LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Prelazione agraria e comodato: la Cassazione decide

Una proprietaria di un terreno agricolo esercita il diritto di riscatto su un fondo confinante venduto a terzi, sostenendo il proprio diritto di prelazione agraria. I giudici di merito rigettano la domanda, riqualificando un preesistente contratto di comodato tra venditori e acquirente come affitto agrario. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso, stabilendo che la mera facoltà di apportare migliorie al fondo, non costituendo un obbligo, non può essere considerata un corrispettivo (canone). Pertanto, il contratto resta un comodato, che non conferisce alcun diritto di prelazione, riaprendo la possibilità per la confinante di esercitare il proprio diritto.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Prelazione Agraria: quando la facoltà di migliorare un fondo non lo trasforma in affitto

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3313 del 6 febbraio 2024, ha tracciato una linea netta tra il contratto di comodato e quello di affitto di fondo rustico, con importanti implicazioni sul diritto di prelazione agraria. La questione centrale verte sulla corretta qualificazione di un contratto che, pur nominato ‘comodato’, autorizzava il comodatario a realizzare importanti migliorie. Può una tale autorizzazione essere considerata un canone mascherato, trasformando il rapporto in un affitto e attivando così il diritto di prelazione dell’affittuario a discapito del confinante? Vediamo come la Suprema Corte ha risolto questo dilemma.

I Fatti di Causa: una vendita contesa tra comodato e affitto

La vicenda nasce dalla richiesta di una coltivatrice diretta di esercitare il proprio diritto di riscatto su un terreno agricolo confinante con il suo. I proprietari del fondo lo avevano venduto a un terzo, senza però notificare la proposta di vendita alla confinante. Quest’ultima, quindi, agiva in giudizio per far valere il suo diritto di prelazione agraria.

La difesa dei venditori e dell’acquirente si basava su un punto cruciale: prima della compravendita, l’acquirente già deteneva il terreno in virtù di un contratto di ‘comodato’. I giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto che tale contratto, in realtà, dissimulasse un affitto agrario. La prova? Il contratto prevedeva la facoltà per l’utilizzatore di apportare migliorie significative, come la realizzazione di vigneti, previo acquisto dei relativi diritti di reimpianto. Secondo le corti di merito, questa facoltà costituiva il ‘corrispettivo’ del godimento del fondo, elemento tipico del contratto di affitto.

Di conseguenza, l’acquirente, in qualità di affittuario coltivatore diretto insediato sul fondo, avrebbe avuto un diritto di prelazione prevalente su quello della proprietaria confinante, rendendo legittima la vendita.

L’Intervento della Cassazione e il Diritto di Prelazione Agraria

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la prospettiva dei giudici di merito, accogliendo il ricorso della proprietaria confinante. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione del contratto e nella distinzione fondamentale tra un’ ‘autorizzazione’ e un ‘obbligo’.

La Differenza tra Autorizzazione e Obbligo Contrattuale

La Suprema Corte ha sottolineato che il testo contrattuale si limitava ad ‘autorizzare’ la parte comodataria ad apportare migliorie. Non vi era alcun ‘obbligo’ in tal senso. Una semplice facoltà, per sua natura, non può essere equiparata a un corrispettivo, che è invece una prestazione dovuta e vincolante in cambio di un’altra. Il corrispettivo in un contratto di affitto deve essere un elemento certo o determinabile, che instaura un rapporto sinallagmatico (a prestazioni corrispettive) tra le parti. In questo caso, mancava totalmente tale reciprocità: l’utilizzatore era libero di scegliere se migliorare o meno il fondo, senza che ciò incidesse sulla validità o sull’efficacia del contratto.

Le Motivazioni

La Corte ha affermato che la qualificazione di un contratto è un’operazione che deve basarsi sull’individuazione della comune volontà dei contraenti, partendo dal tenore letterale delle clausole. Nel caso di specie, qualificare il contratto come affitto agrario sulla base di una mera facoltà concessa all’utilizzatore è un’operazione errata, che viola i canoni legali di ermeneutica contrattuale.

L’onerosità del rapporto, elemento essenziale dell’affitto, non può essere dedotta dalla possibilità di realizzare un’attività imprenditoriale sul fondo. La legge stessa (art. 27 L. 203/1982) esclude che le norme sull’affitto di fondi rustici si applichino al comodato, anche quando questo abbia ad oggetto un bene produttivo e il comodatario svolga un’attività di gestione. Il diritto di prelazione agraria, essendo una limitazione al diritto di proprietà, è una norma di stretta interpretazione e si applica solo alle figure contrattuali esplicitamente previste dalla legge (affittuario, colono, mezzadro, etc.), tra cui non rientra il comodatario.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello e rinviato la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Firenze. Il principio di diritto stabilito è chiaro: un contratto non può essere riqualificato da comodato ad affitto agrario se il presunto corrispettivo consiste in una mera ‘autorizzazione’ ad apportare migliorie e non in un ‘obbligo’ giuridicamente vincolante. Questa decisione rafforza la certezza del diritto, tutelando il diritto di prelazione agraria dei confinanti nei casi in cui non esista un effettivo rapporto di affitto agrario sul fondo oggetto di vendita.

Un contratto definito ‘comodato’ può essere riqualificato come affitto agrario?
Sì, può essere riqualificato se le prove dimostrano che, al di là del nome, esiste un vero e proprio corrispettivo (canone) per il godimento del fondo. Tuttavia, la sentenza chiarisce che una semplice autorizzazione a effettuare migliorie non è sufficiente a integrare tale corrispettivo.

L’autorizzazione a migliorare un fondo agricolo costituisce un canone d’affitto ai fini della prelazione agraria?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che per costituire un corrispettivo valido a qualificare il contratto come affitto, deve trattarsi di un obbligo giuridico a carico dell’utilizzatore, non di una mera facoltà che può scegliere liberamente di esercitare o meno.

Chi ha la precedenza nel diritto di prelazione agraria: l’utilizzatore del fondo in comodato o il proprietario confinante?
Il proprietario confinante coltivatore diretto. La sentenza conferma che il contratto di comodato, essendo per sua natura gratuito, non conferisce al comodatario alcun diritto di prelazione, il quale è riservato solo a specifiche figure contrattuali come l’affittuario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati