LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prescrizione anatocismo: onere della prova sul cliente

Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per la restituzione di interessi anatocistici. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5517/2024, ha confermato la prescrizione decennale per l’azione di ripetizione, decorrente dalla chiusura del conto corrente affidato. Ha però precisato un punto cruciale: l’onere di provare la natura ripristinatoria dei versamenti, ai fini della decorrenza della prescrizione, spetta al correntista che agisce in giudizio, e non alla banca. Nonostante un errore di diritto della corte d’appello su questo punto, il ricorso della banca è stato rigettato perché non aveva mai contestato l’esistenza di un affidamento che coprisse i versamenti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Prescrizione Anatocismo: La Cassazione chiarisce l’onere della prova

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema centrale nel contenzioso bancario: la prescrizione anatocismo. La decisione chiarisce un principio fondamentale sull’onere della prova riguardo alla natura dei versamenti effettuati dal correntista su un conto affidato, con importanti implicazioni pratiche per le azioni di ripetizione dell’indebito.

I Fatti di Causa

Una società citava in giudizio il proprio istituto di credito per ottenere la restituzione di circa 23.600 euro, versati a titolo di interessi anatocistici su un conto corrente assistito da apertura di credito. La banca si difendeva eccependo, tra le altre cose, la prescrizione del diritto alla restituzione.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda della società, condannando la banca a restituire circa 15.600 euro. La Corte d’Appello, successivamente, respingeva sia l’appello principale della banca sia quello incidentale della società, confermando la decisione di primo grado. In particolare, i giudici di secondo grado ritenevano applicabile la prescrizione decennale e non quella quinquennale, affermando che l’onere di provare la natura solutoria delle rimesse (e quindi una diversa decorrenza della prescrizione) gravasse sulla banca. Contro questa decisione, l’istituto di credito proponeva ricorso in Cassazione.

La questione della prescrizione anatocismo e l’onere della prova

Il cuore della controversia davanti alla Suprema Corte riguarda le regole sulla prescrizione anatocismo in un rapporto di conto corrente affidato. La questione si articola su tre punti principali:

1. Durata della prescrizione: La Corte conferma il suo orientamento consolidato secondo cui l’azione di ripetizione dell’indebito è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale.
2. Decorrenza del termine: Nei contratti di conto corrente con apertura di credito, la prescrizione non decorre da ogni singola annotazione di interessi, ma dalla data di chiusura del conto. Questo perché i versamenti effettuati entro i limiti dell’affidamento non costituiscono un ‘pagamento’ vero e proprio, ma semplici ‘rimesse ripristinatorie’ della provvista.
3. Onere della prova: Questo è il punto più innovativo e chiarificatore della sentenza. La Corte d’Appello aveva erroneamente addossato alla banca l’onere di provare quali versamenti avessero natura solutoria (cioè eccedenti l’affidamento). La Cassazione corregge questa impostazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte rigetta il ricorso della banca, ma ne approfitta per enunciare un principio di diritto fondamentale. I giudici chiariscono che, a fronte dell’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, è il correntista (attore) che ha l’onere di provare la natura ripristinatoria delle rimesse. Spetta, infatti, a chi agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito dimostrare i fatti costitutivi del proprio diritto, inclusa la circostanza che i versamenti non avevano estinto un debito ma solo ripristinato la linea di credito, impedendo così la decorrenza della prescrizione.

Tuttavia, nel caso specifico, questo errore della Corte d’Appello è stato giudicato irrilevante. La stessa banca, infatti, non aveva mai contestato che il conto fosse ‘pacificamente affidato’ e non aveva mai allegato che i versamenti avessero superato i limiti di tale affidamento. Di conseguenza, la natura ripristinatoria dei versamenti era un fatto non controverso, e la prescrizione non poteva che decorrere dalla chiusura del conto.

Le Motivazioni

La Corte fonda la sua decisione sul principio consolidato secondo cui l’azione di ripetizione di indebito, proposta dal cliente di una banca per la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale, è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale. La decorrenza di tale termine è fissata alla chiusura del conto quando i versamenti hanno avuto solo funzione ripristinatoria della provvista. La Cassazione, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 15895/19), afferma che è sul correntista attore che grava l’onere di provare la natura ripristinatoria delle rimesse. La banca può limitarsi a eccepire l’inerzia del titolare del diritto. L’errore della corte territoriale su questo punto viene superato dalla non contestazione, da parte della banca stessa, dell’esistenza di un affidamento che rendeva i versamenti intrinsecamente ripristinatori.
Per quanto riguarda il ricorso incidentale della società, relativo alla mancata restituzione delle commissioni di massimo scoperto, la Corte lo dichiara inammissibile, confermando che la domanda iniziale era chiaramente circoscritta agli interessi anatocistici e non poteva essere estesa in corso di causa.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti spunti pratici. In primo luogo, consolida il principio della prescrizione decennale per le azioni di ripetizione di interessi anatocistici su conti affidati, con decorrenza dalla chiusura del rapporto. In secondo luogo, e soprattutto, chiarisce in modo definitivo che l’onere di dimostrare che i versamenti rientravano nei limiti dell’affidamento (e che quindi la prescrizione non è ancora maturata) spetta al cliente. Questo rafforza la necessità per i correntisti che intendono agire in giudizio di preparare una documentazione contabile completa e dettagliata, come gli estratti conto integrali, per sostenere le proprie ragioni.

Qual è il termine di prescrizione per l’azione di ripetizione degli interessi anatocistici su un conto corrente affidato?
Il termine di prescrizione è quello ordinario decennale. Secondo la giurisprudenza consolidata, tale termine decorre non da ogni singolo addebito, ma dalla data di chiusura definitiva del rapporto di conto corrente, poiché solo in quel momento si può individuare un pagamento suscettibile di ripetizione.

Su chi grava l’onere di provare la natura (solutoria o ripristinatoria) dei versamenti ai fini della prescrizione?
A fronte di un’eccezione di prescrizione sollevata dalla banca, l’onere di provare la natura ripristinatoria dei versamenti (cioè effettuati entro i limiti dell’affidamento) grava sul correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito. È lui a dover dimostrare i fatti che impediscono la decorrenza della prescrizione dalle singole rimesse.

Una richiesta di restituzione per interessi anatocistici può includere anche le commissioni di massimo scoperto se non esplicitamente menzionate nella domanda iniziale?
No. La domanda giudiziale definisce l’oggetto del processo. Se la richiesta iniziale è specificamente limitata alla restituzione degli interessi percepiti in violazione dell’art. 1283 c.c. (anatocismo), il giudice non può condannare la banca a restituire anche le commissioni di massimo scoperto, anche se emerse dalla consulenza tecnica, poiché si tratterebbe di una pronuncia su una domanda non proposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati