Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22567 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22567 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/08/2025
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N.16866/2024
COGNOME
Rep.
Ud13/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 16866-2024 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con socio unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 295/2024 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 21/05/2024 R.G.N. 745/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/05/2025 dal Consigliere Dott. NOMECOGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Firenze, con la sentenza impugnata, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, in riforma della pronuncia di primo grado, ha rigettato l’impugnativa del licenziamento per giusta causa intimato il 23 ottobre 2020 dalla D.M.O. RAGIONE_SOCIALE con socio unico a NOME COGNOME per assenza ingiustificata presso la sede lavorativa dove era stata trasferita al rientro dalle ferie;
la Corte, in sintesi, ha constatato che per un primo periodo di assenza ingiustificata, dal 7 al 15 settembre 2020, era stata comminata una sanzione conservativa di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per 10 giorni; successivamente era stata conte stata l’assenza per i giorni 3, 5, 6, 7, 8, 9 ottobre 2020 e, esaurito questo secondo procedimento disciplinare, la lavoratrice era stata licenziata;
la Corte ha escluso vi fosse una violazione del principio del ne bis in idem , atteso che ‘la condotta oggetto dell’addebito che ha determinato il licenziamento è, all’evidenza, diversa da quella che è stata oggetto della precedente sanzione disciplinare conservativa, riguardando assenze ingiustificate per diversi e specifici giorni contestati nella loro individualità, commessi dalla lavoratrice con distinte condotte e configura pertanto un fatto diverso’;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso la soccombente con un motivo; ha resistito l’intimata società con controricorso;
la sola difesa della controricorrente ha comunicato memoria; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. con l’unico motivo di ricorso si deduce: ‘violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 7 della Legge n. 300/1970, dell’art. 2106 c.c. e dell’art. 238 del CCNL Terziario Confcommercio in relazione al principio del ne bis in idem , in relazione all’art. 360 n. 3, c.p.c.’; si reitera l’assunto che il potere disciplinare della datrice di lavoro si sarebbe consumato con l’inflizione della prima sanzione conservativa;
2. il ricorso è privo di fondamento;
2.1. in materia di rapporto di lavoro costituisce principio del tutto consolidato quello per cui il potere disciplinare non consenta di essere reiterato, per il medesimo fatto, una volta già esercitato mediante applicazione di una sanzione (Cass. n. 26815 del 2018) e ciò anche se la prima sanzione sia minore a quella poi risultata applicabile sulla base di ulteriori circostanze, anche se sopravvenute (Cass. n. 27657 del 2018, con riferimento proprio al sopravvenire di condanna penale), con la sola eccezione dell’annullamento della prima sanzione per ragioni procedurali o formali (Cass. n. 20519 del 2019; Cass. n. 6773 del 2013) e sempre che non siano maturate altre decadenze a carico della parte datoriale;
ciò in quanto non è consentito (in linea con quanto affermato dalla Corte EDU, sentenza 4 marzo 2014, COGNOME ed altri contro Italia, che ha affermato la portata generale, estesa a tutti i rami del diritto, del principio del divieto di ” ne bis in idem “), per il principio di consunzione del potere disciplinare, che una identica condotta sia sanzionata più volte a seguito di una diversa valutazione o configurazione giuridica;
tuttavia, ai fini del ne bis in idem occorre avere riguardo al criterio della identità sostanziale dei fatti oggetto dei diversi
procedimenti instaurati, indipendentemente dalla diversa qualificazione attribuita ai fatti stessi dall’organo giudiziario che li ha valutati (cfr. Cass. n. 27657 del 2018);
principio da ultimo ribadito da Cass. n. 8745 del 2024 che ha confermato la legittimità del licenziamento di un dipendente part time responsabile dell’ufficio condoni edilizi di un comune che, violando le disposizioni in materia di conflitto di interessi, aveva contemporaneamente curato per conto di privati pratiche di condono diverse e non collegate tra loro, in quanto attivate da distinti soggetti richiedenti e per distinte unità immobiliari, circostanze che erano state accertate in tempi diversi e con autonomi procedimenti disciplinari;
in ogni caso, ‘la verifica in ordine alla identità o diversità dei fatti contestati, implica apprezzamenti di merito, concernenti l’interpretazione degli atti del procedimento disciplinare e la valutazione degli accadimenti in essi riportati, non suscettibili di riesame in sede di legittimità’ (Cass. n. 12321 del 2022; conf. Cass. n. 17722 del 2022);
2.2. ciò posto è di tutta evidenza come in alcun modo possa essere ravvisata l’identità dei fatti per condotte consumate in tempi diversi e che hanno dato luogo a due procedimenti disciplinari successivi;
altrimenti ragionando si sarebbe dovuto ritenere perennemente precluso alla società ogni ulteriore esercizio del potere disciplinare anche se la dipendente avesse perdurato nell’assenza dal posto di lavoro sine die ;
pertanto, il ricorso deve essere respinto, con spese liquidate secondo soccombenza come da dispositivo;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei
presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 13 maggio 2025.
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME