SENTENZA CORTE DI APPELLO DI TRENTO N. 231 2025 – N. R.G. 00000063 2025 DEPOSITO MINUTA 01 12 2025 PUBBLICAZIONE 11 12 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Corte D’Appello di Trento
R.G. 63/2025
La Corte D’Appello di Trento , in persona dei magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME
Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME
Consigliere relatore
Dott. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile promossa con atto di riassunzione notificato in data 17 marzo 2025 da
(C.F.
),
rappresentata e difesa, giusta mandato speciale allegato telematicamente al presente atto, dall’AVV_NOTAIO (C.F. ) presso la quale elegge domicilio digitale alla PEC sopra indicata e domicilio fisico nello studio in 38122 INDIRIZZO, INDIRIZZO
n. 14,
Attore in riassunzione
contro
(C.F.
),
rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO del Foro di Trento
(C.F. giusto mandato allegato al fascicolo telematico C.F.
P.
P.
Convenuto in riassunzione
CONCLUSIONI
Voglia la Corte adita, ogni avversa domanda, eccezione e deduzione respinta, in conformità ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 33941, pubblicata il 22 dicembre 2024:
1. in parziale riforma della cassata sentenza di codesta Corte di appello di Trento n. 181/2019, e in integrale conferma, invece, della sentenza del Tribunale di Trento n. 656/2018, accertare e dichiarare che
nulla deve al a titolo di premio per ultimazione dei lavori e incentivo per l’eliminazione dell’impiatto del traffico oltre all’importo già pagato di 162.016,13 euro, corrispondente al 10% dell’importo complessivo di appalto;
per l’effetto, condannare il a restituire ad l’importo di euro 242.925,69 (al netto delle spese per il precetto, di complessivi euro 500,00, oltre agli accessori, e a euro 27,16 per spese vive), versato in ottemperanza alla sentenza della Corte di appello di Trento n. 181/2019, oltre agli interessi legali dal 28 novembre 2019 al saldo, nonché il 75% dell’importo di euro 5.508,50 (euro 4.131,38), versato per la tassa di registro, oltre agli interessi legali dal 19 dicembre 2019 al saldo, per un totale di euro 246.300,35, oltre agli interessi legali dal giorno del dovuto al saldo .
con integrale vittoria delle spese legali per il giudizio in appello, il giudizio per cassazione e il presente giudizio in riassunzione, ivi compresi i contributi unificati
Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa, rigettare le domande tutte proposte da e per l’effetto confermare la sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 181/2019 e nello specifico la condanna di al pagamento in favore del dell’importo di euro 181,984,13.=, oltre interessi e spese
legali;
in subordine ridurre le domande avversarie nella misura che sarà ritenuta di giustizia e compensare integralmente le spese di causa, ivi comprese quelle del giudizio di cassazione e del presente grado, per i motivi dedotti in parte narrativa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 2 febbraio 2017, conveniva esponendo che: a seguito di gara pubblica, con contratto del 5/2/2010 affidava a risultata aggiudicataria, i lavori di adeguamento delle barriere di sicurezza delle piste degli svincoli di Verona Nord, per un importo di euro 1.620.161,20; con contratto di subappalto in data 6/4/2010, autorizzato dalla stazione appaltante, affidava al la posa in opera delle barriere metalliche di sicurezza e lavori per la sicurezza; il contratto stipulato dalla in data 5 febbraio 2010 prevedeva per l’ultimazione dei lavori il termine di 342 giorni ; i lavori venivano consegnati il 7/7/2010, terminando il 23/12/2010, come risultava dal certificato di ultimazione dei lavori e dal certificato di collaudo del 18/6/2014, «con un anticipo dunque di 171 giorni sul termine contrattualmente previsto» ; l’art 5 dello schema di contratto prevedeva
