Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16296 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16296 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
Oggetto: specializzandi in medicina – borsa di studio ex art. 6 d. lgs. 257/91 – prescrizione – termine applicabile.
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 23175/22 proposto da:
-) COGNOME NOME, domiciliata ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore , difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
-) Presidenza del Consiglio dei Ministri , in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difesi ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova 9 maggio 2022 n. 501; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° aprile 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2016 NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Genova la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia, esponendo che:
-) dopo aver conseguito la laurea in medicina si iscrisse ad una scuola di specializzazione in ginecologia; la frequentò dal 2003 al 2008 e conseguì il diploma di specializzazione;
-) durante la frequenza del corso di specializzazione fu remunerata con una borsa di studio dell’importo di lire 21.500.000, ai sensi dell’art. 6 d. lgs. 8.8.1991 n. 257;
-) tale importo non rappresentava quella ‘adeguata remunerazione’ che gli Stati membri dell’Unione Europea avrebbero dovuto garantire, ai sensi della Direttiva 93/16/CEE.
Chiese pertanto la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione della normativa comunitaria.
Quantificò tale pregiudizio nella misura di euro 49.445,17.
Il Tribunale di Genova con sentenza 17.10.2019 n. 2464 accolse in parte la domanda.
La Corte d’appello di Genova con sentenza 9.5.2022 n. 501 accolse il gravame della Presidenza del consiglio dei ministri e dichiarò prescritto il diritto vantato dall’attrice, rigettando la domanda.
La Corte territoriale, per quanto qui ancora rileva, ritenne che la borsa di studio erogata a NOME COGNOME, dovendosi pagare mensilmente, costituiva un credito soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 4, c.c., e tale credito era già prescritto al momento dell’introduzione della lite.
La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su due motivi.
Le Amministrazioni sopra indicate non hanno notificato un controricorso; la sola Presidenza del Consiglio ha depositato un ‘atto di costituzione’ al fine dell’eventuale partecipazione alla discussione in pubblica udienza.
La ricorrente ha depositato una memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo è denunciata la violazione degli artt. 2946 e 2948 c.c.. Il motivo investe la sentenza d’appello nella parte in cui ha accolto l’eccezione di prescrizione.
La ricorrente deduce che erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, n. 4, c.c.. Sostiene che, avendo la C orte d’appello qualificato la domanda come ‘azione di adempimento contrattuale’, ne sarebbe dovuta discendere l’applicazione del termine di prescrizione decennale stabilito dalla legge per le azioni di adempimento dei contratti.
1.1. Il motivo è infondato.
L’art. 6, secondo comma, del d. lgs. 8.8.1991 n. 257, il quale disciplina la corresponsione della borsa di studio dovuta ai frequentanti le scuole di specializzazione in medicina, stabilisce che essa:
‘ viene corrisposta, in sei rate bimestrali posticipate, dalle università ‘ ;
‘ la corresponsione della borsa cessa nei confronti di coloro che non abbiano sostenuto, con esito positivo, la prova di esame annuale’ .
Queste due caratteristiche fanno della borsa di studio in esame un credito ‘ da pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi’ , ai sensi dell’art. 2948, n. 4, c.c..
La legge, infatti, stabilisce che la corresponsione della borsa di studio ‘cessi’ al verificarsi delle condizioni ivi previste, e solo di un credito da pagarsi periodicamente è concepibile la ‘ cessazione ‘.
Correttamente, pertanto, la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale.
Col secondo motivo è censurata la liquidazione delle spese di lite.
La ricorrente contesta sia la determinazione del valore della domanda (indicato in euro 7.945,17, ovvero l’importo liquidato dal Tribunale); sia la scelta della Corte territoriale di applicare i valori medi di cui al d.m. 55/14 invece che quelli minimi.
2.1. Il motivo è infondato.
L’esito finale della lite fu il rigetto della domanda.
Dunque per il primo grado il valore della causa era quello del petitum , non del decisum . Il petitum era indeterminato, e per cause di valore indeterminato e complessità bassa il d.m. 55/14 prevedeva un compenso minimo di euro 3.972 e massimo di euro 13.402.
Per il secondo grado, invece, il valore della causa era la somma disputata, ovvero euro 7.945: per cause di tale valore il compenso minimo è euro 1.984 e massimo euro 5.950 (per ambedue questi princìpi, v. Cass. Sez. 6, 12/06/2019, n. 15857).
La Corte dunque non ha ecceduto la soglia massima fissata dalla legge; lo stabilire poi se nel caso di specie l’onorario andasse determinato in base alla misura media, minima o massima è questione di fatto, riservata al giudice di merito e non sindacabile in questa sede.
Non è luogo a provvedere sulle spese per l’ indefensio delle controparti.
P.q.m.
(-) rigetta il ricorso;
(-) ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della