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Prescrizione compensi avvocato: quando scatta?

Un avvocato ha richiesto il pagamento di compensi per un’attività professionale svolta per molti anni, sostenendo si trattasse di un unico mandato. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che la prescrizione presuntiva dei compensi professionali inizia a decorrere dalla conclusione di ogni singolo affare legale e non dalla cessazione dell’intero rapporto. Il ricorrente è stato inoltre sanzionato per lite temeraria.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Compensi Avvocato: La Cassazione Chiarisce il Momento Esatto

La questione della prescrizione compensi avvocato è un tema cruciale che tocca la quotidianità della professione forense. Sapere con esattezza da quando inizia a decorrere il termine per richiedere il pagamento delle proprie spettanze è fondamentale per evitare di perdere il diritto al compenso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato, offrendo chiarimenti importanti sulla decorrenza della prescrizione in caso di mandati multipli e prolungati nel tempo.

I fatti del caso

Un avvocato conveniva in giudizio una società, sua cliente di lunga data, per ottenere il pagamento di compensi professionali maturati in relazione a diverse controversie gestite nel corso degli anni. La società si difendeva eccependo, tra le altre cose, l’avvenuta prescrizione di parte dei crediti. La Corte d’Appello accoglieva parzialmente l’eccezione, ritenendo prescritti i compensi per due giudizi definiti rispettivamente nel 2007 e nel 2014, e riconoscendo solo il credito per un’attività più recente. L’avvocato, ritenendo che il suo incarico fosse unitario e continuativo fin dai primi anni ’90, ricorreva in Cassazione, sostenendo che la prescrizione avrebbe dovuto decorrere solo dalla conclusione dell’intero rapporto professionale.

La questione giuridica: incarico unitario o plurimi affari?

Il cuore della controversia risiedeva nell’interpretazione dell’articolo 2957, comma 2, del Codice Civile. La norma stabilisce che la prescrizione del diritto al compenso per gli avvocati decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti o dalla revoca del mandato. Il ricorrente sosteneva che le plurime attività svolte per il cliente fossero riconducibili a un unico contratto di patrocinio, pertanto il termine triennale di prescrizione avrebbe dovuto iniziare a correre solo alla cessazione definitiva di tale rapporto. Di contro, la società assistita e le corti di merito hanno considerato ogni singolo giudizio come un ‘affare’ autonomo, con un proprio termine di prescrizione che iniziava a decorrere dalla sua conclusione.

Prescrizione compensi avvocato: l’analisi della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando l’orientamento consolidato. Gli Ermellini hanno chiarito che il ‘dies a quo’, ovvero il giorno da cui inizia a decorrere la prescrizione, deve essere individuato nell’esaurimento del singolo affare per cui è stato conferito l’incarico. Questo momento, di norma, coincide con la pubblicazione del provvedimento decisorio definitivo (es. la sentenza).

Secondo la Corte, anche se più procedimenti sono legati da un nesso logico o fattuale (come in questo caso, dove diverse cause originavano da un lodo arbitrale), ogni giudizio di cognizione costituisce un’attività professionale a sé stante. Di conseguenza, eventuali iniziative successive, come un procedimento esecutivo per dare attuazione a una sentenza, rappresentano una nuova e distinta attività, soggetta a un autonomo termine di prescrizione. Non rileva, quindi, la durata complessiva del rapporto tra avvocato e cliente, ma la conclusione di ogni specifica prestazione professionale.

La sanzione per abuso del processo

Un ulteriore aspetto di rilievo dell’ordinanza è l’applicazione delle sanzioni per lite temeraria previste dall’art. 96 c.p.c. Poiché il ricorso è stato definito in conformità a una proposta di manifesta infondatezza (secondo la procedura dell’art. 380-bis c.p.c.) e il ricorrente ha insistito per una decisione nel merito, la Corte ha condannato quest’ultimo non solo al pagamento delle spese legali, ma anche a versare una somma ulteriore sia alla controparte che alla cassa delle ammende. La Cassazione ha colto l’occasione per rigettare le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente, richiamando precedenti pronunce delle Sezioni Unite che hanno qualificato tale meccanismo non come un automatismo punitivo, ma come una sanzione per l’abuso dello strumento processuale.

Le motivazioni

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione ribadendo con fermezza il principio secondo cui la conclusione della prestazione, identificata dall’art. 2957 c.c. come il momento di inizio del decorso della prescrizione, va individuata nell’esaurimento del singolo affare. Questo coincide con la pubblicazione della decisione definitiva. Pertanto, le successive iniziative intraprese dallo stesso difensore, anche se connesse alla decisione (come l’esecuzione forzata), costituiscono una nuova attività, soggetta a un autonomo termine di prescrizione. Di conseguenza, il fatto che i vari procedimenti fossero legati a un lodo arbitrale del 1992 non poteva spostare in avanti il termine per la richiesta dei compensi relativi ai singoli giudizi, ormai conclusi da anni. La Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato proprio perché si contrapponeva a un principio giurisprudenziale pacifico e consolidato.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per i professionisti legali. Per non incorrere nella prescrizione dei propri compensi, è essenziale agire con tempestività nella richiesta di pagamento al termine di ogni singolo incarico o fase processuale autonoma. Confidare nella continuità del rapporto con il cliente e posticipare la richiesta di pagamento alla cessazione definitiva del legame professionale è un rischio che può portare alla perdita del diritto al compenso per le prestazioni più remote nel tempo. La decisione sottolinea la netta distinzione tra la singola prestazione professionale, che si conclude con la fine del relativo affare, e il rapporto fiduciario complessivo con il cliente.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per i compensi di un avvocato?
Secondo la Corte di Cassazione, il termine di prescrizione triennale (presuntiva) inizia a decorrere dalla conclusione del singolo affare per cui è stato conferito l’incarico, momento che di solito coincide con la pubblicazione della sentenza o del provvedimento definitivo che definisce la lite.

Se un avvocato assiste un cliente in più cause, la prescrizione è unica per tutte?
No. Ogni causa o procedimento legale costituisce un ‘affare’ a sé stante. Di conseguenza, per ogni incarico decorre un autonomo termine di prescrizione a partire dalla sua specifica conclusione, indipendentemente dal fatto che l’avvocato continui ad assistere lo stesso cliente in altre controversie.

Cosa succede se un avvocato insiste in un ricorso che la Corte ritiene manifestamente infondato?
Se la Corte definisce il giudizio in conformità a una proposta di manifesta infondatezza (ex art. 380-bis c.p.c.) e il ricorrente ha chiesto comunque una decisione, si applicano le sanzioni per lite temeraria (art. 96 c.p.c.). Ciò comporta la condanna al pagamento di una somma a favore della controparte e di un’ulteriore somma a favore della cassa delle ammende, oltre alle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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