Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13284 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 13284 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20437/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso l’Avvocatura centrale dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO.
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAGLIARI n. 321/2017 depositata il 03/01/2018, RG 146/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La Corte d’Appello di Cagliari, con la sentenza n. 321 del 2017, ha accolto l’impugnazione proposta dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Oristano, e per l’effetto in riforma dell’impugnata sentenza ha rigettato la domanda del lavoratore.
Il lavoratore aveva agito in giudizio esponendo di aver lavorato alle dipendenze di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dal 1979 al 27 ottobre 1994, e di essere stato assunto il 28 ottobre 1994 come insegnante, con contratto a termine, presso l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE Oristano, co ntratto scaduto il 1° luglio 1995.
Deduceva che, nonostante la richiesta di pagamento dell’indennità di buonuscita per il periodo di lavoro alle dipendenze di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE , ossia l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, gli aveva risposto genericamente che tale emolumento gli sarebbe stato corrisposto dall’ultima RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE presso la quale avrebbe prestato servizio.
Pertanto, diventato insegnate, aveva rivendicato all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, subentrata a RAGIONE_SOCIALE ex lege , il pagamento dell’indennità di buonuscita maturata presso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in base all’art. 3 del d.P.R. n. 1032 del 1973, ai sensi del quale se un dipendente RAGIONE_SOCIALE passa da un’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ad un’altra, tale emolumento gli viene pagato quando cessa definitivamente dal servizio e non è più iscritto ad alcuna gestione previdenziale, come accaduto al ricorrente al termine di quel contratto a tempo determinato di insegnamento.
In subordine aveva chiesto il ricongiungimento, ex art. 25 del d.lgs. n. 85 del 1993, al servizio prestato alle dipendenze RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di quello con l’RAGIONE_SOCIALE scolastica.
Il Tribunale aveva accolto la domanda.
La Corte d’Appello ha accolto il motivo di appello proposto dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con riguardo alla prescrizione del diritto azionato.
Ha affermato la Corte d’Appello che era pacifico che all’epoca RAGIONE_SOCIALE dimissioni del lavoratore da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, l’indennità di buonuscita dei RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era regolata dal d.P.R. n. 1032 del 1973, e che non si applicava l’ordinario termine di prescrizione decennale, ma quello quinquennale, previsto dall’art. 20, comma 2, del suddetto d.P.R.
Tale termine aveva iniziato a decorrere dalla data di maturazione del diritto, secondo il principio generale di cui all’art. 2935, cod. civ., cioè dal 27 ottobre 1994. Tuttavia, il COGNOME non aveva mai domandato il pagamento della buonuscita sino al 5 novembre 2003, quando il quinquennio era ormai scaduto.
Nella specie, non poteva ritenersi che il termine di prescrizione avrebbe dovuto iniziare a decorrere dall’adozione dell’atto di liquidazione da parte dell’RAGIONE_SOCIALE, perché nella specie tale atto non era stato adottato perché l’interessato non lo av eva richiesto, e dunque non poteva neanche applicarsi il termine di prescrizione decennale.
Per la cassazione della sentenza di appello ricorre il lavoratore, prospettando tre motivi di ricorso articolati in più censure, assistiti da memoria.
Resiste l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 1032 del 1973, nell’ipotesi di applicazione del combinato disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 17 del d.P.R. n. 1032
del 1973 e dell’art. 25 del d.l. n. 85 del 1993, in favore di ex RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE iscritti all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, che abbiano proseguito l’attività lavorativa alle dipendenze dell’RAGIONE_SOCIALE pubblica, prestando servizi che diano luogo al pagamento dell’indennità di buonuscita.
Il ricorrente ha ricordato di aver cessato il rapporto di lavoro alle dipendenze dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in un periodo di transizione, a cavallo tra la trasformazione di RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE da RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in previsione dell’ulteriore passaggio alla società per azione.
L’art. 6, comma 6, del d.l. n. 487 del 1993 , prevedeva che in tale periodo ‘Ai RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE continuano ad applicarsi i trattamRAGIONE_SOCIALE vigRAGIONE_SOCIALE alla data di entrata in vigore del presente decreto fino alla stipulazione di un nuovo contratto ‘.
La Corte d’Appello non aveva tenuto conto del complesso quadro normativo applicabile al caso di specie.
Ed infatti, vi era la possibilità per il lavoratore di optare per la richiesta di liquidazione immediata, ovvero per la ricongiunzione ex art. 25 del dl n. 85 del 1993, per effetto della domanda di ricongiunzione prevista dall’art. 17 del d.P.R. n. 1032 del 1973.
Dunque, in caso di servizio prestato con iscrizione presso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, seguito da un nuovo impiego presso altra RAGIONE_SOCIALE, con soluzione di continuità fra i due periodi, il dipendente RAGIONE_SOCIALE in generale poteva, ai sensi dell’art. 3 della legge n.1032 d el 1973, richiedere il pagamento immediato dell’indennità di buonuscita maturata nel primo periodo di servizio, oppure – se proveniente dai ruoli RAGIONE_SOCIALE con iscrizione RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE richiedere sino all’ultimo giorno del nuovo servizio la ricongiunzione, ex art. 25 del d.l. n. 95 del 1983 e 17 del d.P.R. n. 1032 del 1973.
A sostegno RAGIONE_SOCIALE proprie argomentazioni il lavoratore ha richiamato la giurisprudenza amministrativa (C.d.S., VI Sezione, n.
5870 del 2010) secondo cui ‘(…) ai sensi dell’art. 20 T.U n.1032 del 1973, il diritto alle somme spettanti ai RAGIONE_SOCIALE pubblici a titolo di indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni decorrente non dalla data di cessazione dal servizio, ma da quello dell’ultimo ordinativo di pagamento del credito principale’, ed in tal senso andava intesa la locuzione ‘decorrente dalla data in cui è sorto il diritto’.
1.1. Il motivo non è fondato.
1.2. Questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 17989 del 2009) che la RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE per i lavoratori RAGIONE_SOCIALE, gestita a partire dal 1° agosto 1994 per tutti i RAGIONE_SOCIALE dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE (gestione in precedenza limitata ai RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE uffici RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE agenzie), era disciplinata dalle norme previste per il personale RAGIONE_SOCIALE (d.l. 1° dicembre 1993, n. 487, art. 6, comma 7, convertito con modificazioni dalla legge 29 gennaio 1994, n. 71, recante ‘Trasformazio ne dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE poste e RAGIONE_SOCIALE telecomunicazioni in ente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e riorganizzazione del Ministero’).
Quindi, sebbene il rapporto di lavoro fosse già divenuto di diritto privato alla data del 1° gennaio 1994 (pur continuando la disciplina sostanziale del RAGIONE_SOCIALE impiego a trovare applicazione fino alla stipulazione del primo contratto collettivo), ai RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE spettava al momento della cessazione del rapporto, la buonuscita commisurata all’ultima retribuzione ed agli anni di servizio, erogata dal suindicato RAGIONE_SOCIALE, al cui finanziamento concorreva in via primaria il contributo previdenziale obbligatorio a carico dell’RAGIONE_SOCIALE che si rivaleva sui RAGIONE_SOCIALE nella misura del 2,50 per cento della base imponibile (secondo quanto stabilito dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 37). È da sottolineare che tale disciplina del trattamento spettante alla cessazione del rapporto era prevista dalla stessa legge che, in altra disposizione del
medesimo articolo, stabiliva la trasformazione dei rapporti di lavoro in rapporti di diritto privato (art. 6, comma 2), in correlazione alla trasformazione dell’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in ente RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Si è precisato (Cass., n. 4366 del 2009) che a seguito della trasformazione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, il d.l. n. 487 del 1993, art. 6, conv. dalla legge n. 71 del 1994, ha previsto, con decorrenza 1° agosto 1994, la competenza proprio dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in ordine al complessivo trattamento di quiescenza dei RAGIONE_SOCIALE, comprensivo di trattamento pensionistico e di indennità di buonuscita
Tale gestione separata è stata soppressa ( ex lege n. 449 del 1997, art. 53, comma 6) a partire dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla trasformazione in società per azioni dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE a seguito della delibera CIPE del 18 dicembre 1997 (e quindi a partire dal 1° gennaio 2000).
Pertanto, a decorrere dal 1° agosto 1994 e fino al 1° gennaio 2000, al trattamento di quiescenza di tutto il personale in servizio presso l’ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE – e poi presso la società RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha provveduto, all’atto del collocamento a riposo o RAGIONE_SOCIALE dimissioni, l’I POST, applicando le norme previste per la buonuscita spettante al personale RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, sono state trasferite, a decorrere dal 1° agosto 1994, all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE le competenze connesse alla liquidazione definitiva ed alla gestione RAGIONE_SOCIALE partite di pensione del personale dei ruoli RAGIONE_SOCIALE uffici principali già in quiescenza alla data del 31 luglio 1994.
1.3. Nella fattispecie in esame, trova applicazione la previsione del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, art. 20, comma 2, a termine della quale:
«Il diritto del dipendente e dei suoi avRAGIONE_SOCIALE causa all’indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto; la domanda di pensione eventualmente presentata dagli avRAGIONE_SOCIALE diritto all’indennità di buonuscita i nterrompe il corso della prescrizione».
Quanto al dies a quo del termine di prescrizione del diritto all’indennità di buonuscita ( si v. Cass., n. 22390 del 2023) anche il giudice amministrativo, dopo un primo orientamento, richiamato dal ricorrente, che lo individuava nella data dell’ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (cfr. Cons. Stato, VI, 18 agosto 2010, n. 5870), ha successivamente affermato che, invece, rileva la data di cessazione del servizio (cfr. Cons. Stato, VI, 10 agosto 2018, n. 4898; Cons. Stato, VI, 24 aprile 2017, n. 1887).
