Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12971 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 12971 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso 33951-2018 proposto da:
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, per procura conferita in calce al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, con domicilio eletto presso l’Avvocatura RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, rappresentate e difese, in forza di procura conferita a margine del controricorso, dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, con domicilio eletto presso il suo indirizzo PEC
-controricorrenti –
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
P.U. 14/1/2025
7/07/2022 giurisdizione Premio alla nascita. Beneficiari. Discriminazione. Legittimazione RAGIONE_SOCIALEe associazioni.
per la cassazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza n. 617 del 2018 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI MILANO, depositata il 15 maggio 2018 (R.G.N. 1593/2017).
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa, svolta all’udienza dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona RAGIONE_SOCIALEa Sostituta Procuratrice Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udito, per il ricorrente , l’avvocat o NOME COGNOME, in sostituzione, per delega verbale, RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Udito, per il controricorrente, l’AVV_NOTAIO, che ha ribadito le conclusioni del controricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 617 del 2018, depositata il 15 maggio 2018, la Corte d’appello di Milano ha respinto il gravame RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e ha confermato l’ordinanza emessa dal Tribunale RAGIONE_SOCIALEa medesima sede, che aveva dichiarato il carattere discriminatorio RAGIONE_SOCIALEa condotta RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e, in particolare, RAGIONE_SOCIALE‘introduzione di requisiti no n previsti dalla legge, legati alla nazionalità, per l’erogazione del premio previsto dall’ art. 1, comma 353, RAGIONE_SOCIALEa legge 11 dicembre 2016, n. 232.
1.1. -In via preliminare, riguardo alla discriminazione per nazionalità, la Corte territoriale ha riconosciuto la legittimazione ad agire RAGIONE_SOCIALEe associazioni ricorrenti, RAGIONE_SOCIALEa base di quanto già affermato da Cass., sez. lav., 8 maggio 2017, n. 11165 e n. 11166.
1.2. -A fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione, la Corte di merito ha quindi evidenziato che le Circolari RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (n. 39, n. 61 e n. 78 del 2017), nel circoscrivere la platea dei beneficiari del premio ai titolari di specifici permessi di soggiorno, hanno introdotto criteri legati alla nazionalità, che, pur nella loro apparente neutralità, assumono un carattere discriminatorio nei confronti dei migranti presenti in Italia.
L’interpretazione restrittiva adottata dall’RAGIONE_SOCIALE, nel condizionare il riconoscimento del premio al possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, requisito stabilito dalla legge per la diversa prestazione RAGIONE_SOCIALE‘assegno di natalità, derog a arbitrariamente alla normativa primaria e ingenera una differenza di trattamento non giustificata da alcuna ragionevole e oggettiva finalità.
-L’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione contro la sentenza d’appello, articolando due motivi d’impugnazione.
-Resistono con il medesimo controricorso RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE.
-I l ricorso è stato fissato all’udienza pubblica del 14 gennaio 2025.
-Il Pubblico Ministero, prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza, ha depositato una memoria e ha chiesto di rigettare il ricorso.
-In prossimità RAGIONE_SOCIALE‘udienza, entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
-All’udienza, il Pubblico Ministero ha esposto le conclusioni motivate, già rassegnate nella memoria, e i difensori RAGIONE_SOCIALEe parti hanno insistito per l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEe conclusioni formulate nei rispettivi atti.
RAGIONI RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
1. -Con il primo motivo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 43 e 44, comma 10, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, degli artt. 2, 3, 4 e 5 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, anche in relazione all’art. 81 cod. proc. civ.
Avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE, legittimate a promuovere un’azione di discriminazione collettiva in relazione ai requisiti soggettivi per
l’erogazione del premio riconosciuto alla nascita o all’adozione di minore, fattispecie del tutto svincolata dalla materia del lavoro.
La nozione di discriminazione per nazionalità, definita dall’art. 43 del d.lgs. n. 286 del 1998, non potrebbe «assurgere a fondamento RAGIONE_SOCIALE‘esistenza generalizzata, sul piano processuale, del diritto ad esperire l’azione collettiva» (pagina 18 del ricorso per cassazione). Quanto alle discriminazioni per ragioni di nazionalità, l’ art. 44, comma 10, del d.lgs. n. 286 del 1998 consentirebbe l’azione collettiva con esclusivo riguardo alle discriminazioni concernenti il rapporto di lavoro e a diverse conclusioni non indurrebbe l ‘art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 215 del 2003: difatti, tale previsione, pur ampliando l’azione discriminatoria collettiva anche a contesti estranei al rapporto di lavoro, riguarderebbe le sole discriminazioni fondate su motivi razziali o etnici.
Né il sistema così delineato dal legislatore pregiudicherebbe la tutela che l’ordinamento appresta, con appositi rimedi, contro le discriminazioni per il fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità, comunque non comparabili a quelle per fattori etnici o razziali. Lo stesso diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea confermerebbe l’eccezionalità e la tipicità RAGIONE_SOCIALEa legittimazione ad agire con l’azione collettiva.
1.1. -Si deve escludere, in linea preliminare, la sopravvenuta carenza d’interesse del ricorrente, nei termini che la memoria illustrativa RAGIONE_SOCIALEa parte controricorrente adombra.
È ininfluente la circostanza che la discriminazione sia stata nel frattempo rimossa e che la disciplina sul premio sia stata abrogata per effetto RAGIONE_SOCIALE‘art. 10, comma 1, del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230.
Il ricorrente serba intatto l’interesse a ottenere un accertamento in ordine all ‘insussistenza RAGIONE_SOCIALEa legittimazione degli enti esponenziali e all’infondatezza RAGIONE_SOCIALEe doglianze RAGIONE_SOCIALEa connotazione discriminatoria RAGIONE_SOCIALEa condotta medio tempore attuata.
1.2. -La censura, pertanto, dev’essere scrutinata nel merito e si rivela infondata.
Questa Corte ha già affermato, RAGIONE_SOCIALEa scorta RAGIONE_SOCIALE‘interpretazione testuale e sistematica RAGIONE_SOCIALEa disciplina vigente, che, nelle discriminazioni collettive in ragione del fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità, gli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 215 del 2003 e l’ art. 43 del d.lgs. n. 286 del 1998, attribuiscono la legittimazione ad agire alle associazioni e agli enti previsti dall ‘ art. 5 d.lgs. n. 215 del 2003, enti fra i quali si annoverano anche le odierne parti controricorrenti (Cass., sez. lav., 8 maggio 2017, n. 11165).
L’ esigenza costituzionalmente rilevante di garantire la tutela giurisdizionale contro le discriminazioni collettive fondate RAGIONE_SOCIALEa nazionalità avvalora la legittimazione ad agire dei soggetti collettivi individuati dalla legge.
Sarebbe irragionevole il mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa legittimazione ad agire degli enti esponenziali nell’ipotesi di discriminazione collettiva legata alla nazionalità, laddove, per altri fattori di discriminazione, tale legittimazione è sancita dall’art. 5 del d.lgs. n. 215 del 2003.
1.3. -A tali princìpi, che anche il Pubblico Ministero richiama nelle conclusioni scritte, occorre dare continuità, in quanto superano il vaglio critico che il ricorrente sollecita.
Questa Corte ha già puntualizzato, in replica alle notazioni formulate dall’RAGIONE_SOCIALE, che la tesi propugnata nel ricorso « a) da un punto di vista sistematico di settore, porterebbe a negare l ‘ esistenza stessa e la rilevanza nell ‘ ordinamento di discriminazioni collettive fondate RAGIONE_SOCIALEa nazionalità; ovvero l ‘ esistenza di condotte offensive (o plurioffensive) nei confronti di una pluralità di soggetti accumunati dal fattore nazionalità e negherebbe l ‘ esigenza di garantire, se non con azioni individuali, una protezione giudiziale di interessi condivisi da una pluralità di soggetti accomunati sotto il medesimo fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità; b) esiste un preciso nesso interpretativo tra il d.lgs. n. 215
del 2003, artt. 2 e 4, e l ‘ art. 43 T.U. RAGIONE_SOCIALE, che prevede la nozione di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. L ‘ art. 43, commi 1 e 2 t.u. RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE considera la nazionalità tra i fattori di discriminazione vietati in ogni campo RAGIONE_SOCIALEa vita sociale, con una previsione che comprende atti di qualsiasi tipo, inclusivi anche di offese ad interessi di tipo collettivo ed anche le discriminazioni definite collettive ( ‘ ogni comportamento ‘ di pubbliche amministrazioni o di privati che abbia ‘ lo scopo o l ‘ effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l ‘ esercizio, in condizioni di parità, dei RAGIONE_SOCIALE umani e RAGIONE_SOCIALEe libertà fondamentali in campo politico economico, sociale e culturale e in ogni altro settore RAGIONE_SOCIALEa vita pubblica ‘ ). A queste discriminazioni collettive viene apprestata la tutela processuale RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 44, comma 10, TU nell ‘ ipotesi in cui vengano commesse dal datore di lavoro, prevedendosi allo scopo la legittimazione ad agire in capo alle rappresentanze locali RAGIONE_SOCIALEe organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Non è pertanto l ‘ art. 44, comma 10, che individua la nozione sostanziale di discriminazione collettiva (contenuta nell ‘ art. 43, commi 1 e 2), limitandosi a fornire tutela per l ‘ ipotesi ivi prevista; c) il d.lgs. n. 215 del 2003 (all ‘ art. 2, comma 2) prevede che sia ‘ fatto salvo il disposto RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 43, commi 1 e 2 ‘ riferendosi a questa nozione generale di discriminazione di natura diretta o indiretta, individuale o collettiva, regolata come oggettiva; inoltre, il medesimo d.lgs. n. 215 del 2003, art. 4, comma 1, stabilisce che ‘ la tutela giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti di cui all ‘ art. 2 si svolge nelle forme previste dall ‘ art. 44, commi da 1 a 6, 8 e 11 testo unico ‘ per cui il rinvio è fatto alle stesse discriminazioni (individuali e collettive, dirette ed indirette) ivi previste con una previsione che riconnette logicamente lo strumento processuale alla nozione sostanziale; d) nella materia RAGIONE_SOCIALEa tutela contro le discriminazioni collettive, la legittimazione ad agire in capo ad un soggetto collettivo non rappresenta un ‘ eccezione ma una
regola funzionale all ‘ esigenza di apprestare tutela, attraverso un rimedio di natura inibitoria, ad una serie indeterminata di soggetti per contrastare il rischio di una lesione avente natura diffusiva e che perciò deve essere, per quanto possibile, prevenuta o circoscritta nella propria portata offensiva (vd. l’ azione prevista dal d.lgs. n. 215 del 2003, art. 5, per la repressione di comportamenti discriminatori per ragioni di razza o di origine etnica; quella di cui al d.lgs. n. 9 luglio 2003, n. 216, art. 4, recante l ‘ attuazione RAGIONE_SOCIALEa dir. 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro; l ‘ azione di cui all ‘ art. 4 per la repressione di comportamenti discriminatori in danno di persone con disabilità, di cui alla legge 1° marzo 2006, n. 6, recante misure per la tutela giudiziaria RAGIONE_SOCIALEe persone con disabilità vittime di discriminazioni; l ‘ azione per contrastare le discriminazioni per ragioni di sesso nell ‘ accesso a beni e servizi e loro fornitura, di cui al d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, art. 55quinquies , recante il codice RAGIONE_SOCIALEe pari opportunità tra RAGIONE_SOCIALE e donna, a norma RAGIONE_SOCIALEa legge 28 novembre 2005, n. 246, art. 6); e) costituirebbe perciò una vistosa eccezione il mancato conferimento RAGIONE_SOCIALEa legittimazione ad agire in capo ad un ente esponenziale in caso di discriminazione collettiva per il fattore nazionalità, non giustificabile, alla luce del fatto che esso risulta, come si è visto, fattore discriminatorio parimenti vietato in ogni campo RAGIONE_SOCIALEa vita sociale (lavorativa ed extralavorativa) ai sensi RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 43 TU RAGIONE_SOCIALE. 10. Anche la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE ha già sostenuto (Corte di Giustizia CE, Sez. 2, 10 luglio 2008 – C-54/07) la rilevanza RAGIONE_SOCIALEa discriminazione collettiva, sia pure alla luce RAGIONE_SOCIALEa Direttiva 2000/43 CE (che attua il principio RAGIONE_SOCIALEa parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall ‘ origine etnica); riconoscendo, da una parte, che l ‘ esistenza di una discriminazione diretta ‘ non presuppone un denunciante identificabile che asserisca di essere stato vittima di tale discriminazione ‘ (e pertanto riconoscendo che essa potesse essere fatta valere in giudizio alla luce del diritto
