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Preavviso di rigetto: non è un atto definitivo

La Corte di Cassazione ha stabilito che un’ordinanza di espulsione non può basarsi su un semplice ‘preavviso di rigetto’ relativo a una domanda di emersione. Tale avviso non è un atto definitivo, ma una comunicazione interlocutoria che consente al cittadino di presentare osservazioni. La legge, infatti, sospende i provvedimenti di espulsione in pendenza della definizione della pratica di sanatoria. Di conseguenza, il provvedimento del Giudice di Pace che aveva confermato l’espulsione è stato annullato con rinvio per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 5 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Preavviso di Rigetto: Perché Non È la Fine della Pratica

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione chiarisce un principio fondamentale nei procedimenti amministrativi, in particolare quelli relativi all’immigrazione: il preavviso di rigetto non è un provvedimento definitivo e non può, da solo, legittimare un decreto di espulsione. Questa decisione rafforza le garanzie procedurali per i cittadini stranieri che hanno richiesto la regolarizzazione della propria posizione, sottolineando l’importanza di attendere l’esito finale del procedimento prima di adottare misure drastiche come l’allontanamento dal territorio nazionale.

I Fatti del Caso

Un cittadino straniero si opponeva a un decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Milano. L’opposizione era stata respinta dal Giudice di Pace. La questione centrale ruotava attorno al fatto che il cittadino aveva presentato una domanda di emersione, un procedimento per regolarizzare il lavoro irregolare, ai sensi del D.L. 34/2020. Durante l’iter di questa pratica, la Prefettura aveva inviato un “preavviso di rigetto” al datore di lavoro.

Il Giudice di Pace, interpretando erroneamente la natura di tale comunicazione, l’aveva considerata come un atto conclusivo e definitivo del procedimento di emersione, confermando così la legittimità dell’espulsione. Contro questa decisione, il cittadino ha proposto ricorso per cassazione.

La Violazione di Legge e l’Errata Valutazione sul Preavviso di Rigetto

Il ricorrente ha lamentato la violazione di due norme chiave:
1. L’art. 10 bis della Legge n. 241/1990, che definisce la natura del preavviso di rigetto.
2. L’art. 103, comma 17, del D.L. n. 34/2020, che vieta l’espulsione dello straniero nelle more della definizione dei procedimenti di emersione.

Il Giudice di Pace ha commesso un grave errore nel considerare il preavviso come un provvedimento definitivo. La legge, al contrario, lo configura come un atto interlocutorio, una garanzia per il cittadino che consente di presentare memorie scritte e documenti per contrastare i motivi ostativi evidenziati dall’amministrazione. È una fase del procedimento, non la sua conclusione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito in modo inequivocabile che il preavviso di rigetto non equivale a una decisione finale. Il suo scopo è proprio quello di instaurare un contraddittorio con l’istante, il quale ha il diritto di presentare le proprie osservazioni. L’amministrazione, a sua volta, è tenuta a valutarle e solo dopo può emettere il provvedimento conclusivo, che potrebbe anche essere diverso da quello preannunciato.

Inoltre, la Corte ha ribadito la piena vigenza dell’art. 103, comma 17, del D.L. 34/2020, il quale sancisce che “Nelle more della definizione dei procedimenti di cui al presente articolo, lo straniero non può essere espulso“. Basare un’espulsione su un atto non definitivo come il preavviso di rigetto rappresenta una palese violazione di questa norma, che mira a proteggere chi ha avviato un percorso di regolarizzazione.

La Corte ha anche evidenziato la contraddittorietà del comportamento del Giudice di Pace, che prima aveva sospeso il giudizio in attesa della definizione della pratica di emersione, per poi concluderlo frettolosamente sulla base di un atto meramente interlocutorio.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato il provvedimento del Giudice di Pace, rinviando la causa a un altro magistrato dello stesso ufficio. Il nuovo giudice dovrà accertare quale sia stato l’esito effettivo e definitivo del procedimento di emersione e verificare se al ricorrente sia stato infine rilasciato il permesso di soggiorno. Questa ordinanza riafferma un principio di civiltà giuridica: le decisioni che incidono pesantemente sulla vita delle persone, come un’espulsione, devono fondarsi su atti conclusivi e definitivi, nel pieno rispetto delle garanzie procedurali previste dalla legge.

Qual è il valore legale di un preavviso di rigetto?
Non è un provvedimento definitivo. Si tratta di una comunicazione interlocutoria che serve a informare l’interessato dei possibili motivi di diniego di un’istanza, consentendogli di presentare per iscritto le proprie osservazioni e documenti prima che l’amministrazione prenda una decisione finale.

Uno straniero può essere espulso mentre la sua domanda di emersione (sanatoria) è in corso?
No. Salvo casi eccezionali legati a motivi di particolare gravità (come il terrorismo o la pericolosità sociale), la legge (art. 103, comma 17, D.L. 34/2020) sospende i procedimenti di espulsione fino alla conclusione definitiva della procedura di emersione.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte ha annullato la decisione del Giudice di Pace, stabilendo che aveva erroneamente considerato il preavviso di rigetto come un atto finale. Ha quindi rinviato il caso a un nuovo giudice affinché verifichi l’esito conclusivo della pratica di emersione e decida di conseguenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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