La decorrenza del termine dalla cessazione del rapporto è certamente più aderente al dato normativo, atteso che, dal combinato disposto RAGIONE_SOCIALE artt. 1 comma 1, e 20, comma 2, d.P.R. n. 1032 del 1973, emerge che il dies a quo del termine di prescrizione del diritto all’indennità di buonuscita coincide con il dato fattuale della cessazione del servizio, a partire dal quale il dipendente è posto in condizione di assumere ogni iniziativa per poter beneficiare del trattamento indennitario di fine rapporto.
Nello specifico è, dunque, la cessazione del rapporto (avvenuta il 27 ottobre 1994) a segnare il momento di maturazione del diritto cui corrisponde una obbligazione unica e non frazionabile; è da tale momento che il diritto è entrato a far parte della sfera patrimoniale del dipendente, che è stato pertanto in condizione di esercitare ogni azione per la sua soddisfazione nella misura prevista dalla disciplina di settore, a nulla rilevando la successiva attività d ell’RAGIONE_SOCIALE di elaborazione dei conteggi.
1.4. Va inoltre considerato che i l ricorrente richiama: l’art. 17 del d.P.R. 1032 del 1973, che al comma 1 prevede: ‘I servizi prestati
con iscrizione al RAGIONE_SOCIALE gestito dall’istituto per il trattamento di quiescenza del personale postelegrafonico e al RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE sono ricongiungibili con il servizio che dà luogo all’indennità di buonuscita prevista dal presente testo unico’;
l’art. 25 del d.lgs. 25 del 1983, che a sua volta stabilisce ‘ Nei casi previsti dall’art. 17 del testo unico approvato con d.P.R. n. 1032 del 1973, di ricongiungimento del servizio prestato con iscrizione al fondo gestito dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE con il servizio che dà luogo alla indennità di buonuscita prevista dal citato testo unico, l’intero importo dell’indennità medesima è corrisposto dall’ente gestore del fondo previdenziale al quale il dipendente è iscritto all’atto della cessazione dal servizio, salvo rivalsa della quota non a proprio carico’.
Tale disciplina, tuttavia, non spiega effetti in mancanza della prospettazione da parte del ricorrente dell’allegazione e prova, sin nei giudizi di merito, dell’effettuazione di richiesta in tal senso.
Con il secondo motivo di ricorso indicato come b ), si deduce la violazione dell’art. 360, n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo della controversia.
A sostegno RAGIONE_SOCIALE esigibilità RAGIONE_SOCIALE somme richieste in pagamento, il lavoratore rileva che l’RAGIONE_SOCIALE oggi RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, con decreto del 30 gennaio 2004, ha richiesto ed ottenuto da esso ricorrente il pagamento del contributo per il riscatto ai fini della buonuscita per un servizio richiesto in data 8 febbraio 1985.
Tale richiesta di pagamento avrebbe dovuto essere considerata un riconoscimento di debito da parte dell’ente di RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto introduce una questione nuova, l’intervenuta ricognizione del debito, senza indicarne la allegazione nei precedRAGIONE_SOCIALE gradi di giudizio e senza che emerga dalla sentenza di appello.
Con una terza censura anch’essa indicata come b), è prospettata la violazione dell’art. 360 , cod. proc. civ., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 361 e 91 e 92, cod. proc. civ.
Il ricorrente censura la statuizione sulle spese di giudizio, con la quale la Corte d’Appello lo ha condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE stesse, sia in primo grado che in appello.
Da un lato rileva che il giudice di appello non era tenuto a rivedere la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del primo grado di giudizio, dall’altro che non era stata accolta l’eccezione dell’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE di difetto di legittimazione passiva.
3.1. Il motivo non è fondato.
Il giudice di appello, che riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, in difetto di una esplicita rinuncia della parte risultata poi vittoriosa deve procedere, anche d’ufficio, ad un nuovo completo regolamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo dell’intera lite. Ciò perché, per l’ effetto devolutivo dell’ appello, la valutazione della soccombenza opera in base ad un criterio unitario e globale.
Inoltre (v., Cass., n. 29457 del 2023) il concetto di soccombenza reciproca, che consente la compensazione tra le parti RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sottende una pluralità di pretese contrapposte, rigettate dal giudice a svantaggio di entrambi gli istanti e, dunque, l ‘ esistenza di una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate e che siano state cumulate nel medesimo processo fra le stesse parti, restandovi, dunque, estranea la reiezione di eccezioni – di rito o di merito – sollevate dalla parte nei cui confronti la domanda sia stata posta, e poi risultata, come nella specie, totalmente vittoriosa all’esito del giudizio.
Il ricorso deve essere rigettato.
In ragione della complessità della questione le spese del presente giudizio di legittimità sono compensate tra le parti.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 5 marzo