Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7374 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7374 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 19/03/2024
Oggetto: Somministrazione.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14009/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO. NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, in forza di procura su foglio separato ed allegato in calce al ricorso, con domicilio legale in Roma, presso la Cancelleria della Corte di cassazione, INDIRIZZO (pec: EMAIL e EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura speciale allegata al controricorso, elettivamente domiciliata in Roma presso lo
C.C. 9 gennaio 2024
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Pres. L. NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE
studio dell’AVV_NOTAIO, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza Tribunale di Taranto in funzione di giudice d’appello n. 580/2021, pubblicata l’11 marzo 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Taranto in funzione di giudice d’appello ha accolto il gravame proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. 710/2017 del Giudice di Pace di Taranto che, sul rilievo della mancata prova del prelievo abusivo di energia elettrica, aveva dichiarato inesistente il suo credito verso NOME COGNOME di euro 5.781,50 portato da fattura in data 9/10/2015, relativa ai consumi del periodo giugno 2010 sino a febbraio 2015, sebbene la medesima fattura fosse stata emessa a seguito di ricostruzione dei consumi effettivi di energia elettrica dell’utente, all’esito di un sopralluogo ove si era constatata l’intervenuta manomissione del misuratore di consumi posto all’interno dell’ abitazione del medesimo; il Tribunale ha rigettato le domande formulate da COGNOME e lo ha condannato alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza dl Tribunale di Taranto in funzione di giudice d’appello , NOME COGNOME COGNOME proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi. Ha resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente denuncia la ‘ Violazione art. 360 cpc c. 1 n. 4 in combinato con gli artt.112 e 345 c.p.c. e l’ Omessa pronuncia sull’eccepita inammissibilità ex art. 345 c.p.c. – Nullità della sentenza ‘ ; i n particolare, contesta di aver eccepito l’inammissibilità ex art. 345 c.p.c. di
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AVV_NOTAIO quanto controparte aveva, a sua volta eccepito, trattandosi di questione nuova (cioè l’aver COGNOME contestato soltanto parzialmente la fattura riconoscendosi debitore del minor importo di Euro 781,00), insistendo che pertanto l’accoglimento della domanda da parte del giudice di prime cure sarebbe dovuto avvenire entro i suddetti limiti, mentre aveva dichiarato l’annullamento totale della fattura, e che il Tribunale, da parte sua, in violazione dell’art. 112 c.p.c. non si era assolutamente pronunciato su tale eccezione, con conseguente nullità dell’impugnata sentenza.
1.2. Il primo motivo di ricorso non è fondato.
Le paventate violazioni di legge non sussistono ; il giudice d’appello non ha violato affatto il principio del chiesto e pronunciato, ma conformemente con il potere di riesame attribuito al giudice del gravame si è limitato ad accogliere l’appello proposto dall’odierna resistente, ritenendone fondate le doglianze, e a rigettare l’originaria domanda dell’attore, odierno ricorrente.
Neppure risulta violato l’art. 345 c.p.c. tenuto conto che debitamente il Tribunale ha esaminato l’eccezione sollevata dal RAGIONE_SOCIALE che, con l’impugnazione, aveva eccepito il vizio di ultra e extra petizione in cui era incorso il giudice di pace che, pur chiamato ad accertare il debito dell’attore come limitato all’importo di Euro 781,00 (di cui si era riconosciuto debitore), aveva viceversa annullato in toto la fattura recante l’importo complessivo di Euro 5.781,50, ed ha ritenuto dovuto l’intero credito fatturato dal RAGIONE_SOCIALE appellante.
Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia inoltre la ‘ Violazione art. 360 n. 3 c.p.c., in riferimento agli artt. 2935 e 2948 comma 4 c.c.Prescrizione -Metodo – Illegittimità ‘ ; nello specifico, il ricorrente contesta il metodo di calcolo applicato dal giudice d’appello al fine di quant ificare ed accertare il consumo fraudolento di energia elettrica ritenuto da lui effettuato durante il quinquennio precedente alla scoperta della manomissione del contatore.
2.1. Il motivo è inammissibile nella parte in cui censura la violazione ed errata applicazione delle norme indicate, tenuto conto che il ricorrente
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO propone un ‘ interpretazione alternativa degli elementi documentali in mera contrapposizione a quella accolta nella sentenza impugnata, e richiede a questa Corte un accertamento di fatto, come tale, inammissibile in questa sede.
Ebbene il giudice di appello, in relazione alla manomissione del contatore, ha ritenuto che «in primo grado è stato lo stesso COGNOME a riconoscere di aver compiuto prelievi di energia elettrica abusivi, cioè eseguiti con modalità tali da non consentire la relativa misurazione dal contatore posto al servizio della sua utenza; sulla scorta di tale assunto, il predetto ha, infatti, chiesto di accertare che l’energia abusivamente prelevata fosse pari a Kw 5268, in luogo della maggiore quantità fatturata dalla società fornitrice.
In base a tali allegazioni fattuali provenienti dallo stesso COGNOME, ed ai sensi dell’art. 115 c.p.c., deve ritenersi pacifico, diversamente da quanto erroneamente si assume nella sentenza di primo grado, che l’appellato si è reso autore di prelievi abusivi di energia elettrica perché sottratti alla regolare misurazione del contatore posto a monte della fornitura. Il prelievo abusivo di energia elettrica trova adeguata prova anche nel contenuto del verbale di ispezione eseguita dai verificatori RAGIONE_SOCIALE presso l’abitazione dell’appellato ove è riportata, ed anche fotograficamente documentata, la manomissione del contatore dei consumi tramite la rimozione della calotta di chiusura poi grossolanamente riposizionata con del silicone commerciale. Appare evidente che l’unico interesse che poteva sorreggere la rimozione della chiusura ermetica del contatore era quello ad alterarne il funzionamento in modo da prelevare energia elettrica non misurata e non contabilizzata dal fornitore. Accertato per le ragioni esposte il prelievo abusivo di energia elettrica, in quanto non misurata dal contatore, sussiste il diritto della società appellante, sia a titolo di corrispettivo contrattuale essendo in corso un contratto di somministrazione, ed anche a titolo risarcitorio (art. 2043 c.c.), integrando la condotta del COGNOME il delitto di f urto, di ottenere il pagamento dell’energia elettrica effettivamente
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RAGIONE_SOCIALE consumata, evidentemente maggiore di quella registrata dal contatore» (pag. 2 della sentenza impugnata).
Inoltre, il Tribunale in ordine alle modalità di ricostruzione del consumo ha debitamente ritenuto, ai fini della prova presuntiva, corretto «il criterio utilizzato per ricostruire i consumi effettivi rappresentato dai consumi medi giornalieri delle apparecchiature rinvenute collegate alla rete elettrica all’interno dell’abitazione del COGNOME, secondo la descrizione ed elencazione contenuta nel verbale di ispezione agli atti. I relativi consumi medi giornalieri sono stati sviluppati sulla scorta di tabelle statistiche riepilogative di tali consumi elaborate in base alla potenza impiegata da ciascuna apparecchiatura per il suo normale funzionamento. Si tratta di un criterio di ricostruzione dei consumi basato su validi criteri presuntivi in quanto partendo da un dato noto, costituito dal numero e potenza delle apparecchiature collegate alla rete elettrica interessata dal prelievo abusivo, risale al dato ignoto rappresentato dal fabbisogno medio giornaliero di energia elettrica necessaria per il loro funzionamento che moltiplicato per il tempo della illecita sottrazione dell’energia consente di stabilire sia i consumi effettivi e sia il relativo valore economico. Tale criterio è stato ritenuto del tutto valido da Cass, civ. n. 10722/1993 in riferimento alle tabelle dei consumi medi elaborate dall’UTIF, ora sostituite, ma co n medesimi criteri di calcolo, da quelle adottate dall’RAGIONE_SOCIALE, cui ha fatto riferimento l’appellata per la fatturazione oggetto di controversia » (pag.2 della sentenza impugnata).
3. Con il terzo motivo di ricorso, avente ad oggetto la ‘ Violazione art. 360 c.p.c. , c.1, n. 3 in combinato con l’art. 164, c. 4° c.p.c.. Travisamento reale volontà dell’attore ‘ , il ricorrente contesta che il pagamento dell’importo di 781,50 Euro a fronte di quello di 5.781,50 Euro richiesti dal RAGIONE_SOCIALE, odierno resistente, non erano da ritenersi come circostanza attestante l’ammissione della propria condotta fraudolenta, ma soltanto un elemento addotto al fine di rientrare nella competenza per valore del Giudice di pace
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RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO adito e insiste nel ribadire che l’ oggetto della domanda concerneva la richiesta di annullamento del residuo dell’intera fattura .
3.1. Parimenti inammissibile il terzo motivo di ricorso.
Va osservato che parte ricorrente, sotto le formali spoglie del vizio di violazione dell’art. 164 comma 4 c.p.c., in realtà insiste nel rivolgere al giudice di legittimità l’inammissibile richiesta di una nuova e diversa valutazione dei fatti così come ricostruiti in sede di merito, nonostante che, nella vicenda in esame, il Tribunale partenopeo abbia spiegato in modo piano e coerente le ragioni per le quali ha ritenuto provato che il ricorrente mediante asserzioni con valenza confessoria e mediante l’esame del verbale di ispezione redatto dai tecnici di RAGIONE_SOCIALE, aveva manomesso l’apparecchiatura di misurazione dell’effettivo consumo di energia presso la propria abitazione.
4. Con il quarto motivo, infine, il ricorrente denuncia la ‘ Violazione art. 360 c.p.c. n. 3 in combinato con gli artt. 2731 e segg. c.c. e 229 c.p.c. Nullità/Inesistenza asserita Confessione ‘; in particolare, contesta il punto della sentenza impugnata ove è stato affermato che ‘« Nel primo grado di giudizio è stato lo stesso COGNOME a riconoscere di aver compiuto prelievi abusivi di energia elettrica con modalità tali da non consentire la relativa misurazione del contatore (sent. pag.2, rigo 1° e 2°). Il prelievo abusivo è stato riconosciuto dal COGNOME riferito al quinquennio fino alla data di verifica del contatore» (pag.3, rigo10° )’ e sostiene che la pretesa confessione desunta dal giudice d’appello sarebbe affetta da nullità assoluta ex art. 2731 c.c.
4.1 . Il quarto motivo di ricorso è anch’esso inammissibile .
Con esso, il ricorrente continua a non confrontarsi con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha debitamente valutato le asserzioni difensive del ricorrente quali meri indizi volti a corroborare le risultanze del verbale ispettivo esaminato (sul valore indiziario delle ammissioni presenti negli atti difensivi, Cass. Sez. 6-2, 19/03/2019 n. 7702).
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5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
Ritiene il Collegio sussistenti i presupposti di fatto e processuali per la condanna del ricorrente al pagamento di ulteriore somma ─ liquidata come da dispositivo ─ ex art. 96, terzo comma, c.p.c. ; va richiamato, in proposito, il principio, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui agire o resistere in giudizio con mala fede o colpa grave significa infatti, azionare la propria pretesa, o resistere a quella avversa, con la coscienza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione; ovvero senza aver adoperato la normale diligenza per acquisire la coscienza dell’infondatezza della propria posizione; e comunque senza compiere alcun serio sforzo interpretativo, deduttivo, argomentativo, per mettere in discussione con criteri e metodo di scientificità il diritto vivente o la giurisprudenza consolidata, sia pure solo con riferimento alla singola fattispecie concreta (Cass. Sez. U., 28/10/2022, n. 32001).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonché al pagamento della somma di euro 1.500,00 ex art. 96, 3° comma, c.p.c., in favore della controricorrente
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 9