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Prescrizione compensi avvocato: la Cassazione chiarisce

Un’avvocata ha citato in giudizio un ex cliente per il mancato pagamento dei compensi professionali. Il cliente si è difeso eccependo la prescrizione presuntiva del credito. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’eccezione di prescrizione compensi avvocato è incompatibile con qualsiasi difesa che contesti l’esistenza o l’ammontare del debito, poiché tale contestazione implica un’ammissione che l’obbligazione non è stata estinta. La Corte ha quindi accolto il ricorso dell’avvocata, cassando la precedente decisione e rinviando la causa al tribunale per un nuovo esame.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione compensi avvocato: non puoi contestare il debito e dire che è prescritto

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nei rapporti tra legali e assistiti: la prescrizione compensi avvocato. La Suprema Corte ha chiarito che il cliente non può contemporaneamente negare di aver conferito l’incarico o contestare l’importo richiesto e, allo stesso tempo, difendersi sostenendo che il debito è ormai prescritto. Questa decisione offre importanti spunti di riflessione sulla coerenza delle strategie processuali.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla richiesta di pagamento avanzata da una professionista legale nei confronti di un suo ex cliente. L’avvocata chiedeva il saldo dei compensi maturati per un’attività difensiva svolta in diverse cause, tra cui un lungo processo per risarcimento danni iniziato decenni prima e varie procedure esecutive. L’assistito, pur avendo ricevuto un assegno a seguito di una delle cause, non aveva versato alcunché alla sua legale a titolo di onorari.

Di fronte alla richiesta giudiziale, l’ex cliente si è difeso in modo duplice: da un lato, ha sollevato l’eccezione di prescrizione presuntiva triennale, sostenendo che il diritto della legale si fosse estinto per il decorso del tempo; dall’altro, ha contestato sia di aver mai conferito un mandato diretto alla professionista, sia l’ammontare (quantum) del credito richiesto. Il tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto le difese del cliente, rigettando la domanda dell’avvocata.

La questione della prescrizione compensi avvocato e la sua incompatibilità

Il cuore della controversia portata dinanzi alla Cassazione riguarda la compatibilità tra l’eccezione di prescrizione presuntiva e le altre difese del debitore. L’avvocata, con il suo ricorso, ha sostenuto che la strategia del suo ex cliente fosse intrinsecamente contraddittoria.

La prescrizione presuntiva, infatti, si basa sulla presunzione che un debito sia stato pagato. Chi se ne avvale, in sostanza, afferma implicitamente che il debito esisteva ma è stato estinto. È quindi evidente la contraddizione nel sostenere, contemporaneamente, che il debito non è mai sorto (perché non è stato conferito l’incarico) o che il suo ammontare è errato.

Altri motivi di ricorso

Oltre al punto principale, la professionista ha lamentato altri due errori del giudice di primo grado:

1. Errato calcolo della decorrenza (dies a quo): Per un altro filone di compensi, il tribunale aveva calcolato la prescrizione decennale a partire dalla sentenza di primo grado, senza considerare che la lite si era conclusa solo con una successiva sentenza d’appello.
2. Omessa pronuncia: Il giudice non si era espresso sulla richiesta di pagamento relativa a tre specifiche procedure esecutive, pur avendo menzionato l’esistenza di una di esse.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto tutti e tre i motivi del ricorso principale presentato dall’avvocata.

Sul punto cruciale, la Corte ha ribadito un principio consolidato: “l’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, anche implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta“. Contestare sia l’esistenza del rapporto (an) sia l’importo richiesto (quantum) equivale ad ammettere che il pagamento non è avvenuto. Di conseguenza, l’eccezione di prescrizione andava respinta in toto.

In merito al secondo motivo, la Corte ha specificato che, ai sensi dell’art. 2957 c.c., il termine di prescrizione per i compensi degli avvocati decorre dalla “decisione della lite“, che coincide con la pubblicazione del provvedimento definitivo, e non da quello di primo grado se la causa è proseguita in appello.

Infine, riguardo al terzo motivo, i giudici hanno constatato che il tribunale aveva effettivamente omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa ai compensi per le tre procedure esecutive, rendendo la sua decisione illegittima per incompletezza. Il ricorso incidentale del cliente, che sosteneva l’infondatezza della pretesa per presunta integrale soddisfazione, è stato invece respinto.

Conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato l’ordinanza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale, che dovrà riesaminare la questione attenendosi ai principi di diritto enunciati. Questa pronuncia è di grande importanza pratica: insegna che le strategie difensive devono essere coerenti. Un debitore non può giocare su più tavoli, affermando da un lato che un debito è stato pagato (presupposto della prescrizione presuntiva) e dall’altro che non è mai esistito. Per gli avvocati, si tratta di una conferma fondamentale sulla corretta decorrenza dei termini per la richiesta dei propri compensi, che devono essere calcolati a partire dalla fine definitiva della controversia.

Un cliente può difendersi sostenendo sia che il debito è prescritto sia che non ha mai dato l’incarico all’avvocato?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che queste due difese sono incompatibili. L’eccezione di prescrizione presuntiva si basa sull’idea che il debito sia stato pagato, mentre negare l’incarico significa negare l’esistenza stessa del debito. Sostenere entrambe le cose è una contraddizione che rende inefficace l’eccezione di prescrizione.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per il compenso di un avvocato se una causa ha sia un primo grado che un appello?
Il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data di pubblicazione della decisione che definisce la lite in modo definitivo. Pertanto, se una causa prosegue in appello, il termine non inizia dalla sentenza di primo grado, ma dalla sentenza della Corte d’Appello.

Cosa succede se un giudice non si pronuncia su una parte della richiesta di pagamento di un avvocato?
Questa situazione configura un vizio di ‘omessa pronuncia’. Se il giudice, pur riconoscendo l’esistenza di una determinata attività, non decide sulla relativa richiesta di compenso, la sua decisione è illegittima e può essere annullata, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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