Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33631 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33631 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
NOME e NOME rappresentati e difesi congiuntamente e/o disgiuntamen te, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME e anche disgiuntamente dall ‘Avv. NOME COGNOME -controricorrente –
Avverso la sentenza n. 2774/2023 del Tribunale di Foggia, pubblicata l’8 .11.2023, non notificata.
Oggetto: buoni postali fruttiferi
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13.12.2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME NOME e NOME NOME -quale erede di NOME -hanno chiesto ed ottenuto dal Giudice di Pace di Lucera l’emissione (in data 19/8/2019) di ingiunzione a carico di Poste Italiane per il pagamento della somma di € 1.807,54 a titolo di sorta capitale di n. 4 buoni postali fruttiferi emessi nel 1996.
Poste RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione, eccependo in via preliminare l’intervenuta prescrizione del diri tto derivante dai buoni postali. Il Giudice di Pace ha accolto l’opposizione ritenendo fondata l’eccezione di prescrizione sollevata da Poste Italiane
COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto appello dinanzi al Tribunale di Foggia che, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello. Per quanto qui di interesse il Tribunale ha precisato che: a) il termine di prescrizione dei buoni fruttiferi postali è stato determinato in 10 anni (il D.P.R. n. 153 del 1973, c.d. Codice Postale, prevedeva la più breve prescrizione quinquennale) dal Decreto del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica del 19.12.2000, ove, all’art. 8, si è previsto che «( … ) I diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi » b) sussiste l’onere per il titolare di attivarsi per conoscere gli elementi della disciplina del rapporto non indicati nel titolo, verificando l’esatta scadenza e il termine di prescrizione entro cui tempestivamente richiedere il rimborso del capitale e la liquidazione degli interessi e, d’altra parte, tali informazioni possono essere facilmente ricavate dalla consultazione dei siti di Cassa Depositi e Prestiti Spa e di Poste Italiane Spa o dal D.M. Ministero del Tesoro che ha regolato l’emissione della specifica serie dei buoni, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale, su ciò non incidendo l’eventuale mancata consegna del foglio informativo; c) l’ art. 2935 c.c. nel prevedere che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, fa riferimento alla sola possibilità legale e non già a quella materiale di esercizio del diritto, senza che possano, pertanto, influire i fatti che ne ostacolano il decorso, tra cui l’eventuale ignoranza in cui versi il titolare del diritto, essendo questi ultimi giuridicamente rilevanti solo come causa di sospensione della prescrizione a norma dell’art. 2941 c.c., n. 8, unicamente laddove ne ricorrano i presupposti, in quanto l’impossibilità, di fatto, di agire non vale ad impedire il decorso della prescrizione e, in particolare, il comportamento reticente del debitore, così come l’ignoranza dell’esistenza del diritto, – salvo che integri un doloso occultamento dell’esistenza del debito rilevante ai sensi dell’art. 2941 n. 8 cod. civ. – costituisce un mero impedimento di fatto che non impedisce il decorso della prescrizione; d) dall’esame della relazione tra sottoscrittore e ente raccoglitore del risparmio come normativamente illustrata, si evince che l’esposizione delle condizioni praticate nei locali delle Poste e la pubblicizzazione del foglio illustrativo, finalizzate a consentire al risparmiatore di verificare direttamente presso l’ufficiò postale o via internet le condizioni applicate al rapporto, non integrano obblighi informativi dalla cui osservanza dipenda la vincolatività delle prescrizioni ministeriali, essendo, in ogni caso, la conoscenza di queste ultime affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale; e) non sussiste quindi una responsabilità precontrattuale in capo a Poste Italiane Spa per omessi obblighi informativi e/o per inadeguatezza delle informazioni presenti sul buono postale fruttifero in modo tale da avere impedito alla ricorrente di venire a conoscenza del termine di scadenza e di prescrizione.
Nella specie, l’eccezione d i prescrizione sollevata dal Poste è fondata in quanto il diritto di riscuotere i buoni è stato esercitato oltre il termine di dieci anni di prescrizione, decorrente dalla data di scadenza (4/10/2008) e che scadeva il 5/10/2018.
Maglia NOME e COGNOME NOME hanno presentato ricorso per cassazione con due motivi.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso ed anche memoria. la
La consigliera Delegata, in data 11.3.2024, ha proposto definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
In data 29.3.2024 i ricorrenti hanno formulato istanza di decisione del ricorso ex art. 380 bis , comma 2, c.p.c.
La causa è stata quindi trattenuta in decisione all’adunanza camerale del 13 dicembre 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.I ricorrenti lamentano in ricorso: a) con il primo motivo, violazione e fa lsa applicazione dell’art. 173 D.P.R. n. 156/1973 e degli artt. 2935 e 2941, n. 8, c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo che i quattro BPF non contengono i rendimenti, ossia gli interessi a maturarsi, la durata dell’investimento, quindi, la loro scadenza, essendo presenti solo le dizion i ‘ A TERMINE ‘ e che « il buono non riscosso al compimento dell’ultimo periodo sotto indicato, cessa di essere fruttifero e l’avente diritto può otte nerne il rimborso entro il termine di prescrizione di cinque anni (poi elevato a 10 anni), a decorrere dal 1° gennaio successivo all’anno in cui cessa la fruttuosità », il tutto in vi olazione dell’art. 173 D.P.R. n. 156/73 (com e sostituito dall’art. 1 D.L. n. 460/74 convertito nella Legge n. 588/74), e che Poste Italiane avrebbero dovuto, informare i sottoscrittori dei buoni della scadenza temporale degli stessi, poiché il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli è destinato a formarsi proprio sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti; b) con il secondo motivo, la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 c.c. e 1223 c.c.. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deducendo che pure se fosse possibile applicare alla fattispecie in esame la successiva normativa, ossia il D.M. 19.12.2000, secondo cui le condizioni economiche dell’investimento sarebbero conoscibili tramite la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del relativo decreto ministeriale, allo stesso modo non è predicabile il diniego alla riscossione dei BPF, in quanto solo nel rapporto privatistico e contrattuale tra collocatore e risparmiatore è dal titolo, e non aliunde , che quest’ultimo evince la durata ed i termini del rapporto al momento della sua emissione e Poste Italiane aveva l’obbligo specifico di consegnare al risparmiatore un foglio, denominato Foglio Informativo Analitico (FIA) contenente le caratteristiche dell’investim ento.
La Proposta di definizione accelerata ha rilevato l’inammissibilità dei due motivi ex 360 bis n. 1 c.p.c. , in quanto non idonei a confutare il principio espresso in S.U. n. 3963/2019 (e in plurime decisioni successive), secondo cui la disciplina contenuta nell’abrogato art.173 DPR n. 156/73, nel testo novellato da art.1 d.l. 460/1974, che consentiva variazioni in peius del tasso d’interesse sulla base di decreti ministeriali, continua a trovare applicazione ai rapporti in essere alla data di entrata in vigore del d.m. Tesoro 19/12/2000.
A seguito comunicazione del 12/3/24, vi è stata l’ istanza, 29/3/24, di decisione ex art.380 bis c.p.c., in cui si lamenta che la PDA sarebbe inconferente per i precedenti richiamati (che attengono a questioni diverse dall’oggetto di ricorso, vertente su illegittimità declaratoria di prescrizione dei diritti di credito azionati).
3.I due motivi sono correlati e possono essere trattati unitariamente. Entrambi delineano il tentativo di superare l’avvenuta prescrizione del diritto al rimborso dei titoli evocando l’assenza di dati , o comunque di informazioni, su elementi essenziali quali
essenzialmente la data di scadenza e, quindi, il termine a quo di decorrenza della prescrizione. La tesi sostenuta rievoca, nuovamente « il rapporto privatistico e contrattuale tra collocatore e risparmiatore è dal titolo, e non aliunde, che quest’ultimo evince la durata ed i termini del rapporto al momento della sua emissione ».
L’assenza di tale elemento sul documento emesso avrebbe determinato a carico di Poste Italiane di un obbligo specifico di consegnare al risparmiatore un foglio, denominato Foglio Informativo Analitico (FIA) contenente le caratteristiche dell’investimento .
Le censure sono infondate sotto una pluralità di aspetti.
Questa Corte ha ritenuto costantemente e concordemente che i buoni postali sono meri titoli di legittimazione, ai sensi dell’articolo 2002 cod. civ., come tali privi dei requisiti di letteralità e astrattezza. Ne consegue che sono possibili variazioni derivanti dalla sopravvenienza di eventuali decreti ministeriali modificativi volti in particolare a modificare o modificare il contenuto del documento e che ciò porta a ritenere che la modificazione trova ingresso all’interno del contratto mediante una sostituzione del suo contenuto ab externo per effetto del meccanismo di integrazione automatica previsto dall’articolo 1339 c.c.
A tale orientamento si è conformata la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 16 dicembre 2005, n. 27809; il richiamo a tale qualificazione è presente nelle pronunce successive; cfr. ad es.: Cass., Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979/2007; Cass. Sez. U., n. 3963/2019; Cass., n. 24527/2021; Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022).
I buoni postali sono quindi dei documenti che servono solo a identificare l’avente diritto alla prestazione: come tali, a norma dell’art. 2002 c.c., essi non sono soggetti alle norme dettate per i titoli di credito. Questo significa, in particolare, che ai buoni postali
restano estranei i principi di autonomia causale, di incorporazione e di letteralità (con quel che ne discende sul piano delle eccezioni opponibili dall’avente diritto, regolamentate, per i titoli di credito, dall’art. 1993 c.c.): tant’è che è operante, ri spetto ai buoni, il meccanismo di integrazione contrattuale previsto dall’art. 173 d.P.R. n. 156/1973 (v., Cass., n. 22619/2023 e successive conformi).
Va richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il presupposto dell’integrazione di cui all’art. 1374 c.c. è proprio l’incompleta o ambigua espressione della volontà dei contraenti (così, ex multis , Cass., n. 6747/2014).
In base all’art. 176 d.P.R. n. 156/1973, i buoni postali fruttiferi potevano essere riscossi entro la fine del trentesimo anno solare successivo a quello di emissione. Dal 1° gennaio successivo, i buoni non riscossi cessavano di essere fruttiferi ed erano rimborsati a richiesta dell’avente diritto entro il termine di prescrizione di cinque anni.
L’articolo è stato abrogato dall’art. 7 d.lgs. n. 284/1999, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti che dovevano stabilire nuove caratteristiche dei libretti di risparmio postale e dei buoni fruttiferi postali. Ulteriore disciplina si rinviene nell’art. 10, comma 2, d.lgs. cit.
Pertanto, la normativa di riferimento per il decorso del termine di prescrizione si rinviene nell’assetto normativo complessivo al di là di quanto può essere annotato sul titolo stesso o delle informazioni fornite o meno all’investitore (Cass., n. 23006/20 23).
L a peculiarità del rapporto a valle dell’emissione dei BPF non consente di assimilare i documenti semplicemente alla raccolta del risparmio da parte di istituti bancari, ché, anzi, come di recente è stato osservato, « la natura giuridica delle Poste come azienda autonoma dello Stato (sino al 1994) e poi come ente pubblico economico (fino al 1999) ha comportato, infatti, una innegabile
eterogeneità dei buoni fruttiferi negoziati dalle Poste italiane rispetto agli strumenti finanziari offerti dal sistema bancario ». Ed ancora è stato definitivamente chiarito che, benché facciano parte delle forme ordinarie del risparmio postale, essi sono assimilabili ai titoli del debito pubblico (Corte Cost., n. 508/1995), il che rende manifesto che la relativa disciplina è improntata ad imprescindibili esigenze di bilancio che al Governo spetta perseguire ed al Parlamento approvare, ai sensi dell’art. 81 Cost. (Corte Cost., n. 26/2020).
Ragione questa per cui non è revocabile in dubbio che la disciplina dei buoni postali fruttiferi risponda anche ad interessi generali che consentono di variare o integrare il contenuto dei documenti emessi senza ledere l’int eresse del risparmio del sottoscrittore.
E’ orientamento ormai consolidato che, data la peculiarità del rapporto tra Ente emittente e risparmiatore, la conoscenza del complessivo contenuto del documento, così come variato o integrato nel corso del rapporto, è affidata dal legislatore alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, senza cioè che sussistano obblighi informativi specifici a carico dell’Ente dalla cui osservanza dipenda la vincolatività del contenuto legislativamente integrato per il risparmiatore (Cass., Sez. U., n. 3963/2019).
Tale effetto è stato considerato costituzionalmente legittimo dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 26 del 2020 (successivamente ex multis , Cass., n.24527/2021; Cass., n. 4384/2022; Cass., n. 4748/2022; Cass., n. 4751/2022; Cass., n. 4763/2022; Cass., n. 15363/2024).
In punto di prescrizione (Cass. 23006/2023) si è poi affermato che l’applicazione del termine decennale di prescrizione di cui all’art. 8, comma 1, d.m. 19 dicembre 2000, anche alle serie già emesse, per le quali, alla data di entrata in vigore di detto d.m., non si fossero compiuti i termini di prescrizione contemplati dalla normativa previgente, comporta che anche il ” dies a quo ” venga individuato alla
stregua della nuova disciplina, coincidendo, pertanto, con la data di scadenza del titolo (e non con il 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui i buoni potevano essere riscossi).
Ne consegue che anche riguardo a tale ultimo profilo, oggetto del ricorso e non espressamente considerato dalla proposta ex art.380 bis c.p.c., le doglianze non sono fondate, avendo il giudice del merito correttamente applicato la prescrizione decennale in rapporto alla scadenza dei buoni postali.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
Non essendo stato il presente giudizio definito conformemente alla motivazione della proposta di definizione accelerata, non trovano applicazione le previsioni di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 96 c.p.c.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 2.000 per compensi e € 200 ,00 per esborsi, oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione