Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 33941 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 33941 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 33268/2019 r.g. proposto da:
Autostrada del Brennero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale allegata telematicamente al ricorso, la quale dichiarano di voler ricevere le comunicazioni e notifiche all’indirizzo di posta elettronica certificata indicato, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale a margine del controricorso, i quali dichiara di voler ricevere le comunicazioni presso gli indirizzi di posta elettronica certificata indicati, elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio di quest’ultimo, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Trento n. 181/2019, depositata in data 17/7/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/12 /2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
A seguito di gara pubblica, Autostrada del Brennero RAGIONE_SOCIALE, con contratto del 5/2/2010 affidava alla RAGIONE_SOCIALE, risultata aggiudicataria, i lavori di adeguamento delle barriere di sicurezza delle piste degli svincoli di Verona Nord, per un importo di euro 1.620.161,20.
Con contratto di subappalto in data 6/4/2010, autorizzato dalla stazione appaltante, COGNOME affidava al Consorzio Stabile Odos (da ora ODOS), la posa in opera delle barriere metalliche di sicurezza e lavori per la sicurezza.
Il contratto stipulato dalla COGNOME in data 5 del 2010 prevedeva per l’ultimazione dei lavori il termine di 342 giorni.
I lavori venivano consegnati il 7/7/2010, terminando il 23/12/2010, come risultava dal certificato di ultimazione dei lavori e dal certificato di collaudo del 18/6/2014, «con un anticipo dunque di 171 giorni sul termine contrattualmente previsto».
Lo schema di contratto all’art. 5 prevedeva «un incentivo pari allo 0,5% dell’ammontare netto contrattuale per ogni giorno di anticipo nel completamento dei lavori (sotto la voce ‘Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premi di accelerazione’ ).
Prevedeva, altresì, una ulteriore voce, «considerata la costante interferenza con il traffico», sempre di incentivo, ma «di entità pari a 2000 euro al giorno per ogni giorno di anticipo (sotto la voce ‘rimborso per maggiori danni’)».
Sul presupposto che i lavori erano stati determinati con 171 giorni di anticipo, COGNOME in occasione della sottoscrizione del conto finale formulava n. 4 riserve per chiedere i maggiori oneri e premi contrattuali relativi all’intervenuta esecuzione anticipata dei lavori.
In particolare, con la prima riserva (‘Premio accelerazione’), la COGNOME chiedeva «a fronte del mancato adempimento contrattuale del DL, che nella relazione dello stato finale non ha provveduto a certificare il credito maturato dall’appaltatore, e di quanto riportato nel contratto (art. 5) La scrivente impresa chiede il riconoscimento di: (342 gg previsti contrattualmente – 170 gg utilizzati) X € 1.620.161,25 (importo contrattuale) X 0,005% uguale euro 139.338,87».
Con la seconda riserva (‘Incentivo per l’interferenza dei lavori con il traffico’), la COGNOME chiedeva «sulla scorta di quanto riportato nel contratto (art. 5) è fissato in euro 2000,00/giorno l’indennizzo a fronte del mancato disagio arrecato al traffico e all’esercizio stradale per ogni giorno di anticipo nella ultimazione lavori. Per le motivazioni suddette di impresa chiede dunque il riconoscimento di: (342 gg previsti contrattualmente – 170 utilizzati) X 2000,00/giorno (indennizzo giornaliero) uguale euro 344.000,00».
Le ulteriori due riserve non erano oggetto del presente giudizio, anche se nella riserva n. 4 si deducevano «i maggiori costi sostenuti per mezzi d’opera e maestranze aggiuntive per limitare i disagi al traffico veicolare attraverso la riduzione del numero delle chiusure totale degli svincoli rispetto a quanto contrattualmente previsto, è pari complessivamente ad euro 182.352,85».
Autostrade del Brennero riconosceva dovuto all’appaltatore il premio di accelerazione per intero (euro 139.333,87) ed una parte dell’incentivo/indennizzo per interferenza dei lavori con il traffico (definendolo rimborso dei ‘maggiori danni’), per complessivi euro 162.016,13, pari al 10% dell’importo netto contrattuale.
La COGNOME cedeva il proprio credito per riserve nei confronti della stazione appaltante al Consorzio Stabile Odos con atto in data 30/6/2016.
Con atto di citazione notificato il 2/2/2017 il Consorzio RAGIONE_SOCIALE citava dinanzi al tribunale di Trento Autostrada del Brennero, chiedendo la condanna di quest’ultima al pagamento dei compensi di indennizzi risultati dalle riserve formulate in contabilità per un importo complessivo di euro 1.034.697,22, detratto l’importo già pagato di euro 162.016,13.
6.1. Si costituiva in giudizio Autostrada del Brennero rilevando di aver riconosciuto all’appaltatrice l’importo di euro 162.016,13, a titolo di premio di accelerazione e/o di incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, corrispondente al 10% dell’importo netto dei lavori. Null’altro poteva essere riconosciuto al Consorzio «trattandosi della misura massima consentita dalla normativa e dal contratto per le somme erogabili a titolo premiale».
Il tribunale, con sentenza n. 656 del 2/7/2018, rigettava le domande proposte dal Consorzio RAGIONE_SOCIALE
Proponeva atto d’appello il Consorzio RAGIONE_SOCIALE limitatamente ai capi che avevano negato il diritto al pagamento da parte di autostrada del Brennero del «premio di accelerazione», di cui alla prima riserva, e dell’incentivo «per interferenza dei lavori con il traffico» di cui alla seconda riserva.
In particolare, il Consorzio chiedeva, in via principale, il pagamento della somma relativa alle due riserve, e quindi euro 139.333,87 (per la prima riserva) ed euro 344.000,00, per incentivo per eliminazione del traffico (per la seconda riserva), con la detrazione di quanto già pagato pari ad euro 162.016,13, con un risultato complessivo di euro 321.321,74.
In subordine, chiedeva la differenza tra euro 340.000,00, somma relativa alla seconda riserva, con la detrazione di quanto già pagato, ossia di euro 162.016,13, per un totale di euro 181.983,67.
La Corte d’appello di Trento, in accoglimento parziale dell’appello proposto dal Consorzio, condannava Autostrade Brennero al pagamento della somma di euro 181.984,13, pari appunto alla riserva n. 2, detratto quanto già versato dalla convenuta, ossia euro 162.016,63.
La Corte territoriale, per quel che qui ancora rileva, muoveva dall’interpretazione dell’inciso di cui all’art. 5 del capitolato generale d’appalto, ove si prevedeva che «tale penale, come pure l’incentivo, non sono cumulabili con quelli previsti per l’ultimazione dell’intero lavoro appaltato».
La Corte territoriale rilevava l’esistenza di due distinti paragrafi all’interno dell’art. 5.
Il primo paragrafo atteneva alla «penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione», nel cui ambito si faceva riferimento ad una «penale» pari allo 0,5% dell’ammontare
netto contrattuale, e di un «incentivo» di pari entità «per ogni giorno di anticipo».
Nel secondo paragrafo dell’art. 5, in cui era inserita la frase del divieto di cumulo, si faceva riferimento al «rimborso per maggiori danni», «anche se questi ultimi vengono poi qualificati anch’essi (impropriamente) ‘penale’, al rigo 14». Vi era poi anche in questo caso un «incentivo» per ogni giorno di anticipo.
La Corte d’appello, quindi, reputava che il significato di «questa ‘penale’ ( recte : risarcimento) e questo ‘incentivo’ non possono essere cumulati con ‘penale’ ed ‘incentivo’ di cui all’altro paragrafo ‘ritardo nell’ultimazione dei lavori’».
Tra l’altro, nell’ultimo paragrafo si chiariva che «la penale o l’incentivo non possono essere ‘comunque complessivamente dell’ammontare dell’appalto’», e ciò «in linea con gli articoli 22 e 23 del D.M. 145/2000 e 117 d.p.r. 554/99 citati in sentenza per le penali da ritardo o il premio per anticipo ultimazione».
Per la Corte di merito, dunque, «le penali o i premi ivi previsti sono certamente diversi dalla ‘penale’ ( recte risarcimento danni) e incentivo di cui al paragrafo di pertinenza, inserito nel capitolato, in quanto riferiti agli ‘ulteriori oneri’ risultanti dai disagi arrecati o dalla maggiore celerità atta a determinare una minore interferenza sul traffico».
