Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 32729 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 32729 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 35008-2019 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 111/2019 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 14/05/2019 R.G.N. 5/2019;
Oggetto
R.G.N. 35008/2019
COGNOME
Rep.
Ud. 27/09/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
NOME impugna la sentenza della Corte appello Potenza n. 111/2019 che ha accolto il gravame dell’INPS avverso la pronuncia del Tribunale di Matera che aveva dichiarato il suo diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione ad amianto per il periodo dal 3/7/1972 al 31/5/1991 e dal 1/11/1991 al 31/12/1995.
Il giudice di appello ha ritenuto che il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, dotato di specifica autonomia, sorga per effetto dell’esposizione qualificata all’amianto ultradecennale e possa essere fatto valere al massimo entro la data del pensionamento, quando necessariamente l’esposizione morbigena cessa, di talchè tale data rappresenta il momento ultimo per il perfezionamento dei requisiti costitutivi del beneficio ed anche per la decorrenza del termine di prescrizione. Di conseguenza, ha concluso che nella specie il termine decennale di prescrizione era oramai decorso.
Il ricorso è affidato a sei motivi, illustrati da memoria.
L’ INPS non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Chiamata la causa all’adunanza camerale del 27 settembre 2024, il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di giorni sessanta (art.380 bis 1, secondo comma, c.p.c.).
CONSIDERATO CHE
Il ricorrente propone sei motivi di censura.
I Motivo) violazione dell’art. 434 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ.- omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello per totale assenza di esposizione delle questioni e dei punti contestati della sentenza di primo grado e delle relative doglianze.
II Motivo) violazione degli artt. 132 cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. -motivazione mancante o apparente, per avere la Corte genericamente individuato il dies a quo del termine prescrizionale in materia di benefici previdenziali alla data del pensionamento.
III Motivo) violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 2935 cod. civ. e del precetto per cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere.
IV Motivo) violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., degli artt. 2727 e 2729 cod. civ. per aver la Corte ritenuto che il dies a quo fosse da individuarsi dal collocamento in quiescenza in assenza di qualsiasi prova.
V Motivo) violazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo, per aver del tutto trascurato l’esistenza della domanda di rilascio di certificazione all’INAIL in data 10 aprile 2010.
VI Motivo) violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 2934 cod. civ. per aver la Corte ritenuto prescrittibile il diritto alla rivalutazione contributiva per soggetti già pensionati o collocati in mobilità alla data del 2 ottobre 2003.
Il primo motivo, con cui si chiede la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per omessa declaratoria di inammissibilità dell’appello, è inammissibile in considerazione delle modalità di formulazione, che non rispettano la regola di specificità di cui all’art. 366 cod. proc. civ. la quale avrebbe imposto al ricorrente di riprodurre quantomeno i passaggi essenziali dell’atto di appello e della pronuncia di primo grado, onde consentire a questa Corte di operare un’effettiva verifica dell’entità degli errori contenuti nell’atto e della loro idoneità ad impedire una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata.
Tali lacune valgono a precludere l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, atteso che tale potere presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, c.p.c., che deve essere modulato secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse ( ex multis , Cass. n. 21346/2024, n. 3397/2024).
Se, infatti, il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione -quale corollario del requisito di specificità dei motivi -anche alla luce dei principi contenuti nella sentenza CEDU Succi e altri c. Italia del 28 ottobre 2021 -non va interpretato in modo eccessivamente formalistico, così da incidere sulla sostanza stessa del diritto in contesa, e non può tradursi in un ineluttabile onere di integrale trascrizione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, peraltro è necessario che nel ricorso sia puntualmente indicato il contenuto degli atti richiamati all’interno delle censure e sia specificamente
segnalata la loro presenza negli atti del giudizio di merito (SSUU n. 8950/2022)
Quanto agli ulteriori motivi, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida -desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. -va esaminato il secondo motivo di ricorso, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, motivo con il quale il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per assenza di effettiva motivazione in ordine alla individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione del diritto alla rivalutazione contributiva per esposizione qualificata ad amianto dalla data del pensionamento.
Come noto, in sede di legittimità possono essere sindacate quelle anomalie della motivazione che si tramutino in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinenti all’esistenza della motivazione in sé, sempre che il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Vengono in rilievo, a tale riguardo, la mancanza assoluta di motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico, la motivazione apparente, il contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, la motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile.
In particolare, l’apparenza della motivazione presuppone che non sia percepibile il fondamento della decisione, evenienza che si verifica quando la pronuncia racchiuda argomentazioni obiettivamente inidonee a illustrare il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi d emandare all’interprete il compito d’integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture.
Ciò premesso, il diritto alla rivalutazione contributiva, di cui all’art. 13, comma 8, della legge n. 257 /1992, è assoggettato a
prescrizione decennale, «con decorrenza dal momento in cui l’interessato abbia avuto conoscenza o potesse avere conoscenza del fatto di essere stato esposto oltre soglia ad amianto, durante le proprie lavorazioni» (Cass. n. 26935/2018). Nella fattispecie tipizzata dalla legge, la consapevolezza o la conoscibilità si palesano indispensabili al fine di individuare il termine di decorrenza della prescrizione del diritto vantato (di recente, Cass. n. 25779/2023), devono essere positivamente e puntualmente accertate e di tale accertamento va dato conto in sentenza.
Nella specie, la Corte territoriale ha fatto coincidere il dies a quo di decorrenza della prescrizione con la data del pensionamento tout court , senza svolgere i necessari accertamenti per individuare il momento in cui l’attuale ricorrente avesse acquisito consapevolezza o potesse avere acquisito consapevolezza della avvenuta esposizione e senza esplicitare comprensibili ragioni a fondamento della propria decisione.
I Giudici di merito si sono, infatti, limitati ad affermare che, ‘ poiché elemento costitutivo del diritto …è l’esposizione qualificata all’amianto per oltre un decennio, è evidente che il diritto non possa perfezionarsi -e dunque essere esercitato per la prima volta -successivamente al collocamento in quiescenza’: posto che, a quella data, cessa l’esposizione all’agente morbigeno, ‘è giocoforza che il diritto ai benefici contributivi per esposizione all’amianto si perfezioni al massimo entro la data del pensionamento, che rappresenta, così, la data ultima a partire dalla quale il diritto stesso può esser fatto valere nei limiti della prescrizione’ (pag. 5) .
In tal modo, la Corte ha fatto coincidere la cessazione dell’esposizione qualificata con la consapevolezza della stessa: trattasi di motivazione apparente, basata su un’affermazione
generale ed astratta priva di effettivo fondamento e non esplicata, con totale obliterazione delle circostanze del caso concreto, inidonea ai fini della comprensione della ratio decidendi .
Il fondamento logico della decisione risulta imperscrutabile nei suoi snodi essenziali anche laddove si afferma che il momento in cui si è formata in capo al lavoratore la consapevolezza potrebbe ‘senz’altro coincidere con l’inoltro all’INAIL dell’istanza amministrativa di certificazione dell’esposizione all’amianto…..in quanto immediatamente rivelatrice …della consapevolezza del lavoratore di poter azionare i diritti derivanti dalla specifica esposizione morbigena’, ma ciò potrebbe accadere solo quando tal e domanda sia stata ‘inoltrata prima del pensionamento’.
La Corte, in definitiva, non esplicita – se non formalmente e con ragionamento non comprensibile -le ragioni sottese all’individuato exordium prescritionis , non chiarendo il motivo per cui si debba ritenere che necessariamente, alla data del conseguimento della pensione, il ricorrente avesse consapevolezza di aver subito una lesione del suo diritto alla maggiorazione contributiva.
La data del pensionamento è profilo che appare del tutto neutro ai fini che ci occupano e, di per sé solo, è sprovvisto di valenza significativa in ordine al bagaglio cognitivo dell’interessato: su tale elemento la pronuncia impugnata costruisce un processo di automatica inferenza logica, con una motivazione non in grado di attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. e che concreta una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.
Pertanto, dichiarato inammissibile il primo motivo, il secondo motivo di ricorso va accolto, con conseguente assorbimento degli ulteriori, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa deve essere rinviata, per nuovo esame, alla medesima Corte d’appello, che deciderà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiarato inammissibile il primo ed assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Potenza, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 27 settembre