nazionale da una RAGIONE_SOCIALE collettiva) ed affermando, dall ‘ altra, che allo scopo sia sufficiente considerare la potenzialità lesiva RAGIONE_SOCIALEa condotta denunciata. 10. L ‘ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE oppone come argomento ostativo la previsione del d.lgs. n. 215 del 2003, art. 3, comma 2, laddove si prevede che ‘ il presente decreto legislativo non riguarda le differenze di trattamento basate RAGIONE_SOCIALEa nazionalità e non pregiudica le disposizioni nazionali e le condizioni relative all ‘ ingresso, al soggiorno, all ‘ accesso all ‘ occupazione, all ‘ assistenza e alla previdenza dei cittadini dei Paesi terzi e degli apolidi nel territorio RAGIONE_SOCIALEo Stato, né qualsiasi trattamento, adottato in base alla legge, derivante dalla condizione giuridica dei predetti soggetti ‘ . Si tratta di una disposizione di carattere generale diretta a delimitare, RAGIONE_SOCIALEa base RAGIONE_SOCIALEa previsione RAGIONE_SOCIALEa direttiva da cui deriva (art. 3, comma 2 Direttiva 2000/43/CE), il campo di applicazione RAGIONE_SOCIALE ‘ intervento normativo allo scopo di riservare allo Stato la regolazione sostanziale del trattamento RAGIONE_SOCIALEo straniero. Essa però, ad avviso del collegio, non interferisce in alcun modo con le regole processuali in materia di discriminazioni di cui qui si discorre, anche a fronte RAGIONE_SOCIALEe specifiche disposizioni presenti nel medesimo testo di legge. Le ‘ differenze di trattamento basate RAGIONE_SOCIALEa nazionalità ‘ , di cui si discute alla luce RAGIONE_SOCIALEa disposizione in oggetto, presente nel d.lgs. n. 215 del 2003, non potrebbero comunque giustificare trattamenti illeciti ed oscurare le esigenze di protezione nascenti da discriminazioni collettive per nazionalità (già disciplinate dall ‘ ordinamento), che lo stesso testo normativo riconosce anzi esplicitamente, ed alle quali intende volgere la tutela processuale ivi regolata. 11. In base all ‘ art. 5 stesso d.lgs., le associazioni in discorso -alle quali si vorrebbe negare la legittimazione ad agire per discriminazioni collettive contrassegnate dal fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità sono quelle iscritte nell ‘ elenco approvato con decreto ministeriale (previsto appunto dal d.lgs. n. 215 del 2003, art. 25) per le finalità programmatiche che le contraddistingue; le quali associazioni, in base al d.P.R. n. 349 del 1999, art. 52, devono essere
qualificate dallo svolgimento di ‘ attività a favore degli stranieri immigrati ‘ e dallo ‘ svolgimento di attività per favorire l ‘ integrazione sociale degli stranieri ‘ (non quindi testualmente in relazione alla razza o etnia). Sarebbe illogico e non coerente con il complessivo quadro sopra delineato ritenere che le indicate associazioni possano agire in giudizio solo per le discriminazioni per razza o etnia e non per il fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità che serve a qualificarle […] ; ciò porterebbe ad ipotizzare che la legittimazione ad agire per un certo tipo di discriminazioni (razza o etnia) sia stata conferita ad enti che si occupano di un fattore di discriminazione che viene ritenuto dall ‘ ordinamento del tutto differente, di diverso contenuto e rilevanza (come appunto la nazionalità straniera). 12. Dovendosi, ancora, preferire l ‘ interpretazione che risulti conforme alla Costituzione ed al diritto comunitario, va rilevato che la tesi negativa suscita immediati dubbi di costituzionalità (ai sensi RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 3 Cost., commi 1 e 2, e art. 24 Cost.) sia ove si considerino le differenze di trattamento processuale che verrebbero introdotte (senza ragionevole giustificazione) tra fattori di discriminazione che godono di eguale protezione nell ‘ ordinamento (ai sensi RAGIONE_SOCIALE ‘ art. 43 TU RAGIONE_SOCIALE, d.lgs. n. 215 del 2003, d.lgs. n. 216 del 2003 e d.lgs. n. 198 del 2006); sia in relazione al fatto che il medesimo fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità rileverebbe diversamente, rispetto alla legittimazione ad agire, se la discriminazione collettiva fosse commessa o meno in ambito lavorativo. Un ulteriore profilo di contrarietà alla Costituzione (art. 117 Cost.) emergerebbe in relazione alla CEDU, in quanto il diritto al giusto processo (previsto dall ‘ art. 6) verrebbe diversamente garantito a seconda dei differenti fattori di discriminazione che risultano vietati nell ‘ art. 14 (e nei quali vi è incluso quello relativo all ‘ origine nazionale). 13. L ‘ esclusione RAGIONE_SOCIALEa legittimazione ad agire nella discriminazione collettiva fondata RAGIONE_SOCIALEa nazionalità non appare conforme ai principi di equivalenza (che postula una tutela giuridica che tenga natura RAGIONE_SOCIALE ‘ interesse leso e degli scopi
RAGIONE_SOCIALEa tutela) ed effettività RAGIONE_SOCIALEa tutela valevoli in ambito comunitario. Sotto il medesimo profilo RAGIONE_SOCIALE ‘ effettività, viene pure in rilievo la Raccomandazione RAGIONE_SOCIALEa Commissione RAGIONE_SOCIALE ‘ 11 giugno 2013 (GU 26.7.2013) relativa a principi comuni per i meccanismi di ricorso collettivo di natura inibitoria e risarcitoria negli Stati membri che riguardano violazioni di RAGIONE_SOCIALE conferiti dalle norme RAGIONE_SOCIALE ‘ Unione, nella quale si afferma (6. considerando) che ‘ prevenire e sanzionare le violazioni di RAGIONE_SOCIALE conferiti dalle norme RAGIONE_SOCIALE ‘ Unione è uno scopo essenziale nell ‘ applicazione RAGIONE_SOCIALEe norme da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità pubbliche ‘ . Ad essa si accompagna la Comunicazione RAGIONE_SOCIALEa Commissione RAGIONE_SOCIALE ‘ 11.6.2013 nella quale si sostiene che ‘ Il ricorso collettivo è infatti uno strumento processuale che può essere pertinente per le politiche RAGIONE_SOCIALE ‘ UE anche in settori diversi dalla concorrenza o dalla tutela dei consumatori. Ne sono altrettanti esempi i servizi finanziari, la tutela RAGIONE_SOCIALE ‘ ambiente, la protezione dei dati o la lotta alla discriminazione ‘ . 15. In relazione al principio comunitario di equivalenza occorre considerare che l ‘ ordinamento giuridico interno di ciascuno stato membro, pur fissando le modalità procedurali RAGIONE_SOCIALEa tutela dei RAGIONE_SOCIALE a fondamento comunitario, non può approntare sanzioni e rimedi (ivi compresi quelli processuali) dl livello ed efficacia inferiore rispetto a quelli approntati per la violazione di analoghi RAGIONE_SOCIALE garantiti dall ‘ ordinamento nazionale. La tesi sostenuta dall ‘ RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE comporterebbe invece che il diritto dei lungo soggiornanti alla parità di trattamento nell ‘ accesso a prestazioni sociali essenziali previsto dall ‘ art. 11 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2011/109 avrebbe una tutela processuale meno effettiva rispetto ad un diritto analogo previsto dal diritto interno (ad es. il diritto del disabile in ambito extralavorativo ex L. n. 67 del 2006). 16. I fattori di discriminazione in discorso anche quanto al trattamento processuale sono stati ritenuti equivalenti dal legislatore che ha apprestato appunto col d.lgs. n. 150 del 2011 un unico procedimento (art. 28) per le stesse discriminazioni (anche collettive)
in cui si prevede la legittimazione RAGIONE_SOCIALE ‘ ente collettivo (art. 34)» (Cass., sez. lav., 7 novembre 2019, n. 28745).
1.4. -Anche da ultimo, questa Corte ha ribadito che «Il ragionamento svolto secondo il quale l ‘ art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 215/2003 prevede che ‘ il presente decreto legislativo non riguarda le differenze di trattamento basate RAGIONE_SOCIALEa nazionalità ‘ non è risolutivo. Si tratta di una disposizione di carattere generale diretta a delimitare, RAGIONE_SOCIALEa base RAGIONE_SOCIALEa previsione RAGIONE_SOCIALEa direttiva da cui deriva (art. 3, comma 2, Direttiva 2000/43/CE), il campo di applicazione RAGIONE_SOCIALE ‘ intervento normativo allo scopo di riservare allo Stato la regolazione sostanziale del trattamento RAGIONE_SOCIALEo straniero. Essa però, ad avviso del collegio, non interferisce in alcun modo con le regole processuali in materia di discriminazioni di cui qui si discorre, anche a fronte RAGIONE_SOCIALEe specifiche disposizioni presenti nel medesimo testo di legge» (Cass., sez. lav., 1° aprile 2025, n. 8674).
1.5. -Il dato letterale, che il ricorso e la memoria illustrativa del ricorrente enfatizzano, non incrina gli argomenti sistematici che questa Corte, anche di recente, ha valorizzato a supporto RAGIONE_SOCIALEa legittimazione a promuovere l’azione collettiva per le discriminazioni legate alla nazionalità.
-Con il secondo mezzo (art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.), il ricorrente prospetta la violazione e la falsa applicazione de ll’art. 1, comma 353, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 232 del 2016, degli artt. 43 e 44 del d.lgs. n. 286 del 1998, RAGIONE_SOCIALE‘art. 2043 cod. civ., anche in relazione all’art. 12 RAGIONE_SOCIALEe preleggi, all’art. 12 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2011/98/UE, recepita con decreto legislativo 4 marzo 201 4, n. 40, e all’art. 3 del Regolamento (CE) n. 883 del 2004.
La sentenza impugnata meriterebbe censura anche per aver qualificato come discriminatoria la condotta RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, senza considerare che le circolari n. 39 e n. 61 del 2017 si sarebbero limitate a dare attuazione alla normativa primaria, in coerenza con lo scopo
d’incentivare la natalità e di proteggere chi possa vantare un più saldo radicamento nel territorio RAGIONE_SOCIALEa nazione, a prescindere da ogni requisito reddituale . L’indistinto riconoscimento del premio a tutte le donne, gestanti o madri, che anche solo temporaneamente si trovino nel territorio nazionale vanificherebbe, per contro, l’obiettivo perseguito dal legislatore. Né la prestazione in esame, finanziata con la fiscalità generale ed estranea al perimetro del regolamento (CE) n. 883 del 2004, si prefiggerebbe di soddisfare bisogni primari. Ben potrebbe, dunque, il legislatore nazionale differenziare il trattamento dei cittadini dei Paesi terzi che non siano soggiornanti di lungo periodo, senza intaccare «il nucleo fondamentale dei RAGIONE_SOCIALE sociali» (pagina 42 del ricorso per cassazione).
Nessun comportamento colposo si potrebbe addebitare all’RAGIONE_SOCIALE, che, a tutto voler concedere, sarebbe incorso in un errore scusabile, per «la novità RAGIONE_SOCIALEa disciplina, l’oggettiva complessità ed opinabilità RAGIONE_SOCIALEe questioni» (pagina 43 del ricorso per cassazione).
2.1. -Anche questa doglianza non può essere accolta.
2.2. -L’art. 1, comma 353, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 232 del 2016 ha istituito, a decorrere dal primo gennaio 2017, un premio alla nascita o all’adozione del minore e ha disposto che tale provvidenza sia erogata dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE in unica soluzione, su domanda RAGIONE_SOCIALEa futura madre, al compimento del settimo mese di gravidanza o all’atto RAGIONE_SOCIALE‘adozione. L’importo, pari ad Euro 800,00, non concorre alla formazione del reddito complessivo di cui al l’art. 8 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
2.3. -Con la Circolare n. 39 del 27 febbraio 2017, l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE ha specificato che il premio è riconosciuto alle donne gestanti o alle madri che siano in possesso dei requisiti previsti per l’assegno di natalità (art. 1, comma 125, RAGIONE_SOCIALEa legge 23 dicembre 2014, n. 190): «residenza in Italia; cittadinanza italiana o comunitaria; le cittadine non comunitarie in possesso RAGIONE_SOCIALEo status di rifugiato politico e protezione sussidiaria
sono equiparate alle cittadine italiane per effetto RAGIONE_SOCIALE‘art. 27 del Decreto Legislativo n. 251/2007; per le cittadine non comunitarie, possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 286/1998 oppure di una RAGIONE_SOCIALEe carte di soggiorno per familiari di cittadini UE previste dagli artt. 10 e 17 del Decreto Legislativo n. 30/2007, come da indicazioni ministeriali relative all’estensione RAGIONE_SOCIALEa disciplina prevista in materia di assegno di natalità alla misura in argomento (cfr. circolare RAGIONE_SOCIALE 214 del 2016)» (punto 1).
Tali istruzioni sono state ribadite e integrate dalla Circolare n. 61 del 16 marzo 2017 (punto 1) e dalla Circolare n. 78 del 28 aprile 2017.
2.4. -Questa Corte ha disatteso l’interpretazione restrittiva avallata nella prassi e ha chiarito, a tale riguardo, che «Nessun requisito soggettivo ha dunque previsto il legislatore che non sia quello di essere gestante, genitrice o adottante; e un’elementare applicazione del principio di gerarchia RAGIONE_SOCIALEe fonti del diritto, che non consente ad una fonte normativa secondaria di dettare norme che possano modificare o derogare il contenuto di una fonte normativa primaria, induce a ritenere che non poteva l’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE legittimamente circoscriverne la portata con proprie circolari, nemmeno adducendo la supposta analogia RAGIONE_SOCIALEa provvidenza con l’assegno di natalità previsto dall’art. 1, comma 125, l. n. 190/2014: indipendentemente dalla circostanza che la disposizione ult. cit., nel testo richiamato dall’RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE e vigente prima RAGIONE_SOCIALEe modifiche introdotte dall’art. 3, comma 4, l. n. 238/2021, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui escludeva dalla concessione RAGIONE_SOCIALE‘assegno di natalità i cittadini di Paesi terzi ammessi nello Stato a fini lavorativi a norma del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione o nazionale e i cittadini di Paesi terzi ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa a norma del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione o nazionale, ai quali è comunque consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002 (cf. Corte
cost. n. 54 del 2022), decisivo nella specie è rilevare che le circolari amministrative RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE sono atti normativi interni, che possono bensì tendere ad indirizzare ed a guidare in modo uniforme l ‘ attività degli organi periferici RAGIONE_SOCIALE‘ente, ma non possono modificare le condizioni cui la legge ha imperativamente sottoposto il riconoscimento del diritto alla corresponsione di una provvidenza (così già Cass. n. 2568 del 1963 e, più recentemente, Cass. n. 11094 del 2005)» (Cass., sez. lav., 22 aprile 2024, n. 10728).
2.5. -Coglie, dunque, nel segno la pronuncia d’appello, nel rimarcare che l’RAGIONE_SOCIALE ha imposto «in sede amministrativa condizioni o requisiti che la legge non ha né previsto né disciplinato» e ha introdotto «modifiche a una norma di fonte primaria», così da restringere «la platea RAGIONE_SOCIALEe destinatarie del beneficio» (pagina 7).
2.5.1. -Non si può invocare la distinta disciplina RAGIONE_SOCIALE‘assegno di natalità, che ex professo contempla più rigorosi criteri selettivi e peraltro è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con sentenza n. 54 del 2022 proprio con riferimento al requisito RAGIONE_SOCIALEa titolarità del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
2.5.2. -Neppure si può utilmente richiamare, come giustificazione del trattamento differenziato, la disciplina RAGIONE_SOCIALEa direttiva 2011/98/UE, che garantisce, in determinati settori, la parità di trattamento dei «cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini diversi dall’ attività lavorativa a norma del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione o nazionale, ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030/2002» e dei «cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione o nazionale».
Come ha chiarito la Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea (sentenza 2 settembre 2021, causa C-350/20), il principio di parità di trattamento, enunciato dall’art. 12, paragrafo 1, lettera e ), RAGIONE_SOCIALEa direttiva con riferimento al settore RAGIONE_SOCIALEa sicurezza sociale e alle
prestazioni familiari, ha portata generale e le deroghe devono essere intese in senso restrittivo. Irrilevante è che la prestazione persegua anche la finalità d’incentivare le nascite.
Tali enunciazioni, concernenti quell’assegno di natalità che la stessa parte ricorrente addita come termine di raffronto, valgono a fortiori per il premio in esame, che il legislatore nazionale non assoggetta alle limitazioni censurate dalla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea.
2.6. -Da tali premesse discende che il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa provvidenza soltanto in favore di chi possieda il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo esclude «per ragioni di nazionalità e senza alcuna ragionevole motivazione una parte RAGIONE_SOCIALEe donne residenti in Italia per le quali ricorrono le condizioni previste dall’art. 1, comma 353, L. 232/2016» (pagina 8 RAGIONE_SOCIALEa pronuncia impugnata).
2.7. -In virtù dei rilievi appena illustrati, non possono essere condivisi gli argomenti che l’RAGIONE_SOCIALE ha addotto per confutare il carattere discriminatorio RAGIONE_SOCIALEe limitazioni imposte in sede amministrativa (cfr., da ultimo, pagine 3, 4 e 5 RAGIONE_SOCIALEa memoria illustrativa).
Il diniego del premio agli stranieri extracomunitari sprovvisti del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non promana da un’attività vincolata RAGIONE_SOCIALEa Pubblica Amministrazione e non rinviene nella legge il suo fondamento.
L’interpretazione accreditata dalle Circolari RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_RAGIONE_SOCIALE si discosta dall’univoca previsione RAGIONE_SOCIALEa fonte primaria e , nel conferire rilievo al permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, riserva, in ultima analisi, un trattamento deteriore agli stranieri. Il criterio distintivo RAGIONE_SOCIALEa nazionalità, sotteso alle previsioni RAGIONE_SOCIALEe Circolari RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, determina così, contra legem , un’ingiustificata disparità di trattamento.
Al caso di specie, dunque, non si attagliano le considerazioni espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 15 del 2024 e
richiamate dal ricorrente nella memoria illustrativa, con riferimento alle discriminazioni che traggono origine da una previsione normativa. In quest’ipotesi, che esula dal caso di specie, è la legge «a imporre, senza alternative, quella specifica condotta» ed è la legge stessa «alla radice RAGIONE_SOCIALEe scelte amministrative che si è accertato essere discriminatorie» (punto 7.3.2. del Considerato in diritto ).
2.8. -Non soltanto il dato testuale inequivocabile RAGIONE_SOCIALEa disciplina sul premio smentisce la controvertibilità RAGIONE_SOCIALEa questione ermeneutica, su cui il ricorso fa leva per suffragare la scusabilità RAGIONE_SOCIALE‘errore , ma si rivela comunque ininfluente, anche a voler assecondare la prospettazione coltivata dall’RAGIONE_SOCIALE .
Questa Corte è costante nell’affermare che «de ve […] prescindersi dalla rilevanza degli stati soggettivi RAGIONE_SOCIALE ‘ autore RAGIONE_SOCIALEa condotta e ciò, come è evidente, anche per consentire una efficace azione giudiziaria contro ogni discriminazione, a prescindere dall ‘ esistenza di una lesione attuale di un diritto umano o di una libertà fondamentale, e per rendere possibile al giudice l’ accertamento del comportamento produttivo di un fatto discriminatorio anche prescindendo dall ‘ indagine RAGIONE_SOCIALEa ricorrenza o meno RAGIONE_SOCIALE ‘ elemento soggettivo RAGIONE_SOCIALEa condotta. 18. Occorre accertare la sussistenza del nesso causale fra l ‘ atto e l ‘ evento lesivo, senza necessariamente ricercare una dolosa volontà discriminatoria nella determinazione RAGIONE_SOCIALEa condotta e nella conseguente disparità di trattamento» (Cass., sez. lav., 23 maggio 2019, n. 14073).
2.9. -Quel che rileva, dunque, in chiave oggettiva, è l’introduzione di un trattamento differenziato, che si riconnette in via esclusiva al fattore RAGIONE_SOCIALEa nazionalità, non è sorretto da giustificazioni ragionevoli e si pone in antitesi con il chiaro e insuperabile precetto RAGIONE_SOCIALEa legge nazionale, prima ancora che con le indicazioni vincolanti del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea.
-Le considerazioni esposte inducono a rigettare il ricorso.
4. -Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, alla stregua del valore RAGIONE_SOCIALEa controversia e RAGIONE_SOCIALE‘attività processuale svolta, con distrazione a favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha reso la dichiarazione di cui all’art. 93 cod. proc. civ.
5. -L’integrale rigetto del ricorso, proposto dopo il 30 gennaio 2013, impone di dare atto dei presupposti per il sorgere RAGIONE_SOCIALE‘obbligo del ricorrente di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove sia dovuto (Cass., S.U., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a rifondere alle parti controricorrenti le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, in Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese forfettarie nella misura del 15% e agli accessori di legge, con distrazione a favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO NOME COGNOME, procuratore antistatario.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del d.P.R. n. 115 del 2002, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Quarta Sezione