Del resto, quanto alla «penale» vi era «una elencazione specifica dei ‘maggiori danni’, che vanno in concreto riscontrati, ovverosia minori introiti, maggiori oneri di assistenza e di segnaletica, danni da immagine, cioè situazioni che non sono in alcun modo previste dal paragrafo precedente, che prescinde da qualsiasi accertamento di tal fatta».
Nella riserva n. 4, del resto, l’appaltatrice COGNOME aveva elencato tali propri maggiori oneri subiti per l’accelerazione, «eventi rispetto ai quali tra l’altro non vi è stata specifica contestazione di non veridicità: a titolo esemplificativo disagi logistici, maggior impiego di personale, organizzazione di percorsi alternativi».
Pertanto – ad avviso della Corte d’appello – era corretto quanto affermato dall’appellata Autostrade del Brennero in relazione ai limiti di legge per la quantificazione della penale e dell’incentivo (massimo 10% dell’intero importo), ma ciò era irrilevante, «in quanto effettivamente il capitolato rispetta il dettato normativo per gli istituti che vanno propriamente identificati quali ‘penale’ ed ‘incentivo’, come previsti nel paragrafo ‘ritardi nell’ultimazione lavori’, diverso e distinto da quello sul ‘rimborso per maggiori danni’, nel cui ambito è però contenuta anche la previsione degli incentivi di euro 2000,00 per ogni giorno di anticipata ultimazione».
Vi era, dunque, il divieto di cumulo tra la penale e l’incentivo del paragrafo ‘ritardi nell’ultimazione lavori’ – che era stabilita di per sé, per il semplice superamento dei termini o per l’anticipo sugli stessi e la penale (risarcimento) ed incentivo del paragrafo ‘per maggiori danni’, correlato invece alla ‘interferenza dei lavori con il traffico’.
Poteva applicarsi «solo una delle due ipotesi».
In ordine, però, al caso specifico doveva sottolinearsi quanto emerso sia dalla sentenza che dalla comparsa di risposta in appello di autostrada, per le quali «la regola della non cumulabilità andava assicurata riconoscendo l’incentivo di maggiore importo e quindi quello per il mancato disagio al traffico».
In realtà, il rimborso e l’incentivo del secondo paragrafo «assorbiva» penale e premio, allorquando l’ultimazione ritardata o anticipata dei lavori, «stante l’accertata costante interferenza dei
lavori con il traffico», aveva determinato «incremento ovvero la riduzione dell’interferenza».
Doveva allora essere riconosciuto l’incentivo di cui alla riserva n. 2, pari ad euro 344.000,00, con la decurtazione della somma già versata di euro 162.016,13, residuando un credito del consorzio pari ad euro 181.984,13.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Autostrada del Brennero s.p.a., depositando anche memoria scritta.
Ha resistito con controricorso il Consorzio Stabile Odos, depositando anche memoria scritta.
Il Procuratore Generale, nella persona del dott. NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte, chiedendo l’accoglimento del primo motivo con assorbimento del secondo.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo di impugnazione la ricorrente autostrada deduce la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, 22 e 23 del D.M. Lavori pubblici del 19 aprile 2000, n. 145 (Regolamento recante il Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) e dell’art. 117 del d.p.r. n. 544/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.».
La ricorrente reputa erronea la valutazione della Corte di merito per cui il limite del 10% dell’importo contrattuale previsto dall’art. 5 dello schema di contratto, per la penale e l’incentivo, disciplinati dal paragrafo «Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione» non si applicava alla penale e all’incentivo previsti nel successivo paragrafo «Rimborso per maggiori danni» del medesimo art. 5, stante la diversità di questi ultimi «riferiti agli ulteriori oneri
risultanti dai disagi arrecati o dalla maggiore celerità atta a determinare una minor interferenza sul traffico».
Per la ricorrente trova applicazione, invece, l’art. 22, comma 1, del D.M. 145 del 2000, il quale prevede per il computo della penale, come pure dell’incentivo, il limite previsto dall’art. 117 del d.p.r. n. 544 del 1999, ossia la misura non superiore al 10% in relazione all’importo dei lavori oggetto di appalto.
