Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21566 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21566 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/07/2024
Ordinanza
sul ricorso n. 13676/2020 proposto da:
NOME NOME, COGNOME NOME, difesi dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
-ricorrenti- contro
NOME, difeso da ll’ avvocato NOME COGNOME;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 940/2020 del 6/2/2020.
Udita la relazione del consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
I promissari acquirenti NOME COGNOME e NOME COGNOME convengono dinanzi al Tribunale di Latina il promittente venditore NOME COGNOME per il trasferimento ex art. 2932 c.c. di una proprietà immobiliare. Allegano che il preliminare garantisce la regolarità urbanistica degli immobili e obbliga il venditore a produrre la documentazione necessaria alla stipula del contratto definitivo. Allegano poi di essere stati immessi nel possesso degli immobili, in attesa di un nulla osta delle RAGIONE_SOCIALE dello Stato, necessario per la stipula
del definitivo. Scaduto il termine per quest’ultima, sollecitato inutilmente il promittente venditore, intraprendono l’azione giudiziaria corrente. Il convenuto allega una causa a lui non imputabile per la mancata stipula e non si oppone al trasferimento previo pagamento del prezzo. La domanda è rigettata in primo e in secondo grado.
Ricorrono in cassazione gli attori con due motivi, illustrati da memoria. Resiste il convenuto con controricorso e memoria, nonché con il deposito di un atto di divisione di comunione ereditaria del 25/10/23.
Ragioni della decisione
1.- Preliminarmente è da dichiarare l’inammissibilità ex art. 372 c.p.c. del deposito dell’ atto di divisione di comunione ereditaria del 25/10/23.
– Il primo motivo (p. 12) denuncia che la Corte di appello ha ritenuto necessaria per l’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. la regolarità urbanistica dell’immobile e insufficienti le dichiarazioni di esistenza dei presupposti per la sanatoria (prima del rilascio formale di quest’ultima) e di pendenza di una domanda di sanatoria ex art. 40 l. 47/1985.
Il primo motivo è infondato.
Il Tribunale ha rigettato per assenza della regolarità edilizia dell’immobile e per mancata produzione in giudizio dei documenti ex art. 40 l. 47/1985 ai fini della commerciabilità degli immobili (dichiarazione di inizio lavori e ricevute relative ai primi due versamenti dell’oblazione per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria). La Corte di appello ha confermato il rigetto, argomentando che, ai fini del trasferimento della proprietà con sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., data la situazione di «abusivismo edilizio» in cui verte l’immobile, è necessaria la dimostrazione del superamento di tale situazione. Ciò non è accaduto, ma risulta al contrario da una comunicazione del Comune e dalla relazione del c.t.u. che i documenti richiesti dal Comune ai fini della sanatoria non sono stati prodotti, cosicché non vi è alcuna prova del condono.
Così ricostruita la situazione di fatto, la soluzione adottata dalla Corte di appello non presta il fianco alle censure articolate dai ricorrenti (al netto di una leggera imperfezione di motivazione che sarà colta nel riflesso di ciò che si argomenterà nel proseguimento). Sfuocata è infatti l’argomentazione che fa leva sui principi di diritto enunciati da Cass. SU 8230/2019, secondo i quali la nullità comminata (ex art. 46 d.p.r. 380/2001 e) ex artt. 17 e 40 l. 47/1985 è «testuale» e deriva dall ‘omessa menzione negli atti tra vivi ad efficacia reale degli estremi del «titolo abilitativo», realmente esistente e relativo all’immobile oggetto del trasferimento. Ove tale menzione vi sia, il contratto è (sotto tale profilo) valido, quand’anche l’immobile non sia conforme al titolo.
Al contrario di quanto mostrano di ritenere i ricorrenti, l ‘indicazione nell’atto degli estremi della domanda di sanatoria, in un caso come quello di specie (per come esso emerge non solo dalla descrizione fattane dalla Corte di appello, ma anche da accenni contenuti nel ricorso) non è equiparabile alla menzione degli estremi di un titolo abilitativo effettivamente esistente e relativo all’immobile . Né aiuta il ricorrente il richiamarsi a Cass. 22168/2019, ove la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. è stata ammessa in un caso di pendenza di una domanda di condono relativamente a modifiche interne sanabili. Viceversa, nel caso attuale è lo stesso ricorrente ad ammettere il rischio di una «possibile ordinanza di demolizione da parte del Comune» (p. 16), trattandosi di immobile costruito in assenza di concessione edilizia (p. 2).
D’altra parte, Cass. 22168/2019 è pienamente coerente con le pronunce che hanno un taglio più ampiamente ricostruttivo, tra le quali si segnala Cass. 11659/2018, la quale -pur riconoscendo alla giurisprudenza un carattere «alquanto prudente» nell’uso dello strumento della incommerciabilità (quale riflesso della nullità negoziale) del bene immobile irregolare urbanisticamente – distingue tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo
autonomo rispetto all’immobile principale di cui in ipotesi facevano parte e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso. Su questa base Cass. 11659/2018 ha statuito, riferendosi alle fattispecie ex art. 40 l. 47/1985 che può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. -anche se sia stata presentata istanza di condono edilizio con versamento della somma prevista per l’oblazione e la pratica non sia stata definita (come nel caso attuale) – (solo) nel caso in cui l’immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non superiore ad una parziale difformità rispetto alla concessione esistente (tipico il caso di un’ unità immobiliare che abbia subito una modifica o un mutamento di destinazione d’uso), escludendo la possibilità di una sentenza ex art. 2932 c.c. in caso di beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione (tale è appunto il caso attuale). Né la giurisprudenza successiva, che ha ammesso la sentenza ex art. 2932 c.c. in questa materia, si è distaccata da tale orientamento (cfr., tra le più recenti, Cass. 34/2024, in caso di lievi difformità interne regolarizzabili e di allacci idrici e di scarico per il cambio della destinazione del vano cantina; Cass. 14976/2023, in caso di difetto di attestazione di regolarità urbanistica dell’immobile supplita da perizia giurata).
Il primo motivo è rigettato.
3. Il secondo motivo (p. 17) denuncia l’omesso esame del comportamento processuale della controparte (malafede) ai fini della condanna alle spese e quindi il mancato riconoscimento della reciprocità della soccombenza ex art. 92 c.p.c.
Il secondo motivo è rigettato.
Gli inadempimenti allegati del promittente venditore rispetto agli impegni contrattuali e il suo cambio di strategia processuale non incidono sulla soccombenza degli appellanti rispetto alla domanda ex art. 2932 c.c., che reca con sé la condanna alle spese.
4. – Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo uni ficato a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in € 3.000 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso a Roma, il 3/7/2024.