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Premio accelerazione appalti: il limite del 10%

Una stazione appaltante aveva corrisposto a un’impresa un premio per la conclusione anticipata dei lavori, calcolandolo nel rispetto del limite legale del 10% del valore del contratto. L’impresa aveva però richiesto un importo maggiore previsto da una diversa clausola contrattuale. La Corte di Cassazione ha stabilito che qualsiasi forma di premio di accelerazione, indipendentemente dalla sua denominazione o dalle condizioni specifiche, è soggetta al tetto massimo inderogabile del 10%. Pertanto, la richiesta dell’impresa è stata respinta, annullando la precedente decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Premio di Accelerazione negli Appalti: la Cassazione Ribadisce il Limite del 10%

Nel settore degli appalti pubblici, il premio di accelerazione rappresenta uno strumento cruciale per incentivare la conclusione anticipata dei lavori. Tuttavia, la sua quantificazione è soggetta a limiti normativi precisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiarificazione, stabilendo che il tetto massimo del 10% del valore del contratto si applica a qualsiasi tipo di incentivo per l’anticipata consegna, indipendentemente dalla sua denominazione contrattuale. Analizziamo questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.

I fatti di causa: un incentivo conteso

La vicenda trae origine da un contratto d’appalto per lavori di adeguamento delle barriere di sicurezza su una tratta autostradale. Il contratto, stipulato tra la società concessionaria e un’impresa appaltatrice, prevedeva due distinte forme di incentivo per la conclusione anticipata dei lavori:

1. Un premio di accelerazione “standard”, calcolato in percentuale sull’importo contrattuale per ogni giorno di anticipo.
2. Un incentivo per l’interferenza con il traffico, di importo giornaliero fisso e più elevato, volto a compensare l’impresa per gli sforzi aggiuntivi finalizzati a ridurre i disagi alla circolazione.

Il contratto specificava che i due incentivi non erano cumulabili. A seguito della conclusione dei lavori con un notevole anticipo (171 giorni), l’impresa, tramite un consorzio a cui aveva ceduto il credito, richiedeva il pagamento dell’incentivo più elevato. La stazione appaltante, tuttavia, aveva già corrisposto una somma pari al 10% dell’importo netto contrattuale, sostenendo che tale cifra rappresentasse il limite massimo erogabile per legge.

La decisione della Corte d’Appello e l’applicazione del premio di accelerazione

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva dato ragione all’impresa. I giudici avevano ritenuto che i due incentivi avessero natura diversa: il primo era un vero e proprio premio di accelerazione, mentre il secondo, definito come “rimborso per maggiori danni”, costituiva una forma di risarcimento per oneri specifici e, pertanto, non era soggetto al limite legale del 10%. Di conseguenza, aveva condannato la società autostradale al pagamento della differenza.

Contro questa decisione, la società concessionaria ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nell’interpretare la normativa, la quale impone un tetto invalicabile a qualsiasi forma di premio legato all’anticipata ultimazione.

Le motivazioni: perché il premio di accelerazione ha un tetto invalicabile

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della stazione appaltante, cassando la sentenza d’appello. La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine: ciò che qualifica un compenso come premio di accelerazione non è il nome attribuitogli dalle parti (nomen iuris), ma la sua causa, ovvero il suo essere strettamente collegato alla conclusione anticipata dei lavori.

Nel caso di specie, entrambi gli incentivi, pur avendo presupposti parzialmente diversi (uno automatico, l’altro condizionato alla riduzione dei disagi), erano funzionali a remunerare il medesimo risultato: la consegna dell’opera prima del termine previsto. La Corte ha ripercorso l’evoluzione normativa in materia di appalti pubblici (dal D.M. 145/2000 fino al più recente Codice dei Contratti Pubblici), evidenziando come il legislatore abbia costantemente previsto un limite massimo, pari al 10% dell’importo netto contrattuale, per i premi di accelerazione. Questo limite ha una chiara finalità di contenimento della spesa pubblica e non può essere derogato dalla volontà delle parti.

La distinzione operata dalla Corte d’Appello è stata quindi ritenuta erronea, in quanto anche l’incentivo per la riduzione dell’interferenza con il traffico, essendo erogato in ragione dell’anticipo, rientra a pieno titolo nella categoria dei premi soggetti al limite legale. La stessa clausola contrattuale che ne vietava il cumulo con il premio standard, secondo la Cassazione, ne confermava la natura omogenea.

Le conclusioni: implicazioni pratiche per stazioni appaltanti e imprese

La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro e di notevole importanza pratica:

1. Inderogabilità del limite legale: Qualsiasi clausola contrattuale che preveda un premio di accelerazione, sotto qualsiasi forma o denominazione, è soggetta al limite massimo del 10% del valore del contratto. Le stazioni appaltanti non possono erogare, e le imprese non possono pretendere, somme superiori a tale soglia.
2. Prevalenza della causa sulla forma: L’analisi per qualificare un compenso deve concentrarsi sulla sua funzione economica. Se un pagamento è legato all’anticipo sui tempi di consegna, è un premio di accelerazione, a prescindere da come venga definito nel contratto.
3. Certezza del diritto: Questo orientamento rafforza la certezza dei rapporti giuridici negli appalti pubblici, evitando che attraverso elaborate costruzioni contrattuali si possano eludere norme imperative poste a tutela dell’interesse pubblico.

È possibile prevedere in un contratto di appalto pubblico un premio di accelerazione superiore al 10% del valore dei lavori?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il limite del 10% dell’importo contrattuale, previsto dalla normativa di settore, è un tetto massimo inderogabile per qualsiasi tipo di premio o incentivo legato alla conclusione anticipata dei lavori.

Se un contratto definisce un incentivo come “rimborso per maggiori danni” invece che “premio di accelerazione”, è comunque soggetto al limite del 10%?
Sì. Secondo la sentenza, non rileva il nome dato all’incentivo (nomen iuris), ma la sua causa. Se l’incentivo è erogato in funzione dell’anticipata ultimazione dei lavori, esso rientra nella categoria del premio di accelerazione ed è soggetto al limite legale del 10%, anche se è previsto per compensare sforzi aggiuntivi come la riduzione del disagio al traffico.

Due diversi premi di accelerazione previsti nello stesso contratto possono essere cumulati?
No, a meno che il contratto non lo preveda espressamente e comunque nel rispetto del limite complessivo del 10%. Nel caso di specie, il contratto stesso vietava il cumulo. La Corte ha sottolineato che la presenza di una clausola di non cumulabilità rafforza l’idea che i due incentivi appartengano alla stessa categoria, rendendoli alternativi e sempre soggetti al tetto massimo di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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