Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7318 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 7318 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18041-2022 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 12/01/2022 R.G.N. 708/2020;
Oggetto
Esposizione amianto
Diritto rivalutazione contributiva
Prescrizione
Dies a quo
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 14/12/2023
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/12/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
la Corte di appello di Catania, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda originariamente proposta dall’odierno ricorrente, volta all’accertamento dell’esposizione qualificata all’amianto e al riconoscimento della rivalutazione contributiva;
la Corte territoriale ha ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione formulata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE. Richiamati i precedenti di legittimità che, in punto di individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, ancorano la decorrenza al momento di conoscenza, da parte dell’assicurato, dell’esposizione all’amianto, ha ritenuto che tale momento, nella fattispecie concreta, fosse da collegare alla presentazione all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE della domanda di rilascio della relativa attestazione. Per la Corte, la consapevolezza dell’esposizione era «logicamente acquisita» alla data di inoltro all’Istituto assicuratore della domanda di attestazione d ell’esposizione qualificata. Ha ritenuto, invece, che, in linea di principio, ai fini di detta consapevolezza, non incidesse in alcun modo il pensionamento che poteva anche non essere intervenuto al momento della presentazione della domanda amministrativa e della stessa domanda giudiziale volta al conseguimento dei benefici da esposizione ad amianto. Nel concreto, ha fissato il dies a quo alla data del 19 marzo 2004; pertanto, alla data della presentazione della domanda amministrativa all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, il 15 maggio 2015, il diritto era oramai prescritto;
avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione la parte in epigrafe, con cinque motivi, illustrati con memoria;
ha resistito, con controricorso, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
il Collegio, all’esito dell’adunanza camerale, ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui all’art. 380 bis 1, comma 2, cod.proc.civ.
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo -ai sensi dell’art. 360 n n. 3 e 5 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 cod.civ.; degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. nonché «omessa motivazione su un punto controverso decisivo» per avere la Corte di appello erroneamente fissato il dies a quo al momento di presentazione della domanda all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e non, come aveva statuito il Tribunale, al l’atto del pensionamento ;
con il secondo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. – è dedotta motivazione apparente in violazione dell’art. 132 cod.proc.civ. e dell’art. 118 disp.att.cod.proc.civ., per non aver la pronuncia impugnata offerto una logica spiegazione dell’individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione e, in particolare, della acquisita consapevolezza al momento della presentazione dell’istanza all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
con il terzo motivo ai sensi dell’art. 360 nr. 3 cod.proc.civ.- è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ. per avere la Corte di appello fondato il suo convincimento, circa il decorso della prescrizione, in difetto di qualsiasi elemento anche presuntivo che attestasse la piena consapevolezza dell’esposizione all’amianto;
con il quarto motivo ai sensi dell’art. 360 nn. 3 e 5 cod.proc.civ. – è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 2946 cod.civ. sotto l’ulteriore profilo
dell’omesso esame di un punto decisivo attinente alla valenza dell’attestazione RAGIONE_SOCIALE di esposizione all’amianto;
parte ricorrente osserva c he l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non aveva rilasciato alcun attestato e che, pertanto, alcuna domanda l’interessato avrebbe potuto presentare all’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE;
i motivi presentano profili di stretta connessione e vanno, pertanto, congiuntamente esaminati;
essi, nel complesso, sono infondati;
la Corte distrettuale ha esaminato la fattispecie concreta conformandosi ai principi che, in materia, ha elaborato la giurisprudenza di legittimità;
questa Corte ha affermato che «il decorso della prescrizione va fissato al momento della maturata consapevolezza dell’esposizione»;
ha anche precisato che il giudizio concernente la consapevolezza dell’esposizione qualificata all’amianto costituisce un tipico accertamento di fatto, come tale insindacabile in sede di legittimità, se non nei ristretti limiti dell’art. 360 nr.5 cod.proc.civ. (tra le tante, Cass. nr. 1584 del 2019);
per quanto qui più rileva, questa Corte ha, peraltro, già ritenuto plausibile il giudizio circa l’ «acquisita consapevolezza» dell’esposizione all’amianto se fondato sul «fatto stesso dell’inoltro all’RAGIONE_SOCIALE della domanda di accertamento» precisandosi anche che, a detti fini, resta «irrilevante l ‘ esito della stessa» (Cass. nr. 2244 del 2023; Cass. nr.1609 del 2022; nello stesso senso Cass. nn. 3586 e 1098 del 2019; in precedenza, Cass. nr. 2856 del 2017);
la Corte di appello, con accertamento di merito, non adeguatamente censurato in questa sede, ha ritenuto di collegare la consapevolezza dell’esposizione qualificata all’amianto al fatto che l ‘interessato avesse richiesto all’ente preposto (RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE il rilascio della relativa attestazione e ha
ritenuto, in linea di principio, irrilevante il momento del pensionamento; inoltre, sia pure implicitamente, ha giudicato non ostativo all’esercizio del diritto il fatto che l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE non avesse riscontrato la richiesta;
18. in modo evidente, il giudizio reso si pone in linea con gli esposti insegnamenti della Corte ed è, pertanto, esente dai mossi rilievi;
19. diviene, a questo punto, quasi superfluo osservare, quanto alla denuncia di una carenza motivazionale, che la riformulazione dell’art. 360 , comma 1, nr. 5 cod.proc.civ., deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione, con la conseguenza che è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (Cass., Sez.Un., nn. 8053 e 8054 del 2014 e plurime successive conformi: tra le tante, più di recente, Cass. nr. 15495 del 2022). Situazioni che, per quanto innanzi, sono senz’altro da escludere con riferimento alla pronuncia impugnata;
20. in ultimo, è il caso di osservare che neppure sono pertinenti i richiami agli artt. 115 e 116 cod.proc.civ. dal momento che non risultano illustrati errori di applicazione delle regole dagli stessi tracciate: la Corte di merito ha pronunciato in base alle prove richieste dalle parti e attribuito alle stesse il valore che la legge prevede;
21. ripetutamente questa Corte afferma che una questione di violazione dell’art. 115 cod.proc.civ. può porsi
solo allorché la parte ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (cfr. Cass., Sez.Un. nr. 20867 del 2020, che ha pure precisato che «è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.»); è configurabile, invece, una violazione dell’art. 116 cod.proc.civ. ove il giudice abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione;
22. del resto – e conclusivamente – affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 nr. 4 cod.proc.civ. e degli artt. 115 e 116 cod.proc.civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (Cass. nr. 35782 del 2023, in motivazione); tanto è stato fatto dalla Corte di appello;
23. con il quinto motivo -ai sensi dell’art. 360 nr. 4 cod.proc.civ. -è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 92;
24. il ricorrente assume che la statuizione sulle spese è «illegittima e abnorme»;
25. anche l’u ltimo motivo è infondato;
26. la Corte di appello ha addossato alla parte soccombente il peso delle spese processuali;
27. la statuizione adottata non è sindacabile. Il mancato esercizio del potere di compensazione non può essere dedotto quale motivo di illegittimità della pronuncia di merito che ha applicato il principio della soccombenza (Cass. nr. 22224 del 2014). La giurisprudenza è concorde nel ritenere che, in tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con un’espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione -(Cass. nr. 11329 del 2019. In motivazione, pp. 10.5 e ss., Cass., Sez.Un., n.20404 del 2019);
il ricorso va, dunque, rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità;
sussistono i presupposti processuali per il versamento del doppio contributo, ove lo stesso risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura di legge e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 14