Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23346 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23346 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20857-2020 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME
– resistenti con mandato –
Oggetto
Base imponibile DMAG e prescrizione
R.G.N. 20857/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
avverso la sentenza n. 2633/2019 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 11/12/2019 R.G.N. 397/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
1.La Corte d’appello di Bari, in accoglimento del gravame proposto da INPS, ha riformato la sentenza di primo grado che aveva dichiarato prescritto il credito contributivo riportato, a carico di COGNOME NOME, in un avviso di addebito avente ad oggetto contributi agricoli IVS per operai a tempo determinato, relativi al primo trimestre 2007, per un importo risultante dalla differenza fra quanto dichiarato nella denuncia trimestrale di manodopera e la base retributiva imponibile dovuta ex art. 1 d.l. n.338/1989; in particolare, poi, l’atto di diffida notificato il 27/8/2012 sarebbe stato inidoneo, secondo la ricostruzione del Tribunale, ad interrompere il termine quinquennale decorrente dal giorno 16 del mese successivo al trimestre di riferimento (la prescrizione sarebbe quindi intervenuta il 16/4/2012).
La Corte territoriale, distinguendo il termine di presentazione delle denunzie periodiche della manodopera dalle scadenze per il pagamento dei contributi (fissate, ex art. 6, co.14, del d.l. n.536/1987, conv. in L. n. 48/1988, alle date del 10 settembre e 10 dicembre dell’anno in corso ed al 10 marzo e al 10 giugno dell’anno successivo, termine poi stabilito al giorno 15 del mese di scadenza ex art. 18 del d.lgs. 241/1997), ha ritenuto conseguentemente di individuare nella data del 16/9/2007 il dies a quo del termine prescrizionale dei contributi oggetto dell’opposto avviso di addebito ; nel merito, superata l’eccezione di prescrizione, ha ritenuto infondate le originarie doglianze dell’opponente ivi appellato circa la mancanza di elementi
essenziali contenutistici dell’atto impugnato e circa la mancata allegazione di INPS della contrattazione nazionale di riferimento quale base di calcolo dei contributi previdenziali e la mancanza di agevolazioni contributive previste per legge (avendo invece l’INPS rappresentato che il datore di lavoro aveva denunciato , con DMAG, gli operai comuni corrispondendo loro una retribuzione inferiore a quella dovuta in base al contratto provinciale).
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione COGNOME NOME affidandosi a due motivi, illustrati da memorie. L’INPS è rimasto intimato.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 12/6/2025.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo di ricorso COGNOME NOME deduce, ai sensi dell’art. 360 co.1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 comma 1 c.p.c, dolendosi della motivazione erronea ed illogica della sentenza impugnata; sostiene che gravi su INPS l’onere di provare i fatti costitutivi della pretesa su an e quantum, e che nulla è stato allegato in ordine alla contrattazione collettiva di riferimento, alla retribuzione dovuta ed ai parametri impiegati per il calcolo della pretesa contributiva riportata nell’avviso di addebito.
Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha disatteso l’eccezione di prescrizione. Non condividendo il richiamo giurisprudenziale di cui alla sentenza n. 2342/2019, il
ricorrente sostiene che il termine di prescrizione non decorra dalla data di scadenza del versamento dei contributi ma dalla presentazione delle dichiarazioni DMAG (nel caso di specie dal 30/4/20 07) a cui si collega l’esercizio da parte di INPS dei diritti connessi all’accertamento, comprensivi del diritto -dovere di rettifica dei dati contenuti nelle denunce trimestrali, da cui scaturisce la pretesa dell’INPS di ottenere maggiori somme rispetto a quelle dichiarate o riscosse.
Nelle memorie illustrative depositate in prossimità dell’udienza il ricorrente si è soffermato sull’eccezione di prescrizione sollevata nell’atto introduttivo del giudizio.
Il ricorso è infondato.
Preliminarmente si apprezza la tempestività del ricorso per cassazione notificato ad INPS il 27/7/2020 a fronte della data di pubblicazione della sentenza di appello del l’ 11/12/2019, tenuto conto della sospensione straordinaria dei termini per impugnare prevista, per emergenza Covid, dall’art. 83 d.l. n.18/2020 (conv. L. 27/2020) e art. 36 d.l. n.23/2020 (conv. L. 40/2020).
La questione oggetto di controversia riguarda la decorrenza del termine di prescrizione delle pretese contributive accertate in ragione della base di calcolo retributiva imponibile.
Si premetta che, come in numerose occasioni chiarito dalla Corte, l’obbligo retributivo e quello contributivo ad esso connesso sorgono con l’instaurarsi del rapporto di lavoro, ma restano del tutto autonomi e distinti, nel senso che l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso l’istituto previdenziale sussiste indipendentemente dal fatto che gli obblighi retributivi nei confronti del prestatore d’opera siano stati in tutto o in parte
soddisfatti, ovvero che il lavoratore abbia rinunciato ai suoi diritti. I contributi sono, infatti, parametrati alla retribuzione spettante e non a quella che, in concreto, il datore di lavoro abbia riconosciuto (cd. ‘principio del minimale contributivo’ ; tra le numerose decisioni in argomento, v., in motivazione, Cass. nr. 21371 del 2018, punto 8). Ed infatti, ‘i l sistema di prelievo contributivo fa perno sulla nozione di retribuzione ‘dovuta’, la cui base normativa è da rinvenirsi nelle varie disposizioni succedutesi nel tempo sulla nozione di retribuzione contributiva ‘ (cfr. da ultimo, Cass. ord. n. 14548/25).
Ciò posto, si osserva che la sentenza impugnata ha approfondito sia il tema della decorrenza della prescrizione, sia quello della fondatezza della pretesa, argomentando quest’ultima in base al raffronto tra i dati denunciati con DMAG e la retribuzione dovuta secondo la contrattazione provinciale applicabile.
Passando alla disamina dei motivi di ricorso, va rilevato che il primo motivo è inammissibile, poiché il ricorrente non illustra elementi specifici dai quali risulti l’individuazione di una contrattazione di riferimento diversa da quella richiamata in sentenza, né offre elementi concreti dai quali possa desumersi che la retribuzione denunciata sia quella effettivamente dovuta, ovvero che l’Istituto sia incorso in un errore di quantificazione della differenza dovuta. In particolare, si osserva che la fonte determinativa della base imponibile è legale, poiché si attesta in ragione dei criteri riportati all’art. 1 del d.l. n. 338/1989.
8.1 La doglianza inerente alla violazione dell’art. 115, comma 1, c.p.c. non soltanto non è fondata, avendo il giudice posto a fondamento della decisione un dato normativo e, nel quantum, un argomento comparativo tratto da un dato documentale
proveniente dallo stesso ricorrente, ma è anche inammissibile poiché non offre argomentazioni critiche rispetto alla ritenuta non contestazione riportata a pag. 4 della impugnata sentenza, ossia che nel DMAG il datore abbia indicato altri lavoratori e che la retribuzione prevista dal contratto collettivo di riferimento sia inferiore a quella indicata dall’INPS; il ricorrente infatti si limita a criticare in astra tto l’operato dell’istituto e resta generico nella lamentata mancata indicazione dei prospetti su cui INPS abbia fondato la sua pretesa.
8.2 – Si aggiunga che la sentenza impugnata ha puntualmente riportato, nel merito, l’entità della retribuzione inferiore a quella dovuta in base al contratto provinciale di riferimento, e non risulta specificamente confutato né il criterio identificativo del contratto né l’entità della retribuzione base.
8.3 – Inoltre, per quanto concerne la doluta violazione di cui all’art. 2697 c.c., la parte non indica quale sia stata la violazione dedotta sotto il profilo del riparto dell’onere probatorio, atteso che costituisce onere del datore di lavoro allegare, e provare, le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo previste dalla contrattazione collettiva (sul punto, in varie applicazioni di tale principio, si vedano Cass. ord. 23360/2021, sent. 22314/16, ord. n. 13650/19)
Il secondo motivo è infondato. Costituisce orientamento consolidato di questa Corte quanto espresso in sentenza n.2432/2019, secondo la quale in tema di contributi agricoli, il termine di prescrizione non decorre dalla data di presentazione delle denunzie periodiche della manodopera da parte del datore, ma dalla scadenza del termine fissato per legge per il pagamento degli stessi, dal momento che, per il “favor
debitoris” costituente la “ratio” di tali previsioni, l’INPS non può esigere il pagamento prima della scadenza e, di conseguenza, non può decorrere la prescrizione, secondo il criterio generale di cui all’art. 2935 c.c.
9.1 – La Corte di merito ha correttamente applicato la regola per cui la prescrizione comincia a decorrere solo alla scadenza del termine, fissato dalla legge, per il pagamento dei contributi da parte del datore di lavoro (ossia, dal 16/9/2007, termine interrotto dalla diffida notificata ad agosto 2012). L’art. 2935 c.c., disponendo che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce alla possibilità legale di esercizio del diritto ed alla possibilità, per il creditore, di azionare la relativa tutela, negata se non tempestivamente richiesta. La tesi sostenuta dalla parte ricorrente, secondo cui l’Inps potrebbe richiedere il pagamento ben prima della scadenza del termine fissato dall’art.6, co.14, del decreto-legge n. 536 del 1987, trascura di valorizzare la ratio della disposizione, recante la previsione di un termine, entro il quale il datore di lavoro è tenuto ad effettuare il pagamento, all’evidenza posto in favore del debitore dell’obbligazione contributiva, consentendogli di non adempiere la prestazione immediatamente ma di rinviarne l’adempimento ad un tempo successivo, nel qual caso è dunque precluso, al creditore, pretendere il pagamento prima della scadenza.
9.2 Come riportato nella sentenza n.2432/2019, ‘ L’ente previdenziale, fino a quando l’azienda può effettuare il pagamento, non può esercitare un’azione di adempimento, semplicemente perché la condotta inadempiente del datore di lavoro può darsi solo alla scadenza del termine fissato per l’adempimento, allorché il credito dell’ente gestore diventa
esigibile e il relativo diritto «può essere fatto valere», in applicazione, anche per le obbligazioni contributive, del criterio generale dell’art. 2935 cod.civ. Il modello DMAG altro non è che la denuncia, da parte del datore di lavoro, dei dati occupazionali (giornate, numero dei lavoratori) e retributivi, dei codici di individuazione delle zone tariffarie, del tipo di contratto, della sua posizione assicurativa, alla presentazione del quale non sorge un diritto azionabile «alla determinazione dei contributi dovuti in forza dei rapporti di lavoro intercorsi nel trimestre, già sorto per effetto di detti rapporti», come asserisce la parte ricorrente, atteso che solo in un momento successivo, con l’invio al datore di lavoro del modello F24, l’onere economico, corrispondente all’obbligazione contributiva, viene quantificato e, dunque, solo da quel momento il debitore dell’obbligazione contributiva conosce la misura dei contributi dovuti e può adoperarsi per l’adempimento nei termini di scadenza fissati per legge. In particolare, per gli operai agricoli, l’art. 6, quattordicesimo comma, d.l. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito in legge 29 febbraio 1988, n. 48 disponeva: «le denunce relative agli operai a tempo determinato ed ai compartecipanti individuali …, devono essere presentate, … entro il giorno 25 del mese successivo a quello di scadenza di ciascun trimestre. Entro gli stessi termini devono essere presentate … le denunce relative agli operai a tempo indeterminato … La riscossione dei premi e dei contributi previdenziali ed assistenziali relativa ai dati dichiarati od accertati d’ufficio per ciascun trimestre dell’anno avviene mediante versamento con bollettini di conto corrente postale … alle scadenze rispettive del 10 settembre, 10 dicembre dell’anno in corso e 10 marzo e 10 giugno dell’anno successivo». I termini per il versamento sono stati, poi, fissati al giorno 15 del mese
di scadenza (ex art. 18, comma 1, decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, vigente dal 12 agosto 1997), nuovamente modificati, fissandoli al giorno 16 del mese di scadenza (ex art. 2, comma 1 lett. b) decreto legislativo 12 novembre 1998, n. 422, vigente dal 24 dicembre 1998). Il favor debitoris, costituente la ratio di tali previsioni, comporta, in definitiva, che prima delle predette scadenze l’INPS non possa pretendere l’adempimento dell’obbligazione contributiva e, conseguentemente, che il termine prescrizionale decorra solo alla scadenza dei predetti termini .’
Non v’è ragione per discostarsi dal citato orientamento, confermato di recente anche da ord. n. 11193/2025, e ad esso questa Corte intende dare continuità.
Al rigetto del ricorso non consegue la condanna al pagamento delle spese di lite, poiché controparte non ha esercitato difese. Seguono le statuizioni sul contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis dell’art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 12 giugno 2025.