«un incentivo pari allo 0,5% dell’ammontare netto contrattuale per ogni giorno di anticipo nel completamento dei lavori (sotto la voce ‘Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premi di accelerazione’ ) ; nonché una ulteriore a titolo di incentivo di entità pari a 2000 euro al giorno per ogni giorno di anticipo voce, ‘ considerata la costante interferenza con il traffico ‘ (sotto la voce ‘rimborso per maggiori danni’) ; sul presupposto che i lavori erano stati determinati con 171 giorni di anticipo, in occasione della sottoscrizione del conto finale formulava n. 4 riserve per chiedere i maggiori oneri e premi contrattuali relativi all’intervenuta esecuzione anticipata dei lavori; con la prima riserva (‘Premio accelerazione’) «a fronte del mancato adempimento contrattuale del DL, che nella relazione dello stato finale non ha provveduto a certificare il credito maturato dall’appaltatore, e di quanto riportato n el contratto (art. 5) La scrivente impresa chiede il riconoscimento di: (342 gg previsti contrattualmente -170 gg utilizzati) € 1.620.161,25 (importo contrattuale) X 0,005% uguale euro 139.338,87»; con la seconda riserva (‘Incentivo per l’interferenza dei lavori con il traffico’) «sulla scorta di quanto riportato nel contratto (art. 5) è fissato in euro 2000,00/giorno l’indennizzo a fronte del mancato disagio arrecato al traffico e all’esercizio stradale per ogni giorno di anticipo nella ultimazione lavori. Per le motivazioni suddette di impresa chiede dunque il riconoscimento di: (342 gg previsti contrattualmente -170 utilizzati) X 2000,00/giorno (indennizzo giornaliero) uguale euro 344.000,00»; l’oggetto della terza era relativo al mancato riconoscimento di maggiori oneri sostenuti per garantire i mezzi d’opera e le maestranze aggiuntive, nonché lo sforzo gestionale ed organizzativo necessario per anticipare l’ultimazione dei lavori e ridurre
così il disagio al traffico, per un importo di € 369.010,50 ; l’ulteriore riserva era inerente al mancato riconoscimento di maggiori oneri sostenuti per garantire i mezzi d’opera e le maestranze aggiuntive, nonché lo sforzo gestionale ed organizzativo necessario per ridurre il numero di chiusure totali degli svincoli e ridurre così il disagio al traffico, per un importo di € 182.352,85 ; riconosceva dovuto all’appaltatore il premio di accelerazione per intero (euro 139.333,87) ed una parte dell’incentivo/indennizzo per interferenza dei lavori con il traffico (definendolo rimborso dei ‘maggiori danni’), per complessivi euro 162.016,13, pari al 10% dell’importo netto contrattuale ; cedeva il proprio credito per riserve nei confronti della stazione appaltante
al con atto in data 30/6/2016.
L’attore chiedeva la condanna di al pagamento degli importi per cui erano state iscritte le riserve, e quindi di € 1.034.697,22 al netto dell’importo già corrisposto di €162.016,13 , oltre rivalutazione ed interessi.
Si costituiva in giudizio rilevando di aver riconosciuto all’appaltatrice l’importo di euro 162.016,13, a titolo di premio di accelerazione e/o di incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, corrispondente al 10% dell’importo netto dei lavori; mentre n ull’altro poteva essere riconosciuto al ‘trattandosi della misura massima consentita dalla normativa e dal contratto per le somme erogabili a titolo premiale’ .
Con sentenza n. 656 del 2/7/2018, il Tribunale di Trento rigettava le domande proposte dal
Con riferimento all’oggetto delle due prime riserve , osservava che , nella narrativa della citazione, il aveva indicato , quale somma ancora dovutale a titolo di premio di accelerazione e di incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, il minor importo di € 181.983,87, con ciò sostanzialmente riconoscendo la fondatezza di uno dei rilievi svolti da , vale a dire la non cumulabilità dei due incentivi. Operata la disamina dell’ art. 5 dello schema di contratto, su cui si fondavano le domande attoree, affermava che la clausola, nel chiarire che anche il ‘rimborso per maggiori danni’ aveva natura di penale, sanciva in modo inequivocabile la non cumulabilità con la penale da ritardo disciplinata in precedenza.
Nell’affrontare il profilo della coordinazione delle due disposizioni, concludeva che aveva correttamente considerato che la regola della non cumulabilità andava assicurata riconoscendo l’incentivo di maggiore importo, e quindi quello per il mancato disagio al traffico, ma ne aveva ridotto l’ammontare, applicando il limite del 10% del netto contrattuale: infatti la somma da essa corrisposta a questo titolo al non era pari al solo premio di accelerazione (che ammontava nella specie ad € 139.333,00), bensì ad € 162.016,13, pari al 10% dell’importo netto dei lavori oggetto di appalto.
Benchè tale limite fosse previsto nel citato art. 5 soltanto a proposito della penale da ritardo, e non per il ‘rimborso per maggiori danni ‘ né per gli incentivi, operata una analisi della normativa del settore concludeva che il limite del 10% dell’ammontare netto contrattuale si applica non solo alla penale da ritardo ma anche al ‘rimborso per maggiori danni’ , trattandosi di penale; l’incentivo per il mancato disagio arrecato al traffico
è, al pari del premio denominato di accelerazione, un ‘premio per ogni giorno di anticipo’, ai sensi e per gli effetti del citato art. 23 del capitolato generale; per la determinazione di entrambi valgono quindi gli ‘stessi criteri stabiliti nel capitolato speciale o nel contratto per il calcolo della penale ‘ che comprendono, imperativamente, a mente dell’art. 22 del capitolato generale e dell’art. 117 del D.p.r. n. 554/99, oltre alla determinazione della misura giornaliera dell’incentivo, la soglia massima del 10% dell’ammontare netto contrattuale.
Concludeva quindi che l’importo dovuto alla e per essa al cessionario a titolo di premio di accelerazione e di incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, era stato correttamente determinato e corrisposto per intero da , per cui dovevano essere respinte le domande di pagamento di
ulteriori somme.
Con atto di citazione notificato in data 31 agosto 2018, proponeva appello il limitatamente al rigetto della domanda di pagamento da parte di del «premio di accelerazione», di cui alla prima riserva, e dell’incentivo «per interferenza dei lavori con il traffico» di cui alla seconda riserva. Chiedeva, in via principale, il pagamento della somma relativa alle due riserve, e quindi euro 139.333,87 (per la prima riserva) ed euro 344.000,00, per incentivo per eliminazione del traffico (per la seconda riserva), con detrazione di quanto già pagato pari ad euro 162.016,13, con un risultato complessivo di euro 321.321,74. In subordine, chiedeva la differenza tra euro 340.000,00, somma relativa alla seconda riserva, con la detrazione di quanto già pagato, ossia di euro 162.016,13, per un totale di euro 181.983,67.
I n accoglimento parziale dell’appello proposto dal , la Corte d’ Appello di Trento condannava al pagamento della somma di euro 181.984,13, in relazione alla riserva n. 2, detratto l’importo di euro 162.016,63 già versato. Compensava le spese per un mezzo e condannava a rifondere al le spese del doppio grado per la restante quota.
Nell’esaminare le disposizioni dell’art 5, la Corte affermava che il primo paragrafo prevedeva una penale per il ritardo nell’esecuzione ed un premio per l’accelerazione, mentre nel secondo paragrafo , in cui era inserita la frase del divieto di cumulo, si faceva riferimento al «rimborso per maggiori danni», quantunque si facesse riferimento impropriamente ad una ‘penale’ ed anche in questo caso vi era un incentivo per ogni giorno di anticipo. Riteneva che ‘le penali o i premi ivi previsti sono certamente diversi dalla ‘penale’ (recte risarcimento danni) e dall’ incentivo di cui al paragrafo di pertinenza, inserito nel capitolato, in quanto riferiti agli ‘ulteriori oneri’ risultanti dai disagi arrecati o dalla maggiore celerità atta a determinare una minore interferenza sul traffico ‘ .
Pur ritenendo corretta la tesi dall’appellata in relazione a l limite del 10% dell’intero importo posto dalla legge per la quantificazione della penale e dell’incentivo ne rilevava la irrilevanza , dal momento che tale limite era rispettato dal capitolato per gli istituti che vanno propriamente identificati quali ‘penale’ ed ‘incentivo’, che tuttavia erano diversi dal ‘rimborso per maggiori danni’, nel cui ambito rientrava la previsione degli incentivi di euro 2000,00 per ogni giorno di anticipata ultimazione.
Ravvisato il divieto di cumulo tra la penale e l’incentivo del paragrafo ‘ritardi nell’ultimazione lavori’ , affermava che ‘ la regola della non cumulabilità andava assicurata riconoscendo l’incentivo di maggiore importo e quindi quello per il mancato disagio al traffico ‘ . Riteneva quindi che il rimborso e l’incentivo del secondo paragrafo «assorbiva» penale e premio, allorquando l’ultimazione ritardata o anticipata dei lavori, «stante l’accertata costante interferenza dei lavori con il traffico», aveva determinato «incremento ovvero la riduzione dell’interferenza». Riconosceva quindi l’incentivo di cui alla riserva n. 2, pari ad euro 344.000,00, per cui, previa decurtazione della somma già versata di euro 162.016,13, residuava un credito del pari ad euro 181.984,13.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione
svolgendo due motivi. Con il primo deduceva la «violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, 22 e 23 del D.M. Lavori pubblici del 19 aprile 2000, n. 145 (Regolamento recante il Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) e dell’art. 117 del d.p.r. n. 544/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.» ; reputava errata la statuizione secondo cui il limite del 10% dell’importo contrattuale previsto dall’art. 5 dello schema di contratto, per la penale e l’incentivo, disciplinati dal paragrafo « Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione» non si applicava alla penale e all’incentivo previsti nel successivo paragrafo «Rimborso per maggiori danni» del medesimo art. 5, sul presupposto che questi ultimi fossero
« riferiti agli ulteriori oneri risultanti dai disagi arrecati o dalla maggiore celerità atta a determinare una minor interferenza sul traffico »; invocava quindi l’applicazione dell’art . 22, comma 1, del D.M. 145 del 2000, il quale prevede per il computo della penale, come pure dell’incentivo, il limite previsto dall’art. 117 del d.p.r. n.544 del 1999, ossia la misura non superiore al 10% in relazione all’importo dei lavori oggetto di appalto ; pertanto l’importo massimo erogabile all’appaltatrice era di euro 162.016,13, pari al 10% dell’importo dei lavori quantificati in euro 1.620.161,26.
Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamentava la «violazione di legge per violazione dell’art. 2697 c.c., dell’art. 5 dello schema di contratto, costituente la lex specialis dell’appalto, degli articoli 1, 22 e 23 del D.M. lavori pubblici del 19 aprile 2000, n.145 (Regolamento recante il Capitolato generale d’appalto dei lavori pubblici, ai sensi dell’art. 3, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) e dell’art. 117 del d.P.R. n.544/1999 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. In particolare censurava che la Corte aveva liquidato in favore del l’incentivo per l’eliminazione dell’impatto sul traffico per tutti 172 giorni di asserita anticipazione nell’ultimazione dei lavori, ignorando « il tema della mancata dimostrazione, da parte del richiedente, dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento di detto incentivo (anziché del premio di
accelerazione)». Nell’affermare che la scelta dell’incentivo di cui al paragrafo dedicato al «rimborso» era stata effettuata in base a «quanto scritto da nella comparsa di costituzione e risposta» evidenziava che la Corte di merito aveva omesso di considerare il riconoscimento da parte di di un importo maggiore della semplice penale da ritardo riguardava il solo importo riconosciuto di euro 162.016,13, non certo il maggiore importo di 344.000,00 euro richiesto dal nonostante la carenza di prova, considerato poi che i giorni di anticipo nell’ultimazione dei lavori erano stati 171 e non 172 , come risultava dallo stato finale dei lavori.
Resisteva con controricorso il .
Con ordinanza n 33941/2024 la Corte di Cassazione, accolto il primo motivo di ricorso e ritenuto assorbito il secondo, cassava la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto, con rinvio alla Corte d’appello di Trento, in diversa composizione, cui demandava di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Con atto di citazione in riassunzione notificato in data 17 marzo 2025, chiedeva, in conformità ai principi di diritto enunciati dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 33941, pubblicata il 22 dicembre 2024, in parziale riforma della cassata sentenza della Corte di appello di Trento n. 181/2019, ed in integrale conferma della sentenza del Tribunale di Trento n. 656/2018, di accertare e dichiarare che
nulla deve al a titolo di premio per ultimazione dei lavori e incentivo per l’eliminazione dell’impiatto del traffico oltre all’importo già pagato di 162.016,13 euro, corrispondente al 10% dell’importo complessivo di appalto; e di condannare il
a restituire ad l’importo di euro
242.925,69 (al netto delle spese per il precetto, di complessivi euro 500,00, oltre agli accessori, ed a euro 27,16 per spese vive), versato in ottemperanza alla sentenza della Corte di appello di Trento n. 181/2019, oltre agli interessi legali dal 28 novembre 2019 al saldo, nonché il 75% dell’importo di euro 5.508,50 (euro 4.131,38), versato per la tassa di registro, oltre agli interessi legali dal 19 dicembre 2019 al saldo, per un totale di euro 246.300,35, oltre agli interessi legali dal giorno del dovuto al saldo; con integrale vittoria delle spese legali per il giudizio in appello, il giudizio per cassazione e il presente giudizio in riassunzione, ivi compresi i contributi unificati.
Si costituiva chiedendo di ‘ rigettare le domande tutte proposte da e per l’effetto confermare la sentenza della Corte d’Appello di Trento n. 181/2019 e nello specifico la condanna di al pagamento in favore del dell’importo di euro 181,984,13.=, oltre interessi e spese legali; in subordine ridurre le domande avversarie nella misura che sarà ritenuta di giustizia e compensare integralmente le spese di causa, ivi comprese quelle del giudizio di cassazione e del presente grado, per i motivi dedotti in parte narrativa ‘ .
Sulle conclusioni come innanzi precisate, la causa veniva riservata al Collegio per la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Le motivazioni svolte dalla Suprema Corte possono essere riassunte nei seguenti termini:
lo schema del contratto di appalto stipulato tra
e
società in data 5/2/2010 detta a ll’art. 5 la disciplina specifica dei premi e degli incentivi di accelerazione, articolata in due paragrafi.
Il primo paragrafo , relativo alla «Penale per ritardo nell’ultimazione dei lavori e premio di accelerazione», prevede una penale per il ritardo, nella misura dello 0,5 × 1000 dell’ammontare netto contrattuale per ogni giorno di ritardo d ell’ultimazione dell’intero lavoro appaltato, e un premio di accelerazione della stessa entità, speculare alla penale da ritardo, per ogni giorno di anticipo nel completamento dei lavori; il premio o l’incentivazione vengono attribuiti esclusivamente in modo automatico, senza che vi sia bisogno di ulteriori presupposti, ma semplicemente calcolando l’anticipo rispetto al termine ultimo dei lavori , fissato per il 23/12/2010 senza che sia richiesta alcuna verifica specifica; a tale titolo con la prima riserva è stata chiesta la somma di euro 139.333,87, pari allo 0,5 × 1000 dell’importo complessivo di euro 1.620.161,26.
Il secondo paragrafo dell’art. 5 dello schema di contratto relativo al «Rimborso per maggiori danni», prevede una penale per maggiori danni arrecati al traffico, nella misura di euro 2000,00 per ogni giorno di ritardo nell’ultimazione dei lavori, per gli «ulteriori oneri che risulteranno dai disagi arrecati al traffico e all’esercizio stradale», e un incentivo «per l’eliminazione dell’impatto sul traffico, speculare al rimborso per maggiori danni e della stessa entità, per ogni giorno di anticipo nell ‘ultimazione dei lavori» ; l’incentivo presuppone che la anticipata ultimazione dei lavori abbia effettivamente interferito con il traffico, eliminandone o attenuandone i disagi. Solo in presenza di tale presupposto la stazione appaltante può riconoscere un incentivo ulteriore, superiore a quelli
standard per la mera anticipata ultimazione. La somma complessiva, pari alla moltiplicazione tra i 172 giorni di anticipo e la somma di euro 2000,00 per ogni giorno di anticipo ammonta ad euro 344.000,00
Ritenuta dirimente la questione se gli incentivi contemplati dai due paragrafi, non cumulabili tra loro come correttamente affermato dalla Core di appello , rientrino entrambi tra gli «incentivi» ed i premi di accelerazione, previsti dalla normativa vigente in materia di appalto, che pone un limite massimo pari al 10% dell’importo del contratt i, viene operata una accurata disamina della normativa succedutasi nel tempo.
