Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 774 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 774 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18013-2021 proposto da:
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA DELLA RAGIONE_SOCIALE in persona dei Commissari Straordinari pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME
Oggetto
R.G.N. 18013/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 18/10/2023
CC
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 4770/2021 del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 27/05/2021 R.G.N. 15393/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/10/2023 dal Consigliere Dott.
NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’Amministrazione straordinaria di RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso avverso il decreto con cui il tribunale di Milano, in parziale accoglimento della domanda avanzata da NOME COGNOME in sede di opposizione allo stato passivo dell’amministrazione di RAGIONE_SOCIALE aveva ammesso allo stesso stato passivo il credito, in via privilegiata ex art.2751 bis n.1 c.c., di E. 15.296,29 , per premio di collaborazione, per gli anni 2013-2018, e, in prededuzione ex art. 20d.lgs n.270/99,di E. 1.440,83 per premio collaborazione del 2019, il tutto al lordo di ritenute fiscali e contributive dovute , oltre alla rivalutazione e interessi dalle scadenze ivi fissate.
Il Tribunale aveva ritenuto inderogabile, a norma degli artt. 2077 e 2113 c.c., la previsione del contratto individuale del lavoratore relativa alla erogazione di un ‘premio di collaborazione’ quale incondizionata attribuzione patrimoniale accessoria, in aggiunta alla retribuzione normale minima, quale componente della stessa, disattendendo l’accordo sindacale aziendale (peggiorativo) del 12 luglio 2013 (ratificato ulteriormente il 12 giugno 2018), di previsione, invece, di tale attribuzione al raggiungimento del valore ‘risultato ordinario’ indicato nel bilancio di esercizio: da allora non più erogato in mancanza di raggiungimento dell’obiettivo;
il Tribunale aveva inoltre escluso la maturazione della prescrizione, ai sensi dell’art. 2948, n. 5 c.c., in quanto decorrente, per il venir meno del regime stabilità del rapporto di lavoro, dalla sua data di
cessazione quale conseguenza del sistema di tutele introdotto della legge n. 92/2012 con la novellazione dell’art. 18 della legge n. 300/1970.
Avverso detta decisione la società in amministrazione straordinaria ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, illustrati da memoria ai sensi dell’art. 380bis1 c.p.c., cui ha resistito il lavoratore con controricorso. Sono state depositate successive memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)-Con primo motivo è denunciat o l’ omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti e violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., in relazione alla perdurante condotta di adesione dei lavoratori alla variazione dei presupposti contrattuali inerenti al premio di collaborazione intervenuta con gli accordi collettivi sindacali del 12 luglio 2013 e del 12 giugno 2018, in quanto emolumento non sussumibile nella nozione di giusta retribuzione, ai sensi dell’art. 36 Cost., sen za alcuna loro impugnazione e pertanto per fatti concludenti.
Questa Corte in fattispecie del tutto sovrapponibile alla presente, a cui si intende dare seguito, (Cass. n. 9591/2023), ha rilevato che non si configura l’omesso esame denunciato, siccome non riguardante un ‘fatto storico’, né primario né secondario (Cass. s.u. 7 aprile 2014, n. 8053), quanto piuttosto la valutazione degli effetti di un comportamento di prospettata adesione, peraltro irrilevante, dei lavoratori ad un accordo sindacale del 12 luglio 2013, attributivo di un ‘premio di collaborazione’ al ra ggiungimento del valore ‘risultato ordinario’ indicato nel bilancio di esercizio: così derogante in pejus al trattamento retributivo riconosciuto dal contratto individuale, con l’erogazione di un ‘premio di collaborazione’, quale incondizionata attribuzion e patrimoniale accessoria in aggiunta alla retribuzione normale minima quale componente della stessa.
Deve ancora osservarsi che nel caso in cui ad una disciplina collettiva privatistica succeda altra disciplina di analoga natura, si
verifica l’immediata sostituzione delle nuove clausole a quelle precedenti, ancorché la nuova disciplina sia meno favorevole ai lavoratori, giacché il divieto di deroga in pejus è posto dall’art. 2077 c.c. unicamente per il contratto individuale di lavoro in relazione alle disposizioni del contratto collettivo, con la conseguenza che i lavoratori non possono vantare posizioni di diritto quesito trovando tutela i loro individuali interessi solo tramite quella dell’interesse collettivo (Cass. 14 giugno 2007, n. 13879). Nell’ipotesi di successione tra contratti collettivi, le modificazioni in pejus per il lavoratore sono ammissibili con il solo limite dei diritti quesiti, dovendosi escludere che il lavoratore possa pretendere di mantenere come definitivamente acquisito al suo patrimonio un diritto derivante da una norma collettiva non più esistente, in quanto le disposizioni dei contratti collettivi non si incorporano nel contenuto dei contratti individuali, ma operano dall’esterno come fonte eteronoma di regolamento, concorrente con la fonte individuale, sicché le precedenti disposizioni non sono suscettibili di essere conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole (art. 2077 cod. civ.), che riguarda il rapporto fra contratto collettivo ed individuale (Cass. 19 giugno 2014, n. 13960).
In assenza di rinegoziazione, non è allora possibile una modifica unilaterale delle condizioni contrattuali che determini una riduzione del trattamento retributivo per i rapporti lavorativi già in essere, perché, ai sensi dell’art. 2077 c.c., l’accordo collettivo prevale solo se dall’accordo individuale derivino condizioni meno favorevoli per il lavoratore (Cass. 3 marzo 2016, n. 4231, in caso di mutamento di settore produttivo ad opera del datore di lavoro, con conseguente adesione ad un diverso contratto collettivo).
Il diritto del lavoratore all’irriducibilità della retribuzione, nei limiti derivanti dall’art. 2103 c.c., rientra infatti nella categoria dei diritti indisponibili e, in quanto tale, gode della tutela accordata dall’art. 2113 c.c. (Cass. 4 aprile 1987, n. 3297, in specifico riferimento alla necessità di impugnazione, a pena di decadenza, delle rinunzie e transazioni, relative a pregresse violazioni della disciplina legale in materia di mansioni -ferma la sanzione di nullità assoluta che
colpisce le preventive pattuizioni collettive e individuali abrogative della disciplina legale -colpite dalla sanzione d’invalidità comminata dall’art. 2113, primo comma c.c., nei modi e nei termini previsti dai successivi commi dello stesso articolo). Per le ragioni anzidette il motivo deve essere rigettato.
2)-Con la seconda censura la ricorrente ha quindi dedotto violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., per la non corretta decorrenza del regime di maturazione della prescrizione dalla cessazione del rapporto di lavoro, sull’erroneo presupposto del sopravvenuto venir meno del regime di stabilità, per effetto della legge n. 92/2012, di novellazione dell’art. 18 legge n. 300/1970, con una diversa articolazione del sistema delle tutele. Il motivo è infondato.
Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, come modulato per effetto della legge n. 92/2012 e del d.lgs n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità, sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della legge n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro (Cass. 6 settembre 2022, n. 26246; in termini su fattispecie similare Cass.n.9591/2023).
Per gli esposti motivi il ricorso deve essere rigettato, con la regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza e con raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 4. 500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 18 ottobre 2023.
La presidente