Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7524 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7524 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19027/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrenti – contro
RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, domiciliato ex lege in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME
(EMAIL).
–
contro
ricorrente –
nonché contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
-controricorrente
–
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Genova n. 824/2020 depositata il 08/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/11/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
Rilevato che
Con sentenza del 20 novembre 2015 il Tribunale di Savona si pronunciava nella causa promossa da COGNOME NOME e COGNOME NOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, per sentirsi dichiarare titolari del diritto di prelazione su terreni siti in Albenga e quindi, in seguito alla vendita stipulata il 5 Febbraio 2009 tra l’RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, ottenere il riscatto di tali terreni o comunque trasferirli a loro favore. Il Tribunale rigettava le domande attoree, compensando le spese di causa.
Avverso tale decisione proponevano appello COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Si costituivano resistendo l’RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
NOME COGNOME, quest’ultima anche proponendo appello incidentale.
1.2. Con sentenza n. 824/2020 dell’8 settembre 2020 la Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello principale ed accoglieva il primo motivo dell’appello incidentale, confermando per quanto di ragione la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME e COGNOME NOME propongono ora ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
Resistono con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE e NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
I ricorrenti e le parti resistenti hanno depositato memorie illustrative.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano <>.
Lamentano che erroneamente la corte di merito ha ritenuto che la legge n. 2/1979 non avrebbe inciso sulla distinzione tra prelazione e riscatto e che il secondo comma, relativo alla decorrenza del termine per il versamento del prezzo dal passaggio in giudicato della sentenza risolutiva del conflitto, si applichi solo al riscatto e non anche alla prelazione.
Secondo i ricorrenti, mentre la prima parte del comma 2 dell’art. unico fa riferimento al solo riscatto, la seconda parte, parlando di ‘termini’, si riferisce ad entrambi gli istituti.
Aggiungono che, quand’anche non si condividesse una tale
l’interpretazione della legge, costante giurisprudenza ritiene che il comma 2 dell’articolo unico citato sia applicabile in via analogica ai casi di esercizio della prelazione.
Le disposizioni in esame consentirebbero quindi a colui che ha esercitato il diritto di prelazione agraria di versare il prezzo di acquisto al passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il conseguente diritto.
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano <>.
Censurano la decisione nella parte in cui esclude la rilevanza della novella che ha allungato il termine per versare il prezzo da tre mesi a sei mesi.
Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano <>.
Lamentano che erroneamente la corte di merito ha escluso che la clausola contenuta nel regolamento dell’istituto, la quale prevedeva che il pagamento del prezzo dovesse avvenire in un’unica soluzione all’atto della stipulazione del contratto, sia una condizione più favorevole, di cui il prelazionante possa avvalersi per differire il pagamento a un momento successivo alla scadenza del termine di legge.
Deducono in ultima analisi che siffatta clausola contrattuale avrebbe consentito il pagamento del prezzo, da parte del prelazionante, in un momento successivo alla scadenza del termine di legge.
Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano <>.
Lamentano di aver appellato la sentenza del Tribunale di Savona di rigetto della loro domanda sull’errato rilievo per cui il loro fondo non era confinante con quello oggetto di causa, e che tale motivo di impugnazione non era stato esaminato dalla corte territoriale perché aveva respinto la domanda ritenendo i ricorrenti decaduti dal diritto di prelazione.
Con il quinto motivo i ricorrenti denunciano <>.
Censurano la sentenza d’appello per aver omesso di pronunciarsi sull’impugnazione della decisione di primo grado, nella parte in cui assume che l’esistenza di una via vicinale tra due fondi esclude che essi possano qualificarsi come contigui ai fini della prelazione.
Il primo motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 -bis, n. 1, cod. proc. civ.
Non offre elementi per superare la risalente e consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, come affermato compiutamente sin da Cass., 01/09/1982, n. 4769, <> (conforme Cass., 4801/1982; già in precedenza v. Cass., 8/1982; Cass., 3653/80). Il principio è stato successivamente ribadito da Cass., 29/01/1983, n. n. 841, secondo cui, in tema di prelazione agraria, la disciplina applicabile circa il termine entro cui deve essere effettuato il versamento del prezzo non è quella dell’articolo unico della legge 8 gennaio 1979 n. 2, riguardante tale termine limitatamente al diritto di riscatto, bensì quella del sesto comma dell’art. 8 della legge 26 maggio 1965 n. 590, con il conseguente obbligo a carico di colui che esercita il diritto di prelazione di versare il prezzo entro il termine di tre mesi decorrenti dal trentesimo giorno dall’avvenuta notifica, da parte del proprietario, della proposta di alienazione), e da numerose altre successive conformi (Cass., 17/12/1999, n. 14242; Cass., 11/12/1990, n. n. 11771; Cass., 29/05/1989, n. n. 2585).
7. Il secondo motivo è inammissibile.
Esso non coglie infatti la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha dato rilievo al fatto per cui gli odierni ricorrenti non hanno pagato alcun prezzo e che il bene è stato alienato a terzi quando i ricorrenti erano già decaduti dal diritto di prelazione (v., tra le tante, Cass., 19/05/2022, n. 16242: ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza).
Inoltre, correttamente la corte di merito ha ritenuto irrilevante il disposto dell’art. 224 del D.L.34/20, che ha allungato
il termine di pagamento da tre a sei mesi, perché all’atto della vendita il termine semestrale era già decorso e quindi i ricorrenti -anche in relazione a tale disposizione -erano già decaduti dalla prelazione.
Quanto poi al riferimento, da parte dei ricorrenti, al fatto che la denuntiatio fu ricevuta dall’RAGIONE_SOCIALE a fine giugno 2008, sicché il termine semestrale sarebbe scaduto a fine gennaio 2009, mentre con nota del novembre 2008 l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe negato l’esistenza del diritto, va rilevato che l’esistenza di una contestazione successiva alla comunicazione ai fini della prelazione è intanto del tutto assertoria ed anzi contrasta con quanto, a proposito della nota del 22 novembre 2008 gli stessi ricorrenti riferiscono alle pagg. 45 nell’esposizione del fatto (par. 11 del ricorso); comunque, dell’argomento – contrario al tenore colà indicato – che viene svolto nel motivo non si dice se e dove nel giudizio di merito e particolarmente in appello sarebbe stato dedotto, e dunque costituisce un’allegazione nuova, dato che la sentenza non se ne occupa.
In disparte il non marginale rilievo per cui i ricorrenti non localizzano l’accordo che sarebbe intervenuto tra le parti né ne riportano il contenuto, il terzo motivo è inammissibile.
La corte di merito ha accertato che nel caso di specie signori COGNOME e COGNOME hanno esercitato il diritto di prelazione e non hanno raggiunto alcun accordo con l’RAGIONE_SOCIALE per il pagamento del prezzo successivamente alla scadenza del termine di legge, ed anzi hanno aderito alla proposta di alienazione offrendo di pagare il prezzo nei termini di cui all’art 8, comma 6, l. 590/1965.
I ricorrenti, invece, non si preoccupano affatto di spiegare come e perché vi sarebbe stato un accordo con l’istituto ed omettono di criticare quanto la corte scrive a p. 14 dell’impugnata sentenza; anzi il motivo omette di indicare la
motivazione criticanda.
Il quarto ed il quinto motivo rimangono assorbiti.
Una volta consolidatasi la motivazione che ha riconosciuto la perdita del diritto di prelazione, sulle questioni che ne sono oggetto v’è palese difetto di interesse, atteso che l’eventuale accoglimento dei motivi e, dunque, il riconoscimento della fondatezza dell’appello principale dei ricorrenti resterebbe in ogni caso inutile.
In conclusione, i primi tre motivi vanno dichiarati inammissibili, mentre il quarto ed il quinto vanno dichiarati assorbiti; di conseguenza il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi ed assorbiti il quarto ed il quinto. Dichiara in conseguenza inammissibile il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 6.500,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza