Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15409 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15409 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24844-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Gestione separata architetto
R.G.N.24844/2020
COGNOME
Rep.
Ud.13/03/2025
CC
avverso la sentenza n. 674/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 27/01/2020 R.G.N. 1096/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO CHE
In parziale riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Venezia riteneva legittima l’iscrizione d’ufficio dell’architetto NOME COGNOME alla Gestione separata costituita presso l’Inps, a partire dal 2005, in relazione all’attività libero professionale svolta, non essendo tenuto al pagamento del contributo soggettivo a Inarcassa.
Aggiungeva la Corte che erano però prescritti i crediti contributivi dell’Inps in relazione agli anni 2005 e 2006, decorrendo la prescrizione dalla data fissata dalla legge per il versamento degli importi dichiarati nella denuncia dei redditi.
Avverso la sentenza ricorre l’Inps per due motivi , illustrati da memoria.
COGNOME NOME resiste con controricorso.
In sede di odierna udienza camerale, il collegio riservava il termine di 60 giorni per il deposito del presente provvedimento.
RILEVATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, l’Inps deduce la violazione degli artt.132, n.4 e 336, co.1 c.p.c. in relazione agli
artt.2, co.26-31 l. n.335/95, 18, co.11 e 12 d.l. n.98/11 conv. con modif. in l. n.111/11, 53 d.P.R. n.917/86, nonché degli artt.10, 11, 20 l. n.576/80, per non avere la Corte d’appello pronunciato sulla domanda svolta in appello di restituzione delle somme pagate al professionista in esecuzione della sentenza di primo grado, che aveva ritenuto illegittima l’iscrizione alla Gestione separata. La Corte aveva affermato dovuta l’iscrizione e però non aveva emesso la conseguenziale pronuncia di condanna alla restituzione delle somme pagate, ai sensi dell’art.336 co.1 c.p.c.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Inps deduce violazione degli artt.2935 e 2941 n.8 c.c., in relazione agli artt.2, co.26-31 l. n.335/95, 18, co.12 d.l. n. 98/11 conv. con modif. in l. n.111/11, 1 d.lgs. n.462/97 e 10, co.1 d.lgs. n.241/97, per avere la Corte ritenuto prescritto il credito per l’annu alità 2006 senza considerare la sospensione della prescrizione ex art.2941 n.8 c.c., non avendo il professionista compilato il quadro RR della dichiarazione dei redditi.
Il primo motivo , stante il richiamo all’art.360, co.1, n.4 c.p.c., va riqualificato quale censura di nullità della sentenza per omessa pronuncia su una domanda svolta, anziché quale mancanza di motivazione. Esso è fondato.
Preliminarmente è da escludersi l ‘ inammissibilità del motivo: esso, come detto, richiama correttamente l’art.360, co.1 n.4 c.p.c. in relazione all’art.132, n.4 c.p.c. e fa valere in modo specifico una sola questione, ovvero la omessa pronuncia sulla domanda di restituzione delle somme pagate per effetto della sentenza di primo grado.
Risulta dal testo del provvedimento impugnato che, in effetti, la Corte, pur avendo riportato nell’epigrafe le conclusioni dell’Inps e aver dato atto in motivazione del fatto che l’Inps aveva pagato un importo in esecuzione della sentenza di primo grado, non si sia pronunciata sulla domanda di restituzione, formulata dall’Inps con l’atto d’appello. L’omessa pronuncia, in violazione dell’art.112 c.p.c., non può nemmeno essere esclusa da un rigetto implicito della domanda. Quest’ultimo presupporrebbe che la stessa sentenza avesse dato atto che quanto pagato dall’Inps fosse riferibile esclusivamente agli anni 2005 e 2006, gli unici per cui fu escluso il debito contributivo e non anche alle annualità successive, rispetto alle quali l’appello è stato accolto. La sentenza, invece, non dà atto in alcun passaggio del fatto che l’importo pagato dall’Inps fosse imputabile solo agli anni 2005 e 2006 e quindi non può trarsi dal testo della pronuncia la conclusione di un implicito rigetto connesso alla parte del dispositi vo di rigetto dell’appello.
Il secondo motivo è fondato nei termini che seguono.
Anche riguardo ad esso è da respingere l’eccezione di inammissibilità formulata da controricorrente, poiché l’appello, fermi i dati di fatto accertati in sede di merito (omessa compilazione del quadro RR), propone una pura questione di diritto, ovvero la riconducibilità di tale comportamento all’ipotesi di doloso occultamento del debito ex art.2941 n.8 c.c.
Tanto premesso, questa Corte (Cass.37529/21, Cass.28594/23) ha più volte affermato che non è configurabile un automatismo tra omessa compilazione del quadro RR della dichiarazione dei redditi e doloso
occultamento del debito ex art.2941 n.8 c.c., né l’Inps con il motivo di ricorso ha allegato ulteriori circostanze di fatto capaci di infirmare l’apprezzamento di fatto compiuto dalla Corte circa l’insussistenza del dolo.
Nondimeno, va altresì richiamato l’orientamento di questa Corte (Cass.32683/22) secondo cui, quando sia fatta valere una violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione (in particolare, con riguardo all’occultamento doloso del debito contributivo ex art.2941 n.8 c.c.), l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di secondo grado valutare d’ufficio, sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale della prescrizione, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con l’impugnazione.
Ciò posto, va allora rilevato d’ufficio che, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, il dies a quo della prescrizione deve tener conto della proroga del termine per l’effettuazione dei versamenti stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in attuazione dell’ art. 12, co.5 d.lgs. n. 241/97 ( che demanda a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la possibilità di modificare i termini riguardanti gli adempimenti dei contribuenti relativi a imposte e contributi dovuti in base allo stesso decreto, tenendo conto delle esigenze generali dei contribuenti, dei sostituti e dei res ponsabili d’imposta o delle esigenze organizzative dell’amministrazione ). Tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri rinviene un inequivocabile fondamento normativo nella fonte
primaria che ne autorizza l’intervento e si configura come un atto di natura regolamentare, in quanto concorre ad attuare e a integrare le previsioni del d.lgs. n.241 cit., sicché dalla data fissata in tale decreto decorre il termine di prescrizione (tra le tante, v. Cass.17970/22, Cass.24047/22, Cass.22336/22, Cass.25775/23, Cass.22882/24).
Quanto ai contributi relativi all’anno 2006, viene in rilievo il d.P.C.M. 14.6.2007, relativo al debito del 2006, che ha fissato il termine per il pagamento al 9.7.2007; rispetto a tale scadenza, l’atto interruttivo ricevuto il 23.6.2012 risulta tempestivo.
Conclusivamente la sentenza va cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, per i conseguenti accertamenti e per la statuizione sulle spese di lite del presente giudizio di cassazione.