Ciò premesso, la
Suprema Corte statuisce nei seguenti
termini :
‘Pertanto, una volta chiarito che entrambe le clausole, sia quella di cui al paragrafo primo che quella di cui al paragrafo secondo, si riferiscono a premi o incentivazione per l’accelerazione dei lavori e per la conclusione in anticipo degli stessi, non può non trovare applicazione in entrambi i casi il limite previsto dalle norme di legge, e quindi del 10% rispetto all’ammontare netto dell’importo dei lavori d’appalto. Ha errato, dunque, la Corte d’appello a ritenere che il premio di accelerazione previsto nel paragrafo secondo, relativo al «Rimborso per maggiori danni», non di natura automatica, come il premio di cui al paragrafo primo, ma bisognoso della sussistenza di ulteriori presupposti concreti, fosse svincolato dal limite normativo del 10% dell’importo netto………. Tale affermazione, come detto, risulta erronea, in quanto in palese violazione dell’art. 117 del d.p.r. n. 554 del 1999, che pone il limite del 10% rispetto ad ogni ipotesi di premio o di incentivo per l’accelerazione dei tempi del contratto.
Infatti, correttamente , proprio in ragione della natura non cumulativa dei due tipi di premialità, ha liquidato in favore del un importo superiore a quello che sarebbe risultato dall’applicazione del solo premio di accelerazione, descritto nel primo paragrafo, pari ad euro 139.333,87, ma inferiore a quello richiesto dal con la riserva numero 2, pari ad euro 340.000,00. Del resto, proprio la clausola di cui all’articolo 5, al paragrafo 2, richiama in più punti sia il termine ‘penale’, sia il termine ‘incentivo’, sicché non può dubitarsi della natura premiare dell’incentivo e della natura di penale del rimborso. Peraltro, anche l’espresso divieto di cumulo delle clausole riportate nei 2 paragrafi dell’articolo 5, fa emergere l’omogeneità fra le due ipotesi di premialità, essendo esclusa la contemporanea applicazione di entrambe le misure incentivanti. ‘
Va sottolineato che essendo stato accolto un motivo di ricorso per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il thema decidendum è inderogabilmente delimitato dal principio di diritto formulato dalla Corte regolatrice , al quale il giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 384, primo comma, cod. proc. civ., deve soltanto uniformarsi senza, al contempo, modificare l’accertamento e la valutazione dei fatti che costituiscono il necessario presupposto della decisione della Cassazione(Cass 24367/2025). Alla luce di tali consolidati principi giurisprudenziali, va evidenziato che le argomentazioni difensive svolte dal il quale contesta nuovamente nel presente grado l’ interpretazione della clausola 5 dello schema di contratto formulata in termini di non cumulabilità dei due incentivi, adducendo che sarebbe contraddetta dal riconoscimento operato dall di un importo superiore a quello previsto dal
primo paragrafo, ed insiste nell’affermare che il secondo paragrafo disciplina un indennizzo che non sarebbe soggetto al limite del 10% , sollecitano la Corte a formulare una rinnovata interpretazione della clausola 5 e del quadro normativo di riferimento che le sono invece precluse ai sensi dell’art 384 c.p.c.. Pertanto non saranno esaminate nel merito.
Preso atto che è circostanza non controversa che
aveva versato in epoca antecedente alla instaurazione del giudizio la somma di € 162.016,13, riconoscendo il diritto di credito vantato dal controparte nella misura massima pari al 10% dell’importo netto dei lavori oggetto di appalto, risulta quindi infondata la domanda del di pagamento di maggiori somme.
Al contempo va accolta la domanda di diretta alla restituzione dell’importo di euro 196.306,03 versata a titolo di capitale ed interessi dalla data della riserva al saldo , in esecuzione della sentenza di Appello n 181/2019 ; su tale somma spettano gli interessi legali dalla data del pagamento comprovato da mandato di pagamento con valuta fissa per il beneficiario del 28.11.2019, sino al saldo ( Cass 30658/2017)
In punto di regolamentazione delle spese , va ricordato che costituisce principio consolidato di legittimità quello secondo cui ‘il giudice del rinvio, al quale la causa sia rimessa dalla Corte di cassazione anche perché decida sulle spese del giudizio di legittimità, è tenuto a provvedere sulle spese delle fasi di impugnazione, se rigetta l’appello, e su quelle dell’intero giudizio, se riforma la sentenza di primo grado, secondo il principio della soccombenza applicato all’esito globale del giudizio,
piuttosto che ai diversi gradi dello stesso ed al loro risultato ‘( Cass 16645/2025; Cass .15506/2018) .
Nello specifico risulta soccombente rispetto a tutte le domande, vale a dire non solo quelle proposte in primo grado ma anche le altre coltivate in appello e nei successivi gradi .
Al contempo, non si ravvisano i presupposti per la compensazione, invocata dalla difesa della convenuta in riassunzione , essendo consolidati i principi applicati dal Tribunale e ribaditi dalla Suprema Corte , in quanto affermati da decenni in modo univoco dalla normativa di settore , come chiarito dalla ampia disamina operata dalla ordinanza della Cassazione .
Pertanto secondo i parametri di cui al DM 147/22, applicando lo scaglione da euro 260.001 ad euro 520.000, in ragione del valore della domanda, va condannato a rifondere ad i compensi che si liquidano: per il grado di
appello come da nota spese in euro 4180,00 per studio della controversia ; euro 2430,00 per fase introduttiva ; euro 6950,00 per fase decisionale, e quindi complessivamente euro 13.560,00 oltre rimborso forfettario, Iva e cpa ; per il giudizio di Cassazione in euro 4961,00 per lo studio, euro 3260,00 per la fase introduttiva , euro 2552,00 per la fase decisionale , e quindi complessivamente euro10.773,00 oltre rimborso forfettario , IVA e CPA come per legge , euro 1742,00 per iscrizione a ruolo ; per il giudizio di rinvio in euro 4389,00 per lo studio , euro 2552,00 per l’atto introduttivo, euro 3000,00 per la fase istruttoria trattazione , euro 7298,00 per la fase decisoria, e quindi complessivamente euro 17.239,90 nonché euro 27,00 e 1.518,00 per rimborso spese vive , oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.
Visto l’art 336 , co II c.p.c. va accolta a domanda di condanna del alla restituzione anche delle somme per compensi ed accessori nonché spese anche successive versate dalla controparte in forza della sentenza della Corte di appello di Trento n. 181/2019
P.Q.M.
La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando su rinvio da Cassazione Rigetta le domande proposte da ; condanna alla restituzione dell’importo di euro 196306,03, versato a titolo di capitale ed interessi dalla data della riserva al saldo , in esecuzione della sentenza di Appello n 181/2019 , oltre interessi legali dalla data del pagamento al saldo; condanna a rifondere ad
le spese di lite liquidate per il grado di appello euro13.560,00 oltre rimborso forfettario, Iva e cpa; per il giudizio di Cassazione in euro 10.773,00 oltre rimborso forfettario , IVA e CPA come per legge ed euro 1742,00 per iscrizione a ruolo; per il presente grado in euro 17.239,90 nonché euro 27,00 e 1.518,00 per rimborso spese vive , oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.;
condanna alla restituzione delle somme per compensi ed accessori, nonché spese anche successive versate da controparte in forza della sentenza della Corte di Appello di Trento n. 181/2019 .
Così deciso nella camera di consiglio in data 18/11/2025.
Il Consigliere relatore/estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME