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Prescrizione buonuscita: 5 anni per la richiesta

Un ex dipendente pubblico, passato a un nuovo impiego statale, ha richiesto la buonuscita dopo oltre cinque anni dalla cessazione del primo rapporto. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione d’appello, stabilendo che la prescrizione buonuscita è quinquennale e decorre dalla data di fine del rapporto di lavoro, non da un successivo atto amministrativo. La richiesta tardiva ha comportato la perdita del diritto.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Buonuscita: la Cassazione fissa il termine di 5 anni dalla fine del servizio

Nel mondo del lavoro pubblico, la chiarezza sui termini per esercitare i propri diritti è fondamentale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale riguardo la prescrizione buonuscita, stabilendo che il tempo per richiederla è di cinque anni e decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro. Questa decisione sottolinea l’importanza per i lavoratori di agire tempestivamente per non rischiare di perdere un diritto economico significativo.

La vicenda: il passaggio da un ente pubblico a un altro

Il caso analizzato riguarda un lavoratore che, dopo aver prestato servizio per molti anni presso un importante ente pubblico nazionale, ha terminato il suo rapporto di lavoro il 27 ottobre 1994. Il giorno successivo, ha iniziato un nuovo incarico a tempo determinato come insegnante presso un istituto statale.

Convinto che la sua buonuscita, maturata durante il primo impiego, gli sarebbe stata liquidata al termine definitivo di ogni attività lavorativa per lo Stato, ha atteso diversi anni prima di farne richiesta formale. Solo nel novembre 2003, ben oltre i cinque anni dalla cessazione del primo rapporto, ha avanzato la sua domanda all’ente previdenziale. La sua richiesta è stata respinta proprio perché presentata oltre i termini di prescrizione.

La questione giuridica e la prescrizione della buonuscita

La controversia legale si è incentrata su un punto specifico: da quando inizia a decorrere il termine per la prescrizione buonuscita? Secondo il lavoratore, il termine avrebbe dovuto iniziare solo dal momento dell’atto di liquidazione da parte dell’amministrazione o, in alternativa, si sarebbe dovuta applicare la prescrizione ordinaria decennale.

L’ente previdenziale, invece, ha sostenuto la tesi della prescrizione quinquennale, con decorrenza dalla data esatta di cessazione del rapporto di lavoro. La Corte d’Appello aveva dato ragione all’ente, affermando che il diritto era sorto e poteva essere esercitato già dal 27 ottobre 1994, e che la richiesta tardiva del lavoratore ne aveva causato l’estinzione. La questione è quindi giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del lavoratore, confermando la sentenza d’appello e fornendo chiarimenti decisivi. I giudici hanno stabilito che, ai sensi della normativa applicabile (in particolare l’art. 20 del d.P.R. 1032/1973), il diritto all’indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni.

Il punto cruciale della decisione riguarda il dies a quo, ovvero il giorno da cui far partire il calcolo. La Cassazione ha affermato che tale momento coincide con la cessazione del servizio. È da quella data, infatti, che il diritto entra nel patrimonio del dipendente, il quale è messo in condizione di agire per ottenerne il pagamento.

La Corte ha specificato che non è necessario attendere un atto formale di liquidazione da parte dell’amministrazione per far decorrere la prescrizione. L’inerzia del lavoratore nel richiedere il proprio diritto per oltre cinque anni è stata la causa diretta della sua estinzione. Inoltre, la possibilità di optare per la ricongiunzione dei periodi contributivi non sposta i termini, in quanto rappresenta una scelta del lavoratore che, se non esercitata, lascia intatto il termine di prescrizione per la liquidazione separata.

La Corte ha anche dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso, tra cui quello relativo a un presunto riconoscimento del debito da parte dell’ente, in quanto questione sollevata per la prima volta in sede di legittimità.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale per tutti i dipendenti pubblici: la proattività è essenziale. La sentenza chiarisce in modo inequivocabile che il diritto a ricevere la buonuscita non è eterno, ma è soggetto a un termine di prescrizione di cinque anni che inizia a decorrere immediatamente dalla fine del rapporto di lavoro.

I lavoratori che passano da un’amministrazione statale a un’altra devono quindi essere consapevoli che, se intendono ottenere la liquidazione della buonuscita maturata nel precedente impiego, devono presentare la domanda entro questo termine perentorio. Attendere la cessazione definitiva da ogni servizio pubblico può comportare la perdita irreversibile del diritto economico maturato.

Qual è il termine di prescrizione per il diritto all’indennità di buonuscita per i dipendenti pubblici?
Il diritto all’indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni.

Da quando inizia a decorrere il termine di prescrizione per la buonuscita?
Il termine di cinque anni inizia a decorrere dalla data di cessazione del servizio, momento in cui il diritto sorge e può essere fatto valere, e non da un successivo atto di liquidazione da parte dell’amministrazione.

La possibilità di chiedere la ricongiunzione dei periodi contributivi sospende o modifica la prescrizione della buonuscita maturata?
No. La possibilità di richiedere la ricongiunzione è un’opzione alternativa per il lavoratore, ma non incide sul termine di prescrizione per la liquidazione immediata. Se il lavoratore non esercita l’opzione della ricongiunzione, il suo diritto alla liquidazione si prescrive in cinque anni dalla cessazione del servizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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