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Prelazione ereditaria: la Cassazione chiarisce

Il diritto di un coerede alla prelazione ereditaria è stato al centro di una recente decisione della Corte di Cassazione. La Corte ha stabilito che una bozza di contratto preliminare, con oggetto e prezzo diversi dalla vendita finale, non costituisce una valida ‘denuntiatio’. Di conseguenza, la controproposta del coerede non può essere interpretata come una rinuncia al suo diritto di riscattare la quota ereditaria venduta a un terzo, portando all’annullamento della sentenza d’appello.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Prelazione Ereditaria: Quando la Comunicazione di Vendita è Valida?

La gestione di un’eredità condivisa può presentare notevoli complessità, specialmente quando un coerede desidera vendere la propria quota. La legge tutela gli altri eredi attraverso il diritto di prelazione ereditaria, un meccanismo che garantisce loro la preferenza nell’acquisto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sui requisiti formali della comunicazione di vendita e sulle conseguenze di una comunicazione invalida, distinguendo nettamente una controproposta da una rinuncia al diritto.

I fatti del caso: la vendita della quota e il diritto di riscatto

La vicenda ha origine dalla successione di una madre, che lasciava ai figli un patrimonio comprensivo di un immobile. Alcuni coeredi decidevano di alienare le loro quote a un acquirente esterno. Un altro coerede, venuto a conoscenza dell’operazione, agiva in giudizio per esercitare il suo diritto di riscatto (retratto successorio), lamentando la violazione del suo diritto di prelazione.

La comunicazione informale e la risposta del coerede

Prima della vendita definitiva, l’acquirente aveva inviato al coerede una bozza di contratto preliminare non firmata. Questa bozza ipotizzava la vendita dell’intero immobile a un prezzo di 18.000,00 €. Il coerede rispondeva dichiarando di non essere interessato a vendere la sua quota a quelle condizioni, ma si diceva disposto a cederla per un valore non inferiore a 8.000,00 €.

Successivamente, gli altri coeredi vendevano effettivamente le loro quote (pari a 18/21 dell’immobile) allo stesso acquirente, ma per un prezzo diverso e inferiore: 9.000,00 €. La Corte d’Appello aveva interpretato la risposta del coerede come una rinuncia implicita al suo diritto di prelazione, rigettando la sua domanda.

La decisione della Corte di Cassazione sulla prelazione ereditaria

La Suprema Corte ha ribaltato la decisione d’appello, accogliendo il ricorso del coerede. Il fulcro della decisione si basa sulla corretta interpretazione dei requisiti della denuntiatio, ovvero la comunicazione necessaria per attivare il diritto di prelazione.

I requisiti di una valida ‘Denuntiatio’

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la denuntiatio prevista dall’art. 732 c.c. deve essere una vera e propria proposta contrattuale, completa di tutti gli elementi essenziali della vendita (oggetto, prezzo, identità delle parti). Deve essere trasmessa in forma scritta e deve permettere al coerede destinatario di perfezionare l’acquisto semplicemente accettandola.

Nel caso di specie, la bozza di preliminare inviata dall’acquirente era priva di questi requisiti. In particolare, differiva dalla vendita reale sia nell’oggetto (l’intero immobile contro le sole quote degli altri) sia nel prezzo (18.000 € contro 9.000 €). Pertanto, non poteva essere considerata una comunicazione idonea a far decorrere il termine per l’esercizio della prelazione.

La risposta del coerede: controproposta, non rinuncia

Di conseguenza, se la comunicazione iniziale è invalida, anche la risposta del coerede non può essere interpretata come una rinuncia al diritto di prelazione ereditaria. La Corte ha chiarito che la lettera del coerede non era una rinuncia abdicativa e incondizionata, ma piuttosto una controproposta in risposta a un’offerta informale. Non essendoci stata una valida denuntiatio, il coerede conservava pienamente il suo diritto di agire con il retratto successorio una volta venuto a conoscenza della vendita effettiva a un terzo.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la rinuncia a un diritto deve essere chiara e inequivocabile, non può essere desunta da un comportamento che, come in questo caso, si configura come una negoziazione basata su presupposti diversi da quelli del contratto finale. La differenza sostanziale tra la bozza preliminare e l’atto di vendita definitivo ha reso la prima comunicazione inefficace. Inferire una rinuncia dalla risposta a una proposta invalida sarebbe un errore giuridico, poiché il coerede non è mai stato messo nelle condizioni di valutare concretamente e correttamente l’offerta di vendita. La finalità dell’art. 732 c.c. è proprio quella di permettere una valutazione informata e completa, che in questa vicenda è mancata del tutto.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza rafforza la tutela dei coeredi, stabilendo che la comunicazione di vendita deve essere precisa e corrispondente al reale accordo con il terzo. Qualsiasi divergenza sostanziale rende la comunicazione inefficace e non fa scattare il termine per la prelazione. Per chi intende vendere una quota ereditaria, è fondamentale inviare una comunicazione formale, completa e veritiera. Per i coeredi che la ricevono, è essenziale sapere che una comunicazione vaga o non corrispondente al vero non pregiudica il loro diritto di agire successivamente con il retratto successorio per tutelare l’integrità della comunione ereditaria.

Quali caratteristiche deve avere la comunicazione di vendita per essere valida ai fini della prelazione ereditaria?
Secondo la Corte, la comunicazione (‘denuntiatio’) deve essere una vera e propria proposta contrattuale in forma scritta, contenente tutti gli elementi essenziali della vendita (come oggetto e prezzo) in modo tale da permettere al coerede di accettarla per concludere l’affare. Deve rispecchiare fedelmente le condizioni della vendita che si intende effettuare al terzo.

Una controproposta del coerede può essere considerata una rinuncia al suo diritto di prelazione?
No. Se la comunicazione di vendita iniziale non è valida (perché incompleta o diversa dal contratto finale), la risposta del coerede che indica un prezzo diverso non costituisce una rinuncia al suo diritto. È da considerarsi, invece, una semplice controproposta nell’ambito di una trattativa, che non gli impedisce di esercitare il riscatto (‘retratto successorio’) se la vendita avviene a condizioni diverse.

Cosa succede se la vendita a un terzo avviene a condizioni diverse da quelle comunicate al coerede?
Se la vendita finale ha un oggetto o un prezzo diversi da quelli indicati nella comunicazione inviata al coerede, quest’ultimo conserva il diritto di riscattare la quota. La comunicazione non è considerata valida e, pertanto, il diritto di prelazione non è stato correttamente rispettato, legittimando l’azione di retratto successorio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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