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Prescrizione bancaria: onere della prova del fido

In un caso di opposizione a un’esecuzione immobiliare, la Corte di Cassazione ha affrontato la questione della prescrizione bancaria per la restituzione di somme indebitamente pagate. La Corte ha stabilito che l’onere della prova sull’esistenza di un contratto di apertura di credito (fido) grava sul correntista. In assenza di tale prova, i versamenti su un conto in passivo si considerano solutori, facendo decorrere il termine di prescrizione da ogni singolo pagamento. La sentenza impugnata è stata cassata con rinvio per aver erroneamente presunto la natura ripristinatoria delle rimesse.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione bancaria: la Cassazione ribadisce l’onere della prova a carico del cliente

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un tema cruciale nei rapporti tra banche e clienti: la prescrizione bancaria e, in particolare, l’onere della prova relativo all’esistenza di un’apertura di credito (fido). Con la decisione in esame, i giudici hanno chiarito che spetta al correntista dimostrare la presenza di un fido per poter qualificare i versamenti come semplici ripristini della provvista e non come pagamenti che fanno decorrere la prescrizione. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dall’opposizione di una società a un’esecuzione immobiliare promossa da un istituto di credito per il recupero di somme derivanti da saldi passivi di conti correnti. La società opponente sosteneva non solo di non essere debitrice, ma di essere addirittura creditrice nei confronti della banca e di altri istituti intervenuti. Le ragioni si fondavano sulla presunta applicazione di interessi ultralegali non pattuiti, commissioni di massimo scoperto illegittime e, soprattutto, la capitalizzazione trimestrale degli interessi (anatocismo).

Il Tribunale di primo grado accoglieva l’opposizione, dichiarando le banche debitrici di somme indebitamente percepite. La Corte d’Appello, successivamente, confermava in larga parte la decisione, rigettando gli appelli principali degli istituti di credito. Contro questa sentenza, una delle banche ha proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui una di natura procedurale e una, decisiva, relativa alla prescrizione del diritto alla restituzione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso relativo alla violazione delle norme sull’onere della prova in materia di prescrizione, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa alla Corte d’Appello per un nuovo esame. I giudici hanno ritenuto errato il ragionamento della corte territoriale, che aveva presunto la natura ‘ripristinatoria’ di tutti i versamenti effettuati dalla società sul conto corrente, senza che quest’ultima avesse fornito la prova dell’esistenza di un contratto di apertura di credito.

Le Motivazioni: L’Onere della Prova nella Prescrizione Bancaria

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra ‘rimesse solutorie’ e ‘rimesse ripristinatorie’. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la prescrizione decennale per la richiesta di restituzione di somme indebitamente pagate alla banca decorre in modo diverso a seconda della natura del versamento:

* Se esiste un fido: I versamenti effettuati dal cliente entro i limiti del fido hanno natura ripristinatoria, poiché servono solo a ricostituire la disponibilità di credito. In questo caso, non si tratta di un pagamento vero e proprio e la prescrizione decorre solo dalla data di chiusura del conto.
* Se non esiste un fido (o se viene superato): I versamenti effettuati su un conto ‘scoperto’ hanno natura solutoria, in quanto sono a tutti gli effetti pagamenti che estinguono un debito del cliente verso la banca. Per queste rimesse, la prescrizione decorre dalla data di ogni singolo versamento.

La Corte di Cassazione ha chiarito che, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, è onere del cliente allegare e provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito. È il correntista, infatti, che invoca un fatto (l’esistenza del fido) che impedisce il decorso della prescrizione. La Corte d’Appello aveva invece errato nel presumere il carattere ripristinatorio delle rimesse sulla base della sola esistenza del rapporto di conto corrente, invertendo di fatto l’onere della prova.

Le Motivazioni: Le Questioni Procedurali Respinte

La banca ricorrente aveva lamentato anche presunte nullità procedurali legate all’acquisizione di documenti durante la Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU). La Cassazione ha ritenuto questi motivi inammissibili. I giudici hanno sottolineato che, per denunciare un vizio procedurale, non è sufficiente lamentare la violazione di una norma, ma è necessario dimostrare in modo specifico quale pregiudizio concreto sia derivato al proprio diritto di difesa. Nel caso di specie, la ricorrente non è riuscita a spiegare in che modo l’irregolare acquisizione documentale le avrebbe impedito di difendersi adeguatamente, rendendo la censura astratta e quindi inammissibile.

Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale nel contenzioso bancario: il cliente che agisce per la ripetizione dell’indebito deve essere in grado di provare i fatti costitutivi della sua pretesa. In particolare, per contrastare l’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, non può limitarsi ad affermare l’esistenza di un rapporto di conto corrente, ma deve dimostrare, attraverso la produzione del contratto, l’esistenza di un’apertura di credito. In assenza di tale prova, il rischio è che il suo diritto alla restituzione per i versamenti più datati venga dichiarato prescritto, con conseguenze significative sull’esito della causa.

A chi spetta l’onere di provare l’esistenza di un fido bancario per bloccare la prescrizione?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere di provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito (fido) grava sul correntista. È il cliente che, per impedire il decorso della prescrizione, deve dimostrare che i suoi versamenti erano ‘ripristinatori’ della provvista e non ‘solutori’ di un debito.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per la richiesta di restituzione di somme pagate alla banca?
La prescrizione decennale inizia a decorrere in momenti diversi: 1) dalla data di chiusura del conto, per le rimesse ‘ripristinatorie’ effettuate entro i limiti di un fido provato; 2) dalla data di ogni singolo versamento, per le rimesse ‘solutorie’ effettuate su un conto senza fido o oltre i limiti del fido concesso.

È sufficiente denunciare un’irregolarità procedurale per ottenere l’annullamento di una sentenza?
No. La Corte ha chiarito che non basta lamentare la violazione di una norma processuale. La parte che denuncia il vizio deve specificare quale concreto pregiudizio ha subito il suo diritto di difesa e quale risultato migliore avrebbe potuto ottenere in assenza dell’errore. Altrimenti, il motivo di ricorso è considerato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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