Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13859 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13859 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10725/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO , presso l’indirizzo di posta elettronica certificato del quale è domiciliata per legge
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME , presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE LIQUIDAZIONE, in persona del rappresentante in atti indicato, rappresentato e difeso dall’avvocato
NOME , presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 175/2021 depositata il 20/01/2021;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Napoli – Sezione distaccata di Pozzuoli NOME COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE esponendo che:
in data 10 maggio 1996 aveva stipulato con il RAGIONE_SOCIALE contratto di locazione ad uso commerciale del terreno ubicato in Bacoli, nel quale esercitava attività di parcheggio nei mesi estivi; ma in data 14 maggio 2003 il RAGIONE_SOCIALE le aveva notificato licenza per finita locazione, che era stata convalidata dal Tribunale con data per l’esecuzione del 9 novembre 2008, ragion per cui la società locatrice in data 22 novembre 2008 le aveva notificato atto di precetto di rilascio del fondo e in data 25 settembre 2009 aveva ottenuto il rilascio del fondo;
in data 20 ottobre 2009 il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato con COGNOME NOME nuovo contratto di locazione avente ad oggetto il medesimo fondo e la medesima destinazione, nel quale veniva osservato che il fondo era precedentemente stato condotto in locazione da lei e che per tale ragione veniva pattuito che il nuovo conduttore era tenuto a mantenere indenne la società locatrice da ogni pretesa avanzata dalla precedente conduttrice.
Tanto esposto faceva presente che, in base all’art. 40 ultimo comma della legge n. 392/1978, aveva diritto a riscattare la posizione di conduttrice nel contratto di locazione intercorso con COGNOME NOME alle stesse condizioni e concludeva chiedendo: <>.
Si costituiva NOME COGNOME, contestando per motivi di rito e di merito la domanda, della quale chiedeva il rigetto.
Il Tribunale disponeva il mutamento del rito.
NOME COGNOME non depositava memoria integrativa, mentre NOME COGNOME nella sua eccepiva che essa ricorrente non aveva diritto né alla prelazione né all’indennità di avviamento, in quanto non esercitava attività di parcheggiatrice sul fondo per cui era processo.
Il Tribunale di Napoli con sentenza n. 2295/2018, dichiarata la contumacia del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE,
respingeva le domande attoree di cui ai punti nn. 2 e 3 delle conclusioni dell’atto introduttivo, mentre
dichiarava assorbite le residue domande (riportate nel punto n.
1).
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello l’originaria attrice nella parte in cui il Tribunale aveva dichiarato assorbita la decisione sulla domanda di cui al punto n. 1 delle citate sue conclusioni.
Si costituiva COGNOME NOME, che in via preliminare eccepiva l’inammissibilità dell’appello, essendo stato proposto oltre il termine di giorni 30 dalla notifica della sentenza del giudice di primo grado, e, nel merito, contestava l’impugnazione avversaria, della quale chiedeva il rigetto, con conferma della sentenza impugnata.
La Corte d’appello di Napoli con sentenza n. 1921/2018, dichiarata la contumacia del RAGIONE_SOCIALE in liquidazione,
riteneva l’appello ammissibile ma infondato nel merito e
conseguentemente condannava parte appellante alla rifusione delle spese processuali in favore della controparte.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso NOME COGNOME.
Hanno resistito con distinti controricorsi NOME COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte mentre parte ricorrente ed il resistente COGNOME hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La corte territoriale nella impugnata sentenza ha confermato il rigetto della sentenza di primo grado (e con esso della domanda di riconoscimento di tutela reale che era stata formulata in sede di atto introduttivo) sulla base delle seguenti argomentazioni.
<<Nel caso di specie, la COGNOME ha chiesto, con il capo 1 della domanda di primo grado, accertarsi la sussistenza dei presupposti per l'esercizio del diritto di prelazione ex art. 40 legge 392/1978, in vista della tutela reale invocata con i successivi capi 2 e 3, come confermato anche dalla locuzione 'per l'effetto' impiegata nel raccordo tra i capi medesimi.
