Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 14929 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 14929 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
sul ricorso 7764/2021 proposto da:
COGNOME e RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE SIENA RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 1728/2020 depositata il 16/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/04/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Firenze, con la sentenza dianzi richiamata, ha respinto l’appello proposto incidentalmente da NOME COGNOME contro la decisione che, definendo il giudizio da questo intentato nei confronti della Banca Monte dei Paschi di Siena in relazione agli addebiti illecitamente operati sul proprio conto corrente in ragione della nullità di talune clausole regolanti il rapporto, aveva accolto la proposta domanda di nullità, ma aveva rideterminato il saldo relativo dichiarando prescritte le domande di parte attrice anteriori al 23.2.2001, dando altresì atto che le variazioni intervenute nelle condizioni applicate al rapporto quanto al regime della capitalizzazione degli interessi si erano rivelate più favorevoli per il correntista.
La Corte di appello ha nell’occasione ribadito -riguardo al motivo a mezzo del quale il COGNOME si era doluto della dichiarata prescrizione -che l’onere di provare la natura delle rimesse eseguite dal correntista ricade sul medesimo, dovendosi peraltro escludere, in base alle risultanze di perizia, che per il periodo preso in considerazione, sussistesse un saldo a credito in linea capitale; e ha quindi condiviso l’assunto del primo giudice circa le variazioni intervenute nelle condizioni di capitalizzazione osservando che, malgrado ne fosse gravato, il correntista non aveva assolto l’ onere di sovvertire il giudizio tribunalizio con argomentazioni efficaci.
Il ricorso del COGNOME avverso detta decisione fa leva su tre motivi, resistiti avversariamente dalla banca con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso -con cui si lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 1422 cod. civ.
perché la Corte di appello, confermando l’assunto del Tribunale in punto di prescrizione, sarebbe andata ultra petita in quanto la prescrizione poteva essere dichiarata solo se fosse stata esercitata dal ricorrente l’azione di ripetizione, azione che nella specie non era stata proposta, essendosi il ricorrente limitato, viceversa, solo a chiedere che fosse dichiarata la nullità delle pattuizioni illecite regolanti il rapporto, esercitando, dunque, l’azione corrispondente che è imprescrittibile -non ha fondamento e va pertanto disatteso.
Il ricorrente imputa alla decisione impugnata un vizio del tutto insussistente dal momento che la Corte di appello, ancorché abbia confermato la già dichiarata prescrizione delle domande attrici antecedenti al decennio, lo ha fatto conformandosi esattamene ai termini delle domande articolate introduttivamente dal COGNOME, che aveva chiesto fosse dichiarata la nullità di talune condizioni applicate al rapporto e che fosse accertato il saldo rettificato in considerazione delle nullità dedotte. Siamo perciò in presenza di due distinte domande che ubbidiscono riguardo alla prescrizione ad un diverso regime, sì che la domanda di nullità, per essere imprescrittibile, è azionabile senza limiti di tempo, donde una clausola negoziale può essere dichiarata nulla anche oltre il decennio dalla sua stipulazione, mentre la domanda di accertamento del saldo -che è vero funge di regola all’esercizio della condictio indebiti , ma che non va confusa con questa, tanto più se, come nel caso che ne occupa, il rapporto è ancora in essere, perché in tal caso vi è solo un diritto alla rettifica del saldo (Cass., Sez. I, 16/05/2024, n. 13586) -è esercitabile solo nei limiti della prescrizione, soggiacendo al pari di ogni azione che ha un fondamento personale alla regola generale dell’art. 2946 cod. civ. E’ questa una situazione che la Corte ha già avuto modo di sancire affermando anche di recente che «in tema di conto corrente bancario, qualora il correntista agisca per l’accertamento del saldo del conto, al
fine di rideterminare l’ammontare del proprio credito o del proprio debito, per effetto dell’elisione di prelievi illegittimi, sussiste uno speculare interesse della banca, meritevole di tutela, ad eccepire che il conteggio da effettuarsi tenga conto della non ripetibilità di quei prelievi per i quali è maturata la prescrizione» (Cass., Sez. I, 11/04/2024, n. 9756).
Dunque, in parte qua , la sentenza impugnata non merita censura.
Il secondo motivo di ricorso -con cui, impugnandosi sempre il capo della decisione in punto di prescrizione, si deduce la nullità della sentenza in opposizione per vizio di motivazione apparente e per difetto di supporto logico ove si riferisce ad elementi di fatto non emersi nel corso del giudizio, in particolare, perché «prima riconosce che, in pendenza del rapporto contrattuale, il correntista potrà ottenere il ricalcolo e la rideterminazione dell’effettivo saldo, depurato degli eventuali addebiti nulli , poi ammette che è evidente che, se il perito è pervenuto ad una determinazione di un saldo creditorio anziché debitorio, tanto significa che i calcoli via via espletati nel corso del lungo rapporto intercorso tra le parti hanno prodotto non un saldo debitorio, ma una posta di segno opposto in favore del cliente e infine, in modo incoerente dichiara che l’unico saldo che si può riconoscere all’appellante incidentale è quello posteriore al 22/04/2000, perché i crediti anteriori sono prescritti» – è infondato nella prima allegazione e inammissibile nella seconda.
E infatti appena il caso di notare che, poiché secondo quel chi si insegna abitualmente il vizio di motivazione apparente si rende configurabile quando non siano illustrate le ragioni logico-giuridiche della decisione o quando quelle enunciate lo siano senza il debito approfondimento (Cass., Sez. VI-V, 7/04/2017, n. 9105), il vizio denunciato non ricorre nella specie posto che la Corte di appello è pervenuta a confermare in parte qua l’assunto già accolto dal
Tribunale sulla base della distinzione tra azione di nullità ed azione di accertamento, chiarendo così in modo trasparente ed inequivoco le ragioni della propria decisione.
Quanto alla seconda allegazione -di cui si è inteso riproporre testualmente il dettato -essa, oltre a riproporre all’attenzione profili interferenti con valutazioni fattuali non sottoponibili a questa Corte, risulta oggettivamente criptica, non chiarendo neppure la sommaria illustrazione che segue al passaggio riprodotto quale sia e dove alberghi il “vizio” preteso; ed è perciò appena il caso di ricordare che in più occasioni la Corte ha già avuto modo di sanzionare, appunto, in termini di inammissibilità, una rappresentazione oscura e non intelligibile delle censure indirizzate alla sentenza oggetto di impugnazione (Cass., Sez. II, 20/10/2016, n. 21297).
4. Il terzo motivo di ricorso -con cui, impugnandosi il capo della decisione in punto di capitalizzazione, si deduce la nullità della sentenza in opposizione per «mancanza di motivazione sostanziale nella parte in cui fa riferimento a inesistenti motivazioni del giudice di primo grado» ed, in particolare, laddove si rende ravvisabile un difetto di nesso logico tra il giudizio di insufficienza della mera pubblicazione sulla G.U. e l’inidoneità di questa circostanza a sovvertire il giudizio del Tribunale e laddove si imputa ciò al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente -è inammissibile perché volto a sollecitare una rinnovazione del sindacato decisorio sulla base di un presupposto del tutto insussistente.
La Corte di appello, con motivazione chiara e coerente e priva quindi della manchevolezza che le imputa il motivo, ha spiegato che la pretesa attrice di veder accolta una prospettazione risultante dalla CTU diversa da quella fatta propria dal primo giudice non poteva trovare seguito perché il COGNOME non aveva offerto alla riflessione processuale alcuna efficace argomentazione per sovvertire il responso
tribunalizio, ancorché, a fronte della considerazione che quel responso non era affatto estraneo allo sviluppo istruttorio della vicenda e che il giudice, nei limiti di quello sviluppo, è sempre libero di scegliere le fonti del proprio convincimento, non potesse dubitarsi che fosse, per l’appunto, onere dei correntista dissenziente allegare e provare persuasivamente il contrario, a ciò non bastando la mera preferenza accordata ad un ipotesi ricostruttiva piuttosto che a un’altra.
Il ricorso va dunque respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 11.
P.Q.M.
Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di parte resistente in euro 3700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il