Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26759 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 26759 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/10/2025
R.G.N. 3529/2019
COGNOME.
Rep.
Ud. 24/06/2025
PU
SENTENZA
sul ricorso 3529-2019 proposto da:
CENTONZE GUGLIELMO, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
INARRAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA PER GLI INGEGNERI ED ARCHITETTI LIBERI PROFESSIONISTI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3802/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 29/10/2018 R.G.N. 3155/2015; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/06/2025 dalla Consigliera AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’avvocato NOME COGNOME; udito l’avvocato NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso d’urgenza ex artt. 700 e 669 bis c.p.c., proposto dinanzi al Tribunale di Lecce, l’odierno ricorrente agiva nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per l’accertamento d ell’ illegittimità del provvedimento di cancellazione della contribuzione, in relazione agli anni dal 1984 al 1987, e, conseguentemente, e per il riconoscimento del diritto alla pensione di anzianità.
Il Tribunale, in composizione collegiale, pronunciando in sede di reclamo, ai sensi dell’art. 669terdecies c.p .c. , accoglieva il ricorso.
Instauratosi il giudizio di merito, con ricorso depositato, dinanzi al Tribunale di Roma, da RAGIONE_SOCIALE, il Giudice ha dichiarato il diritto di NOME COGNOME alla pensione di anzianità a decorrere dal 7 dicembre 2011.
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha riformato la decisione di primo grado: ha dichiarato la legittimità dell’esclusione dal ruolo previdenziale RAGIONE_SOCIALE, per il periodo 1.1.1984-31.12.1987, e, quindi, ha escluso il diritto alla pensione di anzianità dell’odierno ricorrente.
4.1. Per quanto qui rileva, a fondamento del decisum , la Corte di A ppello ha richiamato l’art. 21 della legge n. 6 del 1981 -nonché la disciplina contenuta, dopo la privatizzazione di RAGIONE_SOCIALE, ne ll’art. 7 del relativo Statuto – sia nella parte in cui esclude l’assicurato dall’iscrizione RAGIONE_SOCIALE in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra
attività esercitata che in quella che consente periodici controlli della RAGIONE_SOCIALE in punto di continuità dell’esercizio professionale- per la revisione degli iscritti.
4.2. Ha osservato, con il richiamo a precedenti di legittimità, che il potere di revisione di RAGIONE_SOCIALE, da esercitarsi nel termine decadenziale di cinque anni, presuppone sempre che l’assicurato assolva all’onere di comunicazione, di cui al citato art. 7. Nel caso di specie, l’obbligo comunicativo stabilito dalla norma dello Statuto era stato adempiuto, per la prima volta, con la domanda di pensione del 7 dicembre 2011. Pertanto, il potere di revisione era stato legittimamente esercitato da RAGIONE_SOCIALE prima del maturarsi del quinquennio da tale data.
Avverso la decisione, ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, NOME COGNOME. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il PG, come riportato in epigrafe, ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, il ricorrente ha dedotto -ai sensi dell’art. 360 n. 3 c. p. c.- la violazione degli artt. 16 e 21 della legge n. 6 del 1981 e successive modificazioni.
6.1. Ha evidenziato come tale normativa non contempli, tra le comunicazioni periodiche obbligatorie alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, poste a carico dell’iscritto, quella riguardante la continuità dell’esercizio della professione e concernente l’esercizio di altre attività ma solo la dichiarazione concernente le variazioni reddituali.
Con il secondo motivo, è dedotta -ai sensi dell’art. 360 n. 3 c. p. c.- la violazione e la falsa applicazione dell’art. 21, quinto e sesto comma, della legge n. 6 del 1981, nella parte in cui la sentenza impugnata ritiene, contrariamente a
quanto stabiliscono le predette disposizioni normative, che «RAGIONE_SOCIALE (avrebbe) esercitato legittimamente il potere di revisione prima del decorso dei cinque anni dalla domanda della pensione di anzianità del 7 dicembre 2011».
Con il terzo motivo, è dedotto -ai sensi dell’art.360 n. 5 c.p.c.l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti . L’omissione è riferita alla mancata considerazione che le disposizioni statutarie di RAGIONE_SOCIALE sono entrate in vigore circa dieci anni dopo i fatti contestati all’odierno ricorrente, in quanto approvate con decreto del Ministero del lavoro e della RAGIONE_SOCIALE sociale il 28 novembre 1995 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre 1995. Part e ricorrente ribadisce l’assenza di disposizioni normative che impongano all’iscritto comunicazioni alla RAGIONE_SOCIALE -diverse da quella ex art. 16 della legge n.6 del 1981- per abilitare l’ Ente ad attivare il potere di controllo (revisione degli iscritti); detto potere, infatti, deriverebbe dall’art. 21, sesto comma, legge cit. senza alcuna condizione, fatta eccezione per quella di natura temporale.
I tre motivi si prestano ad una trattazione congiunta per la loro connessione. Essi nel complesso vanno disattesi.
L’art. 21 della legge n . 6 del 1981 stabilisce l’iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE a tutti gli RAGIONE_SOCIALE e gli RAGIONE_SOCIALE che esercitano la libera professione con carattere di continuità.
10.1. La norma chiarisce anche che l’iscrizione avviene tanto d’ufficio quanto su domanda ed ha effetto dalla data di inizio dell’esercizio professionale con carattere di continuità. Precisa, inoltre, che sono esclusi dall’iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE gli RAGIONE_SOCIALE e gli RAGIONE_SOCIALE iscritti a forme di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o, comunque, di altra attività esercitata.
10.2. Viene dunque stabilito ( recte : ribadito, in quanto già previsto dall’art. 2 della legge n. 1046 del 1971) il divieto della doppia contribuzione per periodi coincidenti, previsione che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 108 del 1989, ha giudicato legittimo, in relazione ai parametri degli artt. 3 e 38 Cost.
10.3. A seguito della privatizzazione di RAGIONE_SOCIALE, lo Statuto ha precisato che il requisito dell’esercizio professionale, con carattere di continuità, ricorre nei confronti degli RAGIONE_SOCIALE e degli RAGIONE_SOCIALE che siano ad un tempo iscritti all’albo e non iscritti a forme di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata e che, infine, siano in possesso di partita iva.
10.4. A ben vedere, lo Statuto, a chiarimento di quanto era già desumibile dalla legge, rende esplicito che lo svolgimento di altra attività è espressione di un ‘assenza di continuità dell’esercizio di libera attività professionale.
10.5. L’a rt. 21 stabilisce anche che la RAGIONE_SOCIALE può provvedere periodicamente alla revisione degli iscritti con riferimento alla continuità dell’esercizio professionale. Ciò può fare nel quinquennio, rendendo inefficace, agli effetti dell’anzianità di iscrizione, i periodi per i quali difetta detta continuità.
Nel caso di specie, RAGIONE_SOCIALE ha respinto la domanda di pensione di anzianità, presentata nel 2011, poiché, in relazione ad alcuni anni (dal 1984 al 1987 ), risultava una «doppia» iscrizione che ha comportato l ‘inefficacia dell’anzianità contributiva . Prima della domanda di pensione, NOME COGNOME non aveva adempiuto a comunicazioni di sorta.
11.1. Parte ricorrente contesta l’ interpretazione della normativa, resa nella decisione impugnata. In particolare,
dubita che l’esercizio del potere di verifica presupponga un onere di comunicazione; assume, inoltre, che l’ iter argomentativo adottato conduce all’applicazione retroattiva delle disposizioni di cui all’art. 7 dello Statuto. Infatti, i periodi ai quali si riferisce la doppia iscrizione sono compresi tra il 1984 ed il 1987 e, quindi, ben prima dell’entrata in vigore dello Statuto.
Osserva il Collegio come, a tale ultima argomentazione, sia agevole obiettare che anche il regolamento di esecuzione della legge n. 1046 del 1971 prevedeva un analogo obbligo comunicativo.
12.1. L’art. 1 del regolamento attuativo (DPR n. 301 del 1975) stabiliva, infatti, l’iscrizione alla RAGIONE_SOCIALE, iscritti nei rispettivi albi professionali, nei cui confronti non sussistesse, per legge, divieto di esercitare la libera professione e che non risultassero iscritti a forme di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività esercitata.
12.2. In particolare, poi, a norma del successivo art. 2, era stabilito l’obbligo, per coloro che fossero obbligati ad iscriversi, della dichiarazione «di non essere soggetti ad altra forma di RAGIONE_SOCIALE obbligatoria». Apposita denunzia doveva essere inoltrata anche dai professionisti non tenuti all’iscrizione. In questo caso, però, la dichiarazione, di contrario contenuto, doveva essere corredata da «un certificato dell’ente assicuratore o dell’amministrazione presso la quale presta(va)no la loro attività».
12.3. Può dunque affermarsi che la normativa di riferimento ha sempre previsto un obbligo di comunicazione, a contenuto vincolato, imponendo all’iscritto di fornire specifiche informazioni, evidentemente funzionali all’esercizio del potere di verifica.
Tanto chiarito, questa Corte si è già occupata di interpretare la normativa di riferimento.
14. Le pronunce più recenti (Cass. n. 16252 del 2018; Cass. n. 29379 del 2022), alle quali il Collegio intende in questa sede assicurare continuità, superando precedenti orientamenti, hanno affermato il principio per cui il potere della RAGIONE_SOCIALE di rendere inefficaci, entro il quinquennio, agli effetti della anzianità di iscrizione, i periodi per i quali la continuità non risulti dimostrata è strettamente collegato al compimento dell’analitica attività di comunicazione posta a carico dell’iscritto dall’art. 7 dello Statuto (e prima ancora dall’art. 2 del regolamento attuativo della legge n. 1046 del 1971).
14.1. Solo dalla comunicazione delle specifiche informazioni in discorso prende avvio il quinquennio al cui interno la RAGIONE_SOCIALE può esercitare il potere di revisione. In altre parole, il termine decadenziale entro il quale la RAGIONE_SOCIALE può procedere alla revisione presuppone che l’Ente sia messo in condizione di conoscere i dati rilevanti ai fini del controllo. Il limite del quinquennio per la revisione, quindi, decorre sempre che l’iscritto abbia comunicato, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto, tutte le informazioni necessarie, ivi compresa quella relativa allo svolgimento della diversa attività. Viceversa, in assenza di comunicazione, non si attiva la fattispecie decadenziale di cui a ll’art. 21 cit
15. Ai principi esposti, si è conformata la pronuncia della Corte di appello che è dunque immune dai mossi rilievi.
15.1. Segue il rigetto del ricorso con le spese che seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove il versamento risulti dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis , se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 24 giugno 2025.
La Consigliera est. La Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME.