Sentenza di Cassazione Civile Sez. U Num. 34735 Anno 2024
Civile Sent. Sez. U Num. 34735 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/12/2024
1. Con sentenza del 23 febbraio 2024, il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato, per quanto interessa, il ricorso dell’Avv. NOME COGNOME iscritto all’Ordine degli Avvocati del Foro di Modena e di altro avvocato dello stesso Foro, avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense della Corte d’appello di Bologna, che li aveva ritenuti responsabili degli addebiti oggetto dei capi di incolpazione (violazione degli artt. 9, 19 e 12 dei codici deontologici forensi ratione temporis vigenti), per avere: a ) chiesto compensi professionali superiori a quelli pattuiti dal cliente con RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE; b ) compiuto un accaparramento di clientela in base a convenzione stipulata con essa; c ) assunto il patrocinio del cliente senza adeguata competenza tecnica ed applicato le rispettive sanzioni disciplinari della sospensione di due mesi dall’esercizio dell’attività professionale (al primo) e della censura (al secondo).
Il Consiglio Nazionale ha condiviso la ricostruzione dei fatti del Consiglio Distrettuale di Disciplina e, in esito ad argomentato scrutinio delle risultanze istruttorie (in riferimento particolare alla scrittura privata sottoscritta, in data prossima anteriore al 24 luglio 2014, dai due avvocati incolpati con la società suindicata, con la quale si erano impegnati a corrisponderle parte dei compensi professionali), ritenuto provata la responsabilità dei due professionisti, ravvisando la congruità delle sanzioni disciplinari loro rispettivamente comminate.
Per quanto più specificamente ancora interessa, il Consiglio Nazionale ha acquisito come incontestata la stipulazione, da parte dei due professionisti, di una convenzione con RAGIONE_SOCIALE, che richiedeva di ‘uniformarsi alle sue direttive e al suo codice deontologico … a tutela del cliente RAGIONE_SOCIALE … proprio in ragione del fatto che il cliente ha preventivamente sottoscritto il contratto con SDL ‘ , regolanti i profili dei compensi esigibili dai clienti: convenzione limitante
la loro indipendenza defensionale e libertà di scelte tecniche e di designazione di altre professionalità eventualmente coinvolte nella tutela della parte assistita. Oltre a ciò, con essa, gli avvocati si erano impegnati a retrocedere alla società una parte dei compensi professionali.
Con ricorso notificato il 25 marzo 2024, l’avv. COGNOME ha proposto ricorso davanti a queste Sezioni Unite con un unico motivo, illustrato da memoria finale; il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Modena intimato non ha svolto difese.
Il Procuratore generale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo, il ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 56 della legge n. 247/2012, per prescrizione dell’azione disciplinare in relazione all’addebito del divieto di accaparramento di clientela, decorrente dalla sottoscrizione, in data prossima anteriore al 24 luglio 2014, della convenzione con RAGIONE_SOCIALE e consumata, per lo spirare del periodo prescritto (di sei anni non prolungabile oltre il quarto di durata, e quindi) di sette anni e mezzo, alla data del 24 gennaio 2022, ampiamente prima della pubblicazione della sentenza impugnata (23 febbraio 2024): ben rilevabile anche in sede di legittimità, non occorrendo indagini di fatto, per la sua risultanza tavolare (in base a detta scrittura di convenzione).
Esso è fondato.
Giova premettere che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite di questa Corte, ai sensi dell’art. 56, terzo comma R.D.L. 1578/1933, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ai sensi dell’art. 111 Cost., per vizio di motivazione, con la conseguenza che, salva l’ipotesi di sviamento di potere, in cui il potere disciplinare sia usato per un fine diverso rispetto a quello per il quale è stato conferito, l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua gravità ai fini della concreta individuazione della condotta costituente illecito disciplinare e della valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non può essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza (Cass. S.U. 2 dicembre 2016, n. 24647; Cass. S.U. 31 luglio 2018, n. 20344).
È noto, inoltre, che il codice deontologico forense non abbia carattere normativo, essendo costituito da un insieme di regole che gli organi di governo degli avvocati si sono date per attuare i valori caratterizzanti la propria professione e garantire la l ibertà, la sicurezza e l’inviolabilità della difesa, con la conseguenza che la violazione del codice rileva in sede giurisdizionale solo quando si colleghi all’incompetenza, all’eccesso di potere o alla violazione di legge, ossia ad una delle ragioni per le quali l’art. 36 l. 247/2012 consente il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, per censurare unicamente un uso del potere disciplinare da parte degli ordini professionali per fini diversi da quelli per cui la legge lo riconosce (Cass. 25 giugno 2013, n. 15873; Cass. S.U. 17 maggio 2021, n. 13168, in motivazione sub p.to 1.1)
Nell’odierno giudizio, l’addebito di accaparramento di clientela contestato all’Avv. COGNOME (in data prossima anteriore al 24 luglio 2014) è soggetto ratione temporis alla disciplina prevista dall’art. 56 legge n. 247/2012, per essere la data del fatto commesso (che individua il regime disciplinare applicabile: ex plurimis , Cass. S.U. 28 ottobre 2020, n. 23746, in motivazione sub p.to 7.6) successiva alla sua entrata in vigore il 2 febbraio 2013.
Esso stabilisce che ‘l’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto’ (primo comma) e che ‘in nessun caso il termine stabilito nel primo comma può essere prolungato di oltre un quarto’ (terzo comma), fissando il termine complessivo di prescrizione dell’azione disciplinare nella misura massima di sette anni e mezzo dal fatto di rilevanza deontologica (come appunto nel caso di specie, per essere stato il termine di sei anni interrotto dal l’avvio del procedimento disciplinare n. 142/2017).
4.1. Secondo l’insegnamento di questa Corte, l’eccezione di intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare sollevata in sede di legittimità è ammissibile, essendo rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, qualora la sua soluzione non comporti indagini fattuali (che in questa sede sarebbero precluse). Ed essa, nel nuovo ordinamento professionale forense, al di là degli effetti della sospensione e dell’interruzione, non può comunque essere prolungata di oltre un quarto rispetto ai sei anni indicati nel primo comma dell’art. 56. Sicché, il termine complessivo di prescrizione dell’azione disciplinare
deve intendersi in sette anni e mezzo (Cass. 4 novembre 2022, n. 32634, in motivazione sub p.ti 3 e 5; Cass. 27 marzo 2023, n. 8558, in motivazione sub p.to 15).
Nel caso di specie, l’addebito di accaparramento di clientela è stato contestato all’Avv. COGNOME per avere stipulato una convenzione con RAGIONE_SOCIALE (che richiedeva di ‘uniformarsi alle sue direttive e al suo codice deontologico …
a tutela del cliente RAGIONE_SOCIALE … proprio in ragione del fatto che il cliente ha preventivamente sottoscritto il contratto con SDL’ , regolanti i profili dei compensi esigibili dai clienti, di limitazione dell’indipendenza defensionale, di libertà di scelte tecniche e di designazione di altre professionalità eventualmente coinvolte nella tutela della parte assistita, con impegno dell’avvocato alla retrocedere alla società di una parte dei compensi professionali), con scrittura privata sottoscritta in data prossima anteriore al 24 luglio 2014, si è prescritto il 24 gennaio 2022, prima dell’odierna udienza di discussione e pure della pubblicazione della sentenza impugnata (23 febbraio 2024).
Il ricorso deve pertanto essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata per la prescrizione dell’azione disciplinare limitatamente all’illecito di accaparramento di clientela e rinvio al Consiglio Nazionale Forense per la nuova determinazione della sanzione e la compensazione delle spese del giudizio di legittimità tra le parti, non avendo il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Modena svolto attività difensiva di contrasto.
P.Q.M.
La Corte
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata per la prescrizione dell’azione disciplinare limitatamente all’illecito di accaparramento di clientela e rinvia al Consiglio Nazionale Forense per la nuova determinazione della sanzione; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità tra le parti.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2024