<<In applicazione, allora, dei principi sopra richiamati, una volta che il Tribunale ha denegato la tutela reale, l'appellante non ha più alcun interesse a conseguire, nel presente giudizio, una pronuncia di accertamento della pretesa illegittimità della condotta del RAGIONE_SOCIALE, posto che a siffatta richiesta non è collegata una attuale domanda di condanna al risarcimento dei danni, che è cosa diversa dall'accertamento dell'altrui inadempimento, non implicante senz'altro una pretesa risarcitoria da parte del creditore, costituendo l'inadempimento soltanto uno degli elementi della fattispecie determinativa di danno. L'accertamento invocato sull'altrui dedotto
inadempimento non condurrebbe, invero, per l'attrice di primo grado, ad alcun concreto risultato utile, profilandosi come mera frazione di una fattispecie giuridica più ampia (diritto al risarcimento del danno), il cui perfezionamento postula ulteriori elementi costitutivi, attualmente non scrutinabili appunto in assenza della proposizione della domanda risarcitoria.
<<L'accertamento invocato sull'altrui dedotto inadempimento non condurrebbe, invero, per l'attrice di primo grado, ad alcun concreto risultato utile, profilandosi come mera frazione di una fattispecie giuridica più ampia (diritto al risarcimento del danno), il cui perfezionamento postula ulteriori elementi costitutivi, attualmente non scrutinabili appunto in assenza della proposizione della domanda risarcitoria.
<<Nemmeno, infine, l'interesse propugnato dall'appellante è apprezzabile in vista dell'interruzione del termine prescrizionale di una futura domanda risarcitoria, poiché l'azione esercitata per il conseguimento della tutela reale non spiega alcun effetto interruttivo della prescrizione cui è assoggettata la diversa azione di risarcimento dei danni per equivalente, nel presente giudizio, si ribadisce, non proposta.
<>
NOME COGNOME articola in ricorso un unico motivo con il quale, con riferimento all’art. 360 primo comma n. 4 c.p.c., denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 100 e 277 c.p.c. nella parte in cui la corte territoriale ha condiviso l’assunto del giudice di primo grado, secondo il quale essa ricorrente non aveva interesse ad ottenere l’accertamento del diritto di
prelazione ex art. 40 della legge n. 392/1978, in quanto aveva proposto una domanda diretta ad ottenere una tutela reale nelle forme del riscatto (e non una mera domanda risarcitoria).
Si duole che la corte territoriale, invocando Cass. n. 6749/2012, ha affermato che <>.
Sostiene che la corte territoriale, tanto affermando, ha errato, in quanto: a) secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 16262, 16162 e 12893/2015) si ritiene legittimo il ricorso ad azioni di mero accertamento per risolvere o dipanare situazioni di incertezza, produttive di diritti soggettivi; b) la domanda di accertamento, di cui al capo 1 dell’originaria citazione, non soltanto era sorretta dallo specifico suo interesse a vedersi riconosciuto – a fronte di una situazione di obiettiva incertezza e contestazione – l’esercizio del diritto alla prelazione ma anche aveva carattere necessariamente preliminare rispetto alla decisione sulla correttezza o meno dello strumento di tutela (il riscatto) in concreto prescelto.
In definitiva, secondo la ricorrente, che richiama Cass. n. 28995/2018, la corte territoriale ha erroneamente fatto ricorso alla figura dell’assorbimento, in quanto nel caso di specie in entrambe le sentenze di merito non vi è alcuna statuizione implicita sulla domanda di accertamento presupposta, che era stata da lei formulata.
Il ricorso non è fondato, ma la motivazione della sentenza impugnata va corretta.
3.1. Occorre preliminarmente ribadire (Cass. n. 12098/2003) che l’art. 40 della legge n. 392, pur attribuendo al conduttore la prelazione sulla stipulazione di un nuovo contratto di locazione da parte
dell’originario locatore, non prevede che nel caso di violazione del diritto di prelazione dell’originario conduttore, quest’ultimo possa essere autoritativamente sostituito al soggetto al quale l’immobile sia stato nuovamente locato: l’unico rimedio perseguibile dal prelazionante pretermesso consiste nel diritto di ottenere dal locatore il risarcimento dei danni.
Orbene, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado l’odierna ricorrente aveva chiesto (con il capo 1 della domanda) accertarsi la sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di prelazione ex art. 40 legge n. 392/1978 in vista di una tutela reale (invocata con i successivi capi 2 e 3 come confermato dalla locuzione ‘per l’effetto’ impiegata nel raccordo tra i capi medesimi).
Conseguentemente del tutto correttamente è stata respinta in sede di merito la domanda attorea nella parte in cui era diretta ad ottenere la declaratoria del diritto ad esercitare il riscatto della posizione di conduttore del fondo successivamente ad altri locato.
3.2. Tuttavia, l’assorbimento è stato erroneamente evocato.
Questa corte ha di recente precisato (Cass. n. 26507/2023) che: <>.
Nel caso di specie, il tenore della domanda attorea – come coglie, ma non facendone derivare gli effetti, la sentenza impugnata – era chiaramente nel senso che l’odierna ricorrente avesse inteso proporre un’unica domanda, cioè quella di tutela di un asserito diritto ai sensi dell’art. 40 l. n. 392 del 1978.
Pur tuttavia, il petitum mediato era stato erroneamente dedotto dalla originaria attrice, che a torto aveva rivendicato come conseguenza di quella tutela il <>, cioè la sostituzione della posizione di conduttore nel contratto stipulato senza la previa comunicazione di cui al primo comma dell’art. 40 citato.
Ne segue che – essendosi fatto valere un diritto, la cui causa petendi era riconducibile al primo comma dell’art. 40, ma con un petitum non conforme al detto paradigma normativo, e mancando ab origine il petitum possibile nel caso in cui si violi l’obbligo della comunicazione prescritta dal primo comma dell’art. 40 (che, per come sopra rilevato, può essere soltanto il diritto al risarcimento del danno nei confronti del locatore, che non abbia fatto la comunicazione di rito) – il giudice di merito, rilevato che era stato fatto valere un petitum errato, non avrebbe dovuto dichiarare alcun assorbimento, dato che la conclusione n. 1 (come peraltro faceva manifesto l’inciso ‘per l’effetto’ non integrava una domanda diversa e minore ( sub specie di mero accertamento) di quella di c.d. riscatto, bensì solo l’indicazione del petitum di accertamento del diritto ex art. 40 come tale sorreggente nell’erronea prospettazione – il petitum di riscatto.
Il diritto fatto valere era uno ed uno solo e, dunque, il giudice di primo grado, rilevato che il petitum di riscatto non aveva fondamento in iure si sarebbe dovuto limitare a rigettare la domanda sic et simpoliciter . Ed il giudice di appello, investito della pretesa erroneità dell’assorbimento, avrebbe dovuto ragionare nei sensi indicati e rigettare l’appello, confermando il rigetto della domanda con la diversa motivazione qui prospettata.
Può essere utile precisare che, se l’attrice, prima della decisione, resasi conto della non configurabilità del riscatto, avesse inteso limitare la domanda al mero accertamento della violazione della prelazione, così riducendo la domanda, oppure avesse inteso prospettare tale richiesta in via alternativa, la circostanza che il diritto agito era uno e uno solo, avrebbe richiesto l’assenso (accettazione del contradditorio) delle controparti e segnatamente del locatore alla riduzione o alla proposizione dell’alternativa.
In punto di spese processuali, l’avvenuta correzione della motivazione della sentenza impugnata giustifica la compensazione tra le parti, nella misura del 50%, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.
Pertanto, al rigetto del ricorso consegue la condanna di parte ricorrente alla rifusione del residuo 50% delle spese sostenute dalle due parte resistente, liquidate come da dispositivo, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
compensa tra le parti le spese del presente giudizio nella misura del 50%;
condanna parte ricorrente al pagamento del residuo 50% delle spese del presente giudizio, spese che liquida: per compensi, in favore di COGNOME NOME in euro 3.000 e in favore del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in euro 1500, oltre, per ciascuna delle suddette parti resistenti, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, ad opera di parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2024, nella camera di consiglio