Per tale ragione, l’importo massimo erogabile all’appaltatrice era di euro 162.016,13, pari al 10% dell’importo dei lavori quantificati in euro 1.620.161,26.
La Corte d’appello, invece, ha affermato che la penale e l’incentivo previsti nel paragrafo «Rimborso per i maggiori danni», a differenza della penale e dell’incentivo previsti nel paragrafo «Penale per il ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione», «non avrebbero natura di penale e, rispettivamente, di premio e non sarebbero perciò soggetti al limite del 10% dell’importo contrattuale».
Tale affermazione sarebbe però smentita dai «chiari contenuti dell’art. 5 dello schema di contratto che prevede due diverse ipotesi di penale e, specularmente, due diverse tipologie di incentivo, tutte connesse alla ritardata o, rispettivamente, alla anticipata ultimazione dei lavori».
La prima ipotesi riguarda una penale o un premio da riconoscersi in via automatica.
La seconda ipotesi, invece, viene riconosciuta sempre per ogni giorno di ritardo o di anticipo, ma a condizione che risultino ulteriori elementi di fatto, derivanti «dai disagi arrecati al traffico o, specularmente, dall’eliminazione dell’impatto sul traffico», nella misura di euro 2000,00 per ciascun giorno di ritardo o di anticipo.
Entrambe le ipotesi di penale o incentivo, però, «si fondano sul medesimo presupposto di fatto del ritardo o dell’anticipazione dell’ultimazione dei lavori.
I due tipi di penale anticipazione si applicano in forma non cumulativa, ma dovendosi applicare in ogni caso il limite del 10% dell’importo contrattuale.
Non è corretto allora affermare che l’incentivo e la penale previsti nel paragrafo «Rimborso per maggiori danni» a differenza di incentivo e penale previsti nell’altro paragrafo dedicato a «Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione», non avrebbero natura di penale e, rispettivamente di premio «e non sarebbero perciò soggetti al limite del 10% dell’importo contrattuale».
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta la «violazione di legge per violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 5 dello schema di contratto, costituente la lex specialis dell’appalto, degli articoli 1, 22 e 23 del D.M. lavori pubblici del 19 aprile 2000, n. 145 (Regolamento recante il Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) e dell’art. 117 del d.P.R. n. 544/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.».
La Corte d’appello ha liquidato in favore del Consorzio l’incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico per tutti 172 giorni di asserita anticipazione nell’ultimazione dei lavori, ma ha ignorato completamente «il tema della mancata dimostrazione, da parte del
richiedente, dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento di detto incentivo (anziché del premio di accelerazione)».
La scelta dell’incentivo di cui al paragrafo dedicato al «rimborso» è stata effettuata dalla Corte di merito in base a «quanto scritto da Auto Brennero nella comparsa di costituzione e risposta».
In realtà, però, il riconoscimento da parte di Autostrada del Brennero di un importo maggiore della semplice penale da ritardo riguardava, «di tutta evidenza, il solo importo riconosciuto di euro 162.016,13, non certo il maggiore importo di 344.000,00 euro richiesto dal consorzio per il quale lo stesso non ha addotto alcuna prova».
Tra l’altro, i giorni di anticipo nell’ultimazione dei lavori, che il Consorzio ha indicato in 172, sarebbero 171, come riportato anche nello stato finale dei lavori.
Il primo motivo è fondato.
3.1. L’art. 5 dello schema del contratto di appalto stipulato tra Autostrada per il Brennero e società RAGIONE_SOCIALE in data 5/2/2010 reca nell’art. 5 la disciplina specifica con riferimento ai premi e agli incentivi di accelerazione.
Si rinvengono, all’interno dell’art. 5, in base alla descrizione fatta delle clausole dalla sentenza della Corte d’appello e dal ricorso per cassazione, due diversi paragrafi.
Il primo paragrafo reca la dicitura «Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione», e si prevede una penale per il ritardo, nella misura dello 0,5 × 1000 dell’ammontare netto contrattuale per ogni giorno di ritardo nell’ultimazione dell’intero lavoro appaltato, e un premio di accelerazione, speculare alla penale da ritardo e della stessa entità, per ogni giorno di anticipo nel completamento dei lavori.
In base a tale paragrafo la società appaltatrice ha chiesto, come prima riserva, la somma di euro 139.333,87, pari allo 0,5 × 1000 dell’importo complessivo di euro 1.620.161,26.
È evidente che, in questo caso, il premio o l’incentivazione vengono attribuiti esclusivamente in modo automatico, senza che vi sia bisogno di ulteriori presupposti, ma semplicemente calcolando l’anticipo rispetto al termine ultimo dei lavori che era previsto per il 23/12/2010.
Non è dunque necessaria, ai fini del riconoscimento del premio, alcuna verifica specifica.
5.Il secondo paragrafo dell’art. 5 dello schema di contratto reca la dicitura «Rimborso per maggiori danni», prevedendo una penale per maggiori danni arrecati al traffico, nella misura di euro 2000,00 per ogni giorno di ritardo nell’ultimazione dei lavori, per gli «ulteriori oneri che risulteranno dai disagi arrecati al traffico e all’esercizio stradale», e un incentivo «per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, speculare al rimborso per maggiori danni e della stessa entità, per ogni giorno di anticipo nell’ultimazione dei lavori».
Tale incentivo presuppone che la anticipata ultimazione dei lavori abbia effettivamente interferito con il traffico, eliminandone o attenuandone i disagi.
Solo in presenza di tale presupposto la stazione appaltante può riconoscere un incentivo ulteriore, superiore a quelli standard per la mera anticipata ultimazione.
In tal caso, calcolando i 172 giorni di anticipo, la somma complessiva dovuta era di euro 344.000,00, pari alla moltiplicazione tra i 172 giorni di anticipo e la somma di euro 2000,00 per ogni giorno di anticipo.
In tale paragrafo era contenuta l’ulteriore specificazione per cui «Tale penale, come pure l’incentivo, non sono cumulabili con quelli previsti per l’ultimazione dell’intero lavoro appaltato».
Pertanto, risulta corretta l’interpretazione della Corte d’appello per cui i due premi o incentivi, indicati nei paragrafi primo e secondo dell’art. 5, risultano alternativi e non possono essere cumulati (cfr. pagina 4 della sentenza d’appello «quindi il senso è che questa ‘penale’ (recte risarcimento) e questo ‘incentivo’ non possono essere cumulati con ‘penale’ ed ‘incentivo’ di cui all’altro paragrafo ‘ritardo nell’ultimazione dei lavori’»).
La questione dirimente è, allora, se gli incentivi previsti nei due paragrafi, che non sono sicuramente cumulabili tra loro, rientrino entrambi tra gli «incentivi» ed i premi di accelerazione, previsti dalla normativa vigente in materia di appalti, che prevede un limite massimo pari al 10% dell’importo del contratto.
Va premesso un breve quadro normativo in materia, che consenta di comprendere dove si annida l’errore nel ragionamento della Corte d’appello.
7.1. L’art. 12 della legge 10/12/1981, n. 741 (Ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche) inserisce il premio o l’incentivo per l’anticipazione, prevedendo che «i capitoli speciali di appalto possono prevedere la corresponsione alle imprese di premi di incentivazione per accelerare l’esecuzione dei lavori».
Veniva, quindi, istituito il «fondo per accordi bonari» di cui all’art. 12 del d.P.R. 21/12/1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni).
Tale disposizione veniva poi abrogata dal d.P.R. n. 207 del 2010.
7.3. Il D.M. 19/4/2000, n. 145 (Regolamento recante il capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici) all’art. 1, comma 2, stabilisce che «le disposizioni del capitolato devono essere espressamente richiamate nel contratto di appalto; esse si sostituiscono di diritto alle eventuali clausole difformi di contratto o di capitolato speciale, ove non diversamente disposto dalla legge o dal regolamento».
L’art. 22 del D.M. n. 145 del 2000 si occupa poi delle «Penali» stabilendo che «per il maggior tempo impiegato dall’appaltatore dell’esecuzione dell’appalto oltre il termine contrattuale è applicata la penale nell’ammontare stabilito dal capitolato speciale o dal contratto e con i limiti previsti dall’art. 117 del regolamento». Si aggiunge nell’art. 23 del D.M. n. 145 del 2000, quanto al premio di accelerazione, che «in casi particolari che rendano apprezzabile l’interesse a che l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine contrattualmente previsto, il contratto può prevedere che all’appaltatore sia riconosciuto un premio per ogni giorno di anticipo determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti nel capitolato speciale o nel contratto per il calcolo della penale, sempre che l’esecuzione dell’appalto sia conforme alle obbligazioni assunte».
L’art. 117 del d.P.R. n. 554 del 1999 disciplina le penali e i premi, stabilendo che «i capitolati speciali di appalto e i contratti precisano le penali da applicare nel caso di ritardato adempimento, degli obblighi contrattuali». Al comma 3 dell’art. 117 richiamato si prevede che «per il ritardato adempimento delle obbligazioni assunte dagli esecutori di lavori pubblici, le penali da applicare sono stabilite dal responsabile del procedimento, in sede di elaborazione del progetto posto a base di gara ed inserite nel capitolato speciale d’appalto, in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 × 1000 e l’1 × 1000 dell’ammontare netto contrattuale, e comunque complessivamente
non superiore al 10%, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate all’eventuale ritardo».
Di qui, l’applicazione del massimale del 10% in relazione all’ammontare netto contrattuale per i premi o gli incentivi di accelerazione.
7.4. Tra l’altro, anche la normativa successiva in tema di appalti ha mantenuto il massimale del 10%, salvo portarlo al 20% nel decreto-legge n. 77 del 2021.
Si muove dall’art. 145 del d.p.r. n. 207 del 2010 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163) che, al comma 9, si occupa del premio per ogni giorno di anticipo, collegandosi al comma 3, che stabilisce una somma non superiore al 10% dell’ammontare netto contrattuale.
Si è previsto, poi, all’art. 113bis del d.lgs. n. 50 del 2016 che «i contratti d’appalto prevedono penali per il ritardo nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali da parte dell’appaltatore» e che «le penali dovute per il ritardato adempimento sono calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,3 × 1000 e l’1 × 1000 dell’ammontare netto contrattuale e non possono comunque superare, complessivamente, il 10% di detto ammontare netto contrattuale».
L’art. 50 del decreto-legge 31/5/2021, n. 77, convertito in legge 29/7/2021, n. 108, ha poi stabilito che «la stazione appaltante prevede, nel bando o nell’avviso di indizione della gara, che, qualora l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine ivi indicato, è riconosciuto, a seguito dell’approvazione da parte della stazione appaltante del certificato di collaudo o di verifica di conformità, un premio di accelerazione per ogni giorno di anticipo determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti per il calcolo della penale, mediante utilizzo delle somme indicate nel quadro economico dell’intervento alla voce imprevisti, nei limiti delle risorse
ivi disponibili, sempre che l’esecuzione dei lavori sia conforme alle obbligazioni assunte. In deroga all’art. 113bis del d.lgs. n. 50 del 2016, le penali dovute per il ritardato adempimento possono essere calcolate in misura giornaliera compresa tra lo 0,6 × 1000 e l’1 × 1000 dell’ammontare netto contrattuale, da determinare in relazione all’entità delle conseguenze legate al ritardo, e non possono comunque superare, complessivamente, il 20% di detto ammontare netto contrattuale».
L’art. 126 del d.lgs. n. 36 del 2023 prevede che la percentuale massima della penale, come pure dell’incentivo è quella del 10% dell’ammontare netto contrattuale.
In tal caso, però, si passa ad una disposizione facoltativa, in quanto «la stazione appaltante può prevedere nel bando nell’avviso di indizione della gara che, se l’ultimazione dei lavori avviene in anticipo rispetto al termine fissato contrattualmente, sia riconosciuto un premio di accelerazione per ogni giorno di anticipo. Il premio è determinato sulla base degli stessi criteri stabiliti per il calcolo della penale».
Si chiarisce che «nei documenti di gara iniziali la stazione appaltante si può riservare la facoltà di riconoscere un premio di accelerazione determinato sulla base dei predetti criteri anche nel caso in cui il termine contrattuale sia legittimamente prorogato, qualora l’ultimazione dei lavori avvenga in anticipo rispetto al termine prorogato».
L’elemento di maggiore rilievo risiede nella discrezionalità riconosciuta alle stazioni appaltanti, in sede di predisposizione della documentazione di gara, di riconoscere il premio di accelerazione anche nei casi in cui l’anticipazione si verifichi non in relazione al termine originariamente pattuito, ma quello legalmente prorogato.
Tenendosi conto della pronuncia di questa Corte n. 3260 del 2022 (anche Cass., sez. 1, 26/3/2003, n. 4477; Cass., sez. 1, 22/6/2005, n. 13434; Cass., sez. 6-1, 30/3/2011, n. 7204), che, nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016, ha ritenuto che la data da assumere a parametro per valutare se vi fosse o meno stata un’anticipazione contrattuale fosse quella originariamente pattuita e non oggetto di proroga, indipendentemente dalle ragioni che avessero richiesto la proroga medesima.
8. Pertanto, una volta chiarito che entrambe le clausole, sia quella di cui al paragrafo primo che quella di cui al paragrafo secondo, si riferiscono a premi o incentivazione per l’accelerazione dei lavori e per la conclusione in anticipo degli stessi, non può non trovare applicazione in entrambi i casi il limite previsto dalle norme di legge, e quindi del 10% rispetto all’ammontare netto dell’importo dei lavori d’appalto.
Ha errato, dunque, la Corte d’appello a ritenere che il premio di accelerazione previsto nel paragrafo secondo, relativo al «Rimborso per maggiori danni», non di natura automatica, come il premio di cui al paragrafo primo, ma bisognoso della sussistenza di ulteriori presupposti concreti, fosse svincolato dal limite normativo del 10% dell’importo netto.
Per la Corte d’appello, infatti, pur essendo corretto che dovesse tenersi conto del massimo del 10% dell’intero importo, ciò sarebbe stato irrilevante, «in quanto effettivamente il capitolato rispetta il dettato normativo per gli istituti che vanno propriamente identificati quali ‘penale’ ed ‘incentivo’, come previsti nel paragrafo ‘ritardi nell’ultimazione lavori’, diverso e distinto da quello sul ‘rimborso per maggiori danni’, nel cui ambito è però contenuta anche la previsione degli incentivi di euro 2000 per ogni giorno di anticipata ultimazione».
Per la Corte d’appello, pur sussistendo il divieto di cumulo, tuttavia doveva essere riconosciuto l’incentivo di maggiore importo e, quindi, quello per il mancato disagio al traffico, assorbente incentivo di cui al primo paragrafo, «stante l’accertata interferenza dei lavori con il traffico» che aveva determinato la «riduzione dell’interferenza». In tal modo, tale incentivo, relativo al «rimborso per maggiori danni» non era in alcun modo riducibile nelle limite massimo del 10% dell’importo netto dei lavori.
Tale affermazione, come detto, risulta erronea, in quanto in palese violazione dell’art. 117 del d.p.r. n. 554 del 1999, che pone il limite del 10% rispetto ad ogni ipotesi di premio o di incentivo per l’accelerazione dei tempi del contratto.
La somma di euro 162.016,13, già pagata da Autostrada, raggiunge il limite massimo del 10% dell’importo dell’appalto, pari ad euro 1.620.161,26.
Infatti, correttamente RAGIONE_SOCIALE, proprio in ragione della natura non cumulativa dei due tipi di premialità, ha liquidato in favore del Consorzio un importo superiore a quello che sarebbe risultato dall’applicazione del solo premio di accelerazione, descritto nel primo paragrafo, pari ad euro 139.333,87, ma inferiore a quello richiesto dal consorzio con la riserva numero 2, pari ad euro 340.000,00.
Del resto, proprio la clausola di cui all’articolo 5, al paragrafo 2, richiama in più punti sia il termine ‘penale’, sia il termine ‘incentivo’, sicché non può dubitarsi della natura premiare dell’incentivo e della natura di penale del rimborso.
Peraltro, anche l’espresso divieto di cumulo delle clausole riportate nei 2 paragrafi dell’articolo 5, fa emergere l’omogeneità fra le due ipotesi di premialità, essendo esclusa la contemporanea applicazione di entrambe le misure incentivanti.
Resta assorbito il secondo motivo.
La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre