Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 8651 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 8651 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 02/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8882-2022 r.g. proposto da:
NOME COGNOME (cod. fisc.CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dei difensori.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEimento RAGIONE_SOCIALE n. 133/2008 (cod. fisc. CODICE_FISCALE), in persona del curatore AVV_NOTAIOAVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, in virtù di procura speciale alle liti in atti, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di detto difensore in Roma, INDIRIZZO.
-controricorrente –
e nei confronti di
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME; NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME; RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del legale rappresentante p.t.; NOME COGNOME; NOME COGNOME, NOME COGNOME; RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), P_IVA.
-intimati – avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma n. 6777/2021 pubblicata il 15/10/2021 all’esito del procedimento R.G. 3219/2016 ; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/3/2024 dal AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE
1.Con atto di citazione, ritualmente notificato, la curatela del RAGIONE_SOCIALE. RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio tutti i membri dei Collegi sindacali succedutisi nella carica dal 20.9.2000 sino alla data del fallimento della predetta società debitrice (16/04/2008), per ottenere, previo accertamento della responsabilità degli stessi in conseguenza delle loro condotte omissive e commissive, la condanna, in forza del combinato disposto ex art 146 L.F ed artt. 2393 e 2394 c.c., in solido tra loro, al risarcimento dei danni cagionati alla società RAGIONE_SOCIALE e ai creditori per la somma di euro €. 71.110.692,08 o la diversa somma ritenuta equa e di giustizia.
Con separata azione, il fallimento conveniva altresì in giudizio gli amministratori della RAGIONE_SOCIALE per ottenere la condanna degli stessi, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in suo favore determinati in conseguenza delle gravi condotte di mala gestio , ricostruite sulla scorta delle rilevazioni contabili del AVV_NOTAIO COGNOMEAVV_NOTAIOCOGNOME consulente del fallimento, che avevano causato il depauperamento del patrimonio della RAGIONE_SOCIALE.
L’atto di citazione nei confronti dei sindaci veniva ritualmente notificato a tutti i convenuti in data 30/09/2011, mentre nei confronti dell’odierno ricorrente, AVV_NOTAIO COGNOME (membro del collegio sindacale della RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE nel periodo ricompreso tra il 2 novembre 2005 ed il 27 agosto 2007), l’atto di citazione veniva notificato in rinnovazione in data 6 giugno 2012.
Tutti i convenuti citati si costituivano in giudizio, chiamando in causa le rispettive compagnie di assicurazione, ed in particolare il AVV_NOTAIO. COGNOME con la propria comparsa di costituzione, nel richiedere il rigetto anche nel merito delle domande formulat e dal fallimento, sollevava l’eccezione di intervenuta prescrizione dell’azione.
5 . L’odierno ricorrente al pari degli altri sindaci convenuti eccepiva, nel corso del giudizio di primo grado, che l’azione di responsabilità promossa dal fallimento attore doveva comunque considerarsi prescritta per il decorso del termine quinquennale, e c iò sia con riferimento all’azione di cui all’art . 2393 del c.c. al momento della commissione dei fatti produttivi della responsabilità medesima, quanto al momento in cui si si sarebbe manifestata e percepita l’insufficienza del patrimonio della società verso i creditori, ai sensi dell’art . 2394 c.c. Secondo la ricostruzione fornita dal COGNOME il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione doveva essere anticipato rispetto alla data di declaratoria del fallimento, atteso che lo squilibrio e la manifesta conoscibilità dell’insufficienza patrimoniale della società si sarebbe ro manifestate certamente in data antecedente e ciò con particolare riferimento ai rapporti con il principale creditore della società, ovvero RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Roma, con riferimento a tutte le questioni pregiudiziali di merito e di rito, tratteneva la causa in decisione all’udienza del 13/07/2015, rimettendo la causa in istruttoria per la prosecuzione del giudizio di merito, e con pronuncia non definitiva del 4/11/2015 rigettava tutte le eccezioni relative alla corretta instaurazione e prosecuzione del giudizio e tra queste anche le eccezioni di prescrizione sollevate dal COGNOME.
Avverso la predetta sentenza non definitiva interponeva appello il COGNOME, mentre gli altri sindaci e le compagnie di assicurazione chiamate in causa nel giudizio di primo grado si costituivano con appello incidentale ed in particolare il AVV_NOTAIO. COGNOME che, con unico motivo di gravame, deduceva l’erroneità della sentenza non definitiva n. 22268/15 relativamente al capo con cui veniva rigettata l’eccezione di prescrizione. Più in particolare assumeva il COGNOME l’erroneità del ragionamento con cui il Tribunale di primo
grado aveva escluso la natura ‘confessoria’ della dichiarazione, contenuta alla pag. 8 della comparsa conclusionale depositata nell’interesse del fallimento, negando che il deterioramento dei rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE si fosse esternalizzato rispetto alla massa dei creditori e fosse dunque rimasto un fatto interno relegato all’irrilevanza e trascurando che RAGIONE_SOCIALE – essendo stato il principale creditore – avrebbe reso percepibile ai terzi lo stato di grave e definitivo squilibrio patrimoniale; insisteva, dunque, ‘ nel ritenere che il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione dell’azione dovesse essere individuato, per tutti i componenti dell’organo sociale a partire dal 24/05/2007 data in cui i rapporti con RAGIONE_SOCIALE si compromettevano irrimediabilmente … ‘ ; chiedeva pertanto che venisse dichiarata, rispetto alla propria posizione, la prescrizione quinquennale atteso che la citazione gli era stata notificata in rinnovazione in data 4/06/2012.
La Corte di appello di Roma , all’esito della discussione orale resa ex art . 281 sexies c.p.c. e nella resistenza dell’appellato RAGIONE_SOCIALE, si pronunciava con la sentenza qui oggetto di ricorso per cassazione, rigettando tutte le eccezioni preliminari e pregiudiziali, confermando dunque la sentenza impugnata e condannando i convenuti al pagamento delle spese di lite in favore del fallimento RAGIONE_SOCIALE.
La sentenza, pubblicata il 15.10.2021, è stata impugnata da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1.Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2394, 2407, 2697, 2935, 2341 c .c. e dell’art 146 l. fall.: quale appellante incidentale, già aveva lamentato innanzi alla Corte di appello che lo stesso RAGIONE_SOCIALE avesse prospettato quale dies a quo di decorrenza della prescrizione la data del 24.5.2007, la quale aveva segnato il momento in cui i rapporti tra il creditore RAGIONE_SOCIALE e il debitore RAGIONE_SOCIALE si erano irrimediabilmente compromessi ed era stato revocato il piano di rientro con decadenza dal beneficio del termine. Ricorda sempre il ricorrente che, in sede di gravame, aveva
evidenziato che il Tribunale aveva erroneamente negato che il deterioramento dei rapporti si fosse esternalizzato rispetto alla massa dei creditori e fosse invece rimasto un fatto interno relegato all’irrilevanza, trascurando che RAGIONE_SOCIALE era stato il principale creditore, tanto che quel fatto avrebbe invece reso percepibile dai terzi e percepito da RAGIONE_SOCIALE lo stato di grave e definitivo squilibrio patrimoniale. Aveva anche evidenziato, come appellante incidentale, che l’azione di respo nsabilità esercitabile dai creditori in relazione a tutte le sue condotte doveva ritenersi comunque prescritta per tutte le condotte anteriori al quinquennio, termine che partirebbe a ritroso dalla notifica dell’atto di citazione del 4.6.2012.
1.1 Ritiene il ricorrente che la motivazione adottata dalla Corte di appello sarebbe erronea, in quanto: (a) considerato il rilevante ‘peso’ del creditore RAGIONE_SOCIALE, con riferimento alla massa dei creditori RAGIONE_SOCIALE, sarebbe stato evidente che, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, il deterioramento dei rapporti tra tali società aveva determinato quello stato di grave e definitivo squilibrio patrimoniale della seconda, conoscibile dai terzi e sicuramente conosciuto da RAGIONE_SOCIALE, quale componente del ceto creditorio; (b) la circostanza che la RAGIONE_SOCIALE fosse innegabilmente il più rilevante creditore della RAGIONE_SOCIALE non poteva consentire di ritenere ragionevole l’affermazione, contenuta in sentenza, secondo cui il deterioramento del rapporto -tra le stesse società -non fosse ‘esternalizzato’ rispetto alla massa dei creditori e che rimane sse come fatto ‘interno’, rel egato al livello di irrilevanza giuridica; (c) non risultava neanche rilevante che la curatela fallimentare, nella propria comparsa conclusionale di primo grado, avesse riconosciuto che ‘il rapporto con RAGIONE_SOCIALE si deteriorava … nell’anno di esercizio 2007 allorquando RAGIONE_SOCIALE, preso atto dell’incapacità della società di onorare i pagamenti concordati, comunicava alla RAGIONE_SOCIALE e al RAGIONE_SOCIALE la risoluzione di diritto dell’accordo …’, posto che, in considerazione della riconosciuta ‘incapacità di onorare i debiti’ per ‘milioni di euro’, da parte della RAGIONE_SOCIALE, e vista la manifestazione di volontà della RAGIONE_SOCIALE di provvedere alla intimazione di pagamento descritta negli scritti del RAGIONE_SOCIALEimento, non poteva non essere contestata la correttezza della conclusione, raggiunta dalla Corte di merito, per cui si sarebbe trattato di una situazione
di crisi finanziaria e economica della RAGIONE_SOCIALE ‘non esternalizzata’ e sconosciuta ai propri creditori, tra cui in primis RAGIONE_SOCIALE; (d) la Corte d’appello sarebbe incorsa nell’ ulteriore errore di considerare l’art 2394 c.c. come una norma legittimante un’azione collettiva , richiedente cioè necessariamente una pluralità di creditori avvertiti della insufficienza del patrimonio sociale, e non già (e non solo) alla stregua di una azione proponibile da un singolo rilevante creditore, consapevole della crisi economico-finanziaria della società; (e) in ogni caso, laddove si fosse ritenuto di far decorrere il termine di prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità dei sindaci dal momento della commissione dei fatti produttivi della responsabilità medesima, le pretese del fallimento verso il ricorrente sarebbero prescritte con riferimento alle vicende anteriori al 4 giugno 2007 (in quanto l’atto di citazione in rinnovazione gli era stato notificato in data 4 giugno 2012).
Le doglianze, così articolate, sono inammissibili per un duplice e concorrente ordine di motivi.
2.1 Sotto un primo profilo, non può sfuggire che il ricorrente, sotto l’egida applicativa del vizio di violazione e falsa applicazione di legge (sub artt. 2394, 2407, 2697, 2935, 2341 n.7, 2942 2 comma c.c. e dell’art 146 L.F), pretende una rilettura della vicenda fattuale, in ordine al profilo di conoscibilità dello stato di squilibrio patrimoniale della società poi dichiarata fallita, scrutinio quest’ultimo che, richiedendo il riesame degli atti istruttori, esula dall’ambito di sindacato del giudice di legittimità.
2.2 Sotto altro profilo, le doglianze sono inammissibili, ai sensi dell’art. 360bis c.p.c., perché le statuizioni giudiziali qui censurate sono in linea con i principi affermati nella materia in esame dalla giurisprudenza di legittimità e il ricorrente non apporta neanche argomenti significativi per superare tali approdi interpretativi.
E’ stato invero affermato che l ‘azione di responsabilità dei creditori sociali nei confronti degli amministratori di società ex art. 2394 c.c., pur quando promossa dal curatore fallimentare a norma dell’art. 146 l.fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti (e non anche dall’effettiva conoscenza di tale situazione), che, a sua
volta, dipendendo dall’insufficienza della garanzia patrimoniale generica (art. 2740 c.c.), non corrisponde allo stato d’insolvenza di cui all’art. 5 della l.fall., derivante, “in primis”, dall’impossibilità di ottenere ulteriore credito. In ragione della onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data anteriore di insorgenza dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se non per vizi motivazionali, ora denunciabili ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. (Sez. 1, Sentenza n. 24715 del 04/12/2015; vedi anche: n. 13378 del 2014; Sez. 1, Ordinanza n. 3552 del 06/02/2023; Cass. n. 5374/2023).
Ebbene, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio secondo cui, in virtù di una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, occorre far decorrere la RAGIONE_SOCIALE da tale dichiarazione, ricadendo, poi, sull’amministratore (o sul sindaco) la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, ‘ la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. ‘ (così, Cass. n. 3552/2023).
Ma nel caso di specie il ricorrente non ha fornito in alcun modo tale prova contraria.
2.3 Da ultimo, il ricorrente contesta al provvedimento impugnato di aver ritenuto che la percezione della insufficienza patrimoniale richiedesse un requisito diffuso presso più creditori, anziché presso uno (com’era nel caso, la RAGIONE_SOCIALE).
Sul punto preme al Collegio sottolineare che detta proposizione giudiziale non esprime in realtà una ratio decidendi vera e propria, altra essendo la ricostruzione oggettiva della nozione di ‘risultanza’ di tale insufficienza patrimoniale, così come doviziosamente evidenziato dalla Corte di appello (cfr. pag.10 sentenza impugnata), ove si indicano alcuni fattori, nessuno
integrato in fatto, e soprattutto si evidenzia che l ‘ esatta situazione patrimoniale era emersa solo a seguito di C.t.u. in sede fallimentare, circostanza che conferma che il dies a quo era proprio da rintracciare nella dichiarazione di fallimento.
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 15.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.3.2024