass. n. 10273 del 2021 e successive)» (Cass. n. 25610/2023).
Il ricorso va, quindi, complessivamente rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza, come liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 comma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 26 febbraio 2025.
La Presidente NOME COGNOME