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Prelazione agraria: quando si è coltivatore diretto?

Una coppia di coniugi si vede negare il diritto di prelazione agraria su un fondo confinante. La Corte d’Appello di Ancona conferma la decisione, stabilendo che la loro attività agricola, finalizzata unicamente all’autoconsumo per l’allevamento di pochi animali, non soddisfa i requisiti di stabilità, continuità e finalità economica necessari per la qualifica di ‘coltivatore diretto’. La sentenza sottolinea che la coltivazione deve essere l’attività principale e non meramente strumentale all’allevamento.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Prelazione agraria: non basta coltivare per l’autoconsumo per essere ‘coltivatore diretto’

La prelazione agraria è un istituto fondamentale per favorire l’accorpamento dei fondi agricoli e la creazione di aziende più efficienti. Tuttavia, per esercitare questo diritto, è indispensabile possedere la qualifica di ‘coltivatore diretto’. Una recente sentenza della Corte di Appello di Ancona chiarisce i confini di questa nozione, specificando che una coltivazione finalizzata esclusivamente all’autoconsumo non è sufficiente per integrare i requisiti di legge.

I fatti di causa

Il caso riguarda due coniugi, proprietari di un piccolo fondo agricolo, che avevano intentato una causa per esercitare il diritto di retratto agrario su un terreno confinante, venduto a un terzo. La loro domanda era stata respinta in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno, poiché il giudice non li aveva ritenuti ‘coltivatori diretti’.
I coniugi hanno impugnato la decisione, sostenendo che la nozione di coltivatore diretto non richiede necessariamente la commercializzazione dei prodotti e che anche la coltivazione per il sostentamento personale e familiare (autoconsumo) dovrebbe essere sufficiente a far scattare il diritto di prelazione.

La nozione di coltivatore diretto e la prelazione agraria

Gli appellanti basavano i loro motivi di ricorso su un’interpretazione estensiva della figura del coltivatore diretto. Secondo la loro tesi, questa figura dovrebbe essere distinta da quella dell’imprenditore agricolo e includere anche chi coltiva per sé, senza produrre per il mercato. Contestavano inoltre che la produzione di un reddito o l’uso di mezzi meccanici potessero essere considerati elementi essenziali per ottenere tale qualifica.

La decisione della Corte di Appello

La Corte di Appello di Ancona ha rigettato l’appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado. I giudici hanno stabilito che, ai fini della prelazione agraria, la qualifica di coltivatore diretto non può essere riconosciuta a chi esercita l’attività di coltivazione in modo saltuario, occasionale o con finalità meramente amatoriali.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito che, sebbene la figura del coltivatore diretto non coincida con quella dell’imprenditore agricolo, essa implica necessariamente elementi di stabilità e continuità. L’attività non può essere un semplice hobby o un modo per produrre cibo per il proprio fabbisogno.
Nel caso specifico, è emerso che i coniugi coltivavano il loro fondo (di circa 7.500 mq) prevalentemente a erba medica. Tuttavia, questa produzione era destinata esclusivamente a nutrire i pochi animali da cortile e due cavalli da loro allevati per uso personale. L’attività prevalente, quindi, non era la coltivazione della terra, ma l’allevamento per autoconsumo, a cui la coltivazione era meramente strumentale.
La giurisprudenza, richiamata dalla Corte, stabilisce che il diritto di prelazione presuppone che la coltivazione della terra sia l’attività principale e non un’attività accessoria all’allevamento. Inoltre, per riconoscere la stabilità e la continuità, si fa riferimento a criteri oggettivi, come il fabbisogno di manodopera (almeno 104 giornate lavorative annue), un requisito che nel caso in esame non era neanche lontanamente raggiunto. L’attività degli appellanti, pur lodevole, si configurava come una gestione familiare destinata all’autoconsumo, priva di quella rilevanza economica e di quella professionalità, seppur minima, che la legge richiede per giustificare il sacrificio del diritto del proprietario di vendere liberamente il proprio bene.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale: la prelazione agraria non è uno strumento per l’ampliamento generalizzato della proprietà fondiaria, ma per consolidare le aziende agricole efficienti. Per essere considerati ‘coltivatori diretti’, non è sufficiente coltivare un pezzo di terra; è necessario che tale attività sia svolta con una certa professionalità, stabilità e con una finalità economica, anche se non prevalente. La coltivazione per puro autoconsumo, specialmente se strumentale ad altre attività come l’allevamento amatoriale, non conferisce il diritto di essere preferiti nell’acquisto dei fondi confinanti.

La coltivazione di un fondo per il solo autoconsumo dà diritto alla prelazione agraria?
No. Secondo la sentenza, la coltivazione finalizzata esclusivamente all’autoconsumo, in particolare se strumentale ad un’attività di allevamento amatoriale, non è sufficiente per ottenere la qualifica di coltivatore diretto e, di conseguenza, non dà diritto alla prelazione agraria.

Quali sono i requisiti per essere considerati ‘coltivatore diretto’ ai fini della prelazione agraria?
Per essere considerato coltivatore diretto, è necessario che l’attività di coltivazione sia svolta in maniera stabile e continuativa, non occasionale o amatoriale. Deve avere caratteristiche di attività economica volta alla produzione di un reddito, anche se minimo, e non essere meramente strumentale ad altre attività di autoconsumo.

L’attività di allevamento di animali per uso personale è sufficiente a giustificare la prelazione su un fondo confinante?
No. La sentenza chiarisce che il diritto alla prelazione agraria presuppone che l’attività principale sia la coltivazione della terra. Se la coltivazione è solo strumentale all’allevamento di animali per autoconsumo, il diritto di prelazione è escluso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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