Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5977 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 5977 Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/03/2024
sul ricorso 15732/2017 proposto da:
REGIONE VENETO, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2925/2016 depositata il 22/12/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/11/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Venezia accogliendo, con la sentenza epigrafata, il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che ne aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto dalla Regione Veneto per la restituzione ai sensi dell’art. 389 cod. proc. civ. di somme pagate a seguito di una pregressa sentenza d’appello oggetto di cassazione, ha ritenuto prescritta la pretesa esercitata dalla Regione sulla considerazione che, nella specie, il termine decennale di prescrizione di cui all’art. 2946 cod. civ. era interamente spirato all’atto della prima interruzione, avvenuta con nota inoltrata al COGNOME a fini restitutori il 15.5.2012, decorrendo esso, infatti, dalla pubblicazione della sentenza cassatoria 7584/99 nel luglio del 1999 e non dalla sentenza di appello pronunciata in sede di rinvio nel 2004, tanto più considerando che, nel promuovere la riassunzione del giudizio a seguito dell’intervenuta cassazione, la Regione non aveva formulato alcuna domanda restitutoria.
La cassazione di detta sentenza è ora chiesta dalla soccombente con un ricorso affidato a tre motivi seguiti da memoria e resistiti dall’intimata con controricorso e memoria.
Requisitorie scritte del Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
2.1. Il primo motivo di ricorso racchiude una duplice censura.
Con una prima doglianza la Regione impugnante lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 389, 392 e 394 cod. proc. civ., poiché, nel ritenere che il termine di prescrizione per l’esercizio dell’azione di restituzione a mente dell’art. 389 cod. proc. civ. decorra dalla sentenza con cui la Cassazione ha annullato la sentenza d’appello, la Corte decidente non avrebbe considerato che solo a seguito della pronuncia di rinvio il credito restitutorio diviene definitivamente certo e liquido: «sarebbe, infatti, irragionevole imporre l’immediato e integrale recupero di quanto in precedenza pagato, se, pur applicando il principio di diritto affermato nel giudizio di Cassazione, la decisione in sede di rinvio si prospetta sfavorevole o incerta, con conseguente obbligo di restituzione di quanto recuperato».
Con una seconda doglianza la Regione impugnante lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 389 cod. proc. civ. e dell’art. 2033 cod. civ., nonché dell’art. 112 cod. proc. civ., poiché, nel ricondurre la specie azionata nell’alveo della norma processuale, la Corte decidente non si sarebbe avveduta che la ricorrente aveva incardinato il procedimento monitorio intendendo ottenere il rimborso delle somme corrisposte in forza della sentenza cassata a mente dell’art. 2033 cod. civ., e non invece dell’art. 389 cod. proc. civ.: «in presenza di tali presupposti sussiste la violazione dell’art. 112 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza impugnata».
2.2. Entrambe le doglianze, quantunque scrutinabili distintamente, sono parimenti inammissibili.
La prima lo è per il contrasto con l’art. 360bis , n. 1, cod. proc. civ. atteso che la Corte d’Appello ha regolato la specie al suo esame in palmare adesione agli orientamenti di diritto enunciati sulla questione in disamina da questa Corte, da tempo dell’avviso che «la prescrizione della domanda di restituzione conseguente alla sentenza
di cassazione, di cui all’art. 389 cod. proc. civ., decorre dalla data di tale sentenza, trattandosi di azione conseguente direttamente alla sopravvenuta inefficacia della decisione cassata e, quindi, esperibile dal momento della caducazione del titolo esecutivo precedentemente azionato dalla controparte» (Cass., Sez. IV, 5/06/2006, n. 13139; Cass., Sez. I, 15/04/1998, n. 3800 in motivazione; Cass., Sez. III, 5/09/1986, n. 5417), sicché, non offrendo il motivo elementi per confermare o rimeditare questo indirizzo -in particolare non è tale l’argomento della ricorrente perché non vede che è la sentenza di cassazione a far sorgere direttamente in favore del ricorrente vittorioso il diritto alla restituzione delle attribuzioni patrimoniali compiute in esecuzione della sentenza di merito cassata (Cass., Sez. I, 20 dicembre 1982 n. 7048) -la doglianza di che trattasi può ben dichiararsi inammissibile ai sensi della norma richiamata.
La seconda lo è invece perché, come bene annota la stessa ricorrente, l’interpretazione della domanda è compito che pertiene al giudice di merito, il cui esito non è censurabile per cassazione, sicché, in disparte dall’inconciliabilità di principio tra azione di restituzione ed azione di ripetizione (Cass., Sez. III, 20/05/2020, n. 9245; Cass., Sez. III, 20/10/2011, n. 21699; Cass., Sez. II, 12/05/2003, n. 7270), si sottrae a scrutinio il fatto che il giudice d’appello abbia inquadrato la domanda sotto l’egida dell’art. 389 cod. proc. civ., piuttosto che vedervi una condictio indebiti ; perché la cognizione del vizio denunciato postula un onere di autosufficienza, che pur se non debba essere inteso in senso troppo formalistico, impone comunque che nell’illustrazione del motivo si riproduca la domanda preterita nel suo esatto tenore, onere qui rimasto inevaso; e perché la ricorrente è priva di interesse a conseguire una diversa qualificazione della propria iniziativa, dal momento che la cassazione della sentenza, in forza della quale era stato effettuato il pagamento
di cui si chiede la ripetizione, rende nullo il titolo corrispondente, sicché, analogamente a quanto accade in relazione al contratto dichiarato nullo (Cass., Sez. I, 2/12/2016, n. 24653), nell’ipotesi in cui rispetto alla sentenza cassata si ritenesse azionabile il rimedio dell’art. 2033, la prescrizione decorrerebbe pur sempre dalla sentenza cassatoria, con l’effetto, non diverso da quello qui divisato dal decidente, che la pretesa restitutoria sarebbe comunque prescritta.
3.1. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2935, 2943 e 2945, comma 2, cod. civ., posto che il decidente del grado avrebbe erroneamente dichiarato prescritto il diritto restitutorio della ricorrente, quantunque questa riassumendo il giudizio avesse interrotto la prescrizione i cui effetti si sarebbero prodotti sino alla definizione del giudizio di rinvio: «l’atto di riassunzione dell’amministrazione regionale è stato notificato in data 13.4.2000 e ha prodotto effetti permanenti di interruzione del termine prescrizionale sino alla pronuncia del Giudice di rinvio n. 893 del 28.5.2004».
3.2. Il motivo è inammissibile.
Esso sviluppa un argomentazione indubbiamente corretta in linea di principio, ma del tutto inconferente nella specie, dal momento che, come pure riporta la stessa deducente, questa, all’atto di riassumere il giudizio a mente dell’art. 392 cod. proc. civ., aveva omesso di proporre la domanda restitutoria; e poiché, è appena il caso di ricordarlo, l’azione di restituzione è del tutto autonoma dalla riassunzione, tanto che può essere proposta anche separatamente da questa (Cass., Sez. III, 26/09/2023, n. 27409), l’interruzione della prescrizione che opera con riguardo al diritto fatto valere nel giudizio di rinvio non estende i suoi effetti anche al diritto restitutorio
dell’art. 389 cod. proc. civ. E dunque il motivo difetta palesemente di specificità.
4.1. Il terzo motivo di ricorso lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo poiché la Corte di merito adita in sede di riassunzione, benché all’atto di rassegnare le conclusioni si fosse chiesta la condanna della controparte alla rifusione delle spese di lite, non avrebbe tenuto conto che la ricorrente aveva tempestivamente azionato tale diritto di credito nel termine della prescrizione decennale: «la decisione n. 29255/2016 impugnata, pertanto, risulta viziata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., poiché la Corte d’Appello di Venezia non ha percepito un fatto negli esatti termini materiali risultante dagli atti di causa e ha omesso di valutarlo».
4.2. Il motivo è inammissibile.
Per vero non se ne coglie la decisività in relazione all’oggetto della lite, giacché l’illustrazione che ne viene offerta non chiarisce in che modo il fatto in questione -ammesso che in esso possa effettivamente vedersi un fatto rilevante (Cass., Sez. I, 08/09/2016, n. 17761) -avrebbe potuto determinare, se esaminato, un diverso esito di essa, posto che esso prova al più che se la Corte d’Appello avesse rigettato l’opposizione del COGNOME, avrebbe dovuto liquidare in applicazione del principio della soccombenza le spese di tutti i gradi del giudizio, ma non già che l’aver formulato una cotale istanza salvi il diritto di restituzione dalla prescrizione decretata dalla Corte territoriale. E, quindi, il motivo è del tutto sprovvisto di specificità.
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 3700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 15.11.2023.
Il AVV_NOTAIO COGNOME