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Potere del giudice: no alla riduzione della sanzione

La Corte di Cassazione ha stabilito che il potere del giudice non include la possibilità di ridurre una sanzione disciplinare ritenuta sproporzionata, salvo casi eccezionali. Se un datore di lavoro chiede genericamente al giudice di applicare una sanzione “ritenuta di giustizia”, sta impropriamente delegando il proprio potere disciplinare. Di conseguenza, la sanzione originaria deve essere dichiarata illegittima e annullata, non rimodulata.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Potere del Giudice e Sanzioni Disciplinari: Quando la Riduzione è Preclusa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel diritto del lavoro: i limiti del potere del giudice nell’intervenire sulle sanzioni disciplinari applicate dal datore di lavoro. La decisione chiarisce che, di norma, il giudice non può ridurre una sanzione ritenuta sproporzionata, ma deve limitarsi a dichiararla illegittima, con importanti conseguenze pratiche per aziende e lavoratori.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla sanzione disciplinare di cinque giorni di sospensione inflitta da una grande società di servizi a una sua dipendente. Il Tribunale di primo grado, pur riconoscendo la sussistenza delle violazioni contestate, aveva ritenuto la sanzione eccessiva, riducendola a due giorni di sospensione.

Successivamente, la Corte d’Appello ha ribaltato questa decisione. Accogliendo il ricorso della lavoratrice, ha dichiarato l’illegittimità totale della sanzione originaria. La Corte territoriale ha motivato la sua scelta sulla base di un orientamento consolidato, secondo cui al giudice del lavoro è preclusa la possibilità di rimodulare una sanzione, anche se la riduzione era stata implicitamente richiesta dal datore di lavoro stesso.

Il Potere del Giudice e la Decisione della Cassazione

La società ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la richiesta, formulata in giudizio, di confermare la sanzione o di applicarne una “ritenuta di giustizia” avrebbe dovuto consentire al giudice di ridurla. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione d’appello e offrendo un’analisi dettagliata dei confini del potere del giudice.

Le Eccezioni al Principio Generale

La Corte ha ribadito che il potere di infliggere sanzioni disciplinari e di valutarne la proporzionalità rientra nell’organizzazione dell’impresa, un’espressione della libertà di iniziativa economica tutelata dall’art. 41 della Costituzione. Pertanto, tale potere è riservato esclusivamente al datore di lavoro. Al giudice è precluso esercitarlo, anche solo riducendo la misura di una sanzione.

Tuttavia, esistono due strette eccezioni a questo principio:
1. Superamento del massimo edittale: Quando la sanzione applicata supera il limite massimo previsto dalla legge o dal contratto collettivo per quella specifica infrazione. In questo caso, il giudice può ricondurre la sanzione entro tale limite.
2. Richiesta specifica del datore di lavoro: Quando è lo stesso datore di lavoro, nel corso del giudizio, a chiedere espressamente la riduzione della sanzione a una misura inferiore e ben definita.

L’Applicazione al Caso Concreto

Nel caso in esame, nessuna delle due eccezioni era applicabile. La prima era esclusa in quanto la sanzione di cinque giorni non superava i massimi previsti dal CCNL. Riguardo alla seconda, la richiesta dell’azienda di applicare la sanzione “che sarà ritenuta di giustizia” è stata giudicata troppo generica.

Le Motivazioni

La Cassazione ha spiegato che una richiesta così vaga equivale a delegare al giudice non solo una valutazione sulla proporzionalità, ma anche la scelta concreta della nuova misura disciplinare da adottare. L’azienda, facendo un riferimento generico a plurime disposizioni del contratto collettivo, senza specificare quale diversa sanzione ritenesse applicabile, ha di fatto sollecitato il giudice a esercitare un potere che non gli compete.

In sostanza, il giudice si sarebbe trovato a dover scegliere tra diverse possibili sanzioni (es. multa, sospensione di diversa durata), sostituendosi di fatto al datore di lavoro. Questo travalica il suo ruolo di controllore della legittimità dell’atto datoriale e sconfina nell’esercizio del potere disciplinare stesso, che la legge riserva all’imprenditore.

Le Conclusioni

L’ordinanza consolida un principio fondamentale: di fronte a una sanzione disciplinare sproporzionata, il compito del giudice è quello di annullarla, non di riformularla. Per le aziende, ciò significa che le richieste formulate in giudizio devono essere estremamente precise: se si intende ottenere una riduzione della sanzione in via subordinata, è necessario indicare specificamente la misura alternativa desiderata. Per i lavoratori, questa decisione rappresenta una tutela importante, poiché una sanzione ritenuta illegittima per sproporzione verrà completamente rimossa, anziché semplicemente attenuata dal giudice.

Un giudice può ridurre una sanzione disciplinare se la ritiene sproporzionata?
Di norma no. Il potere di infliggere e proporzionare le sanzioni disciplinari è riservato esclusivamente al datore di lavoro. Il giudice può solo verificare la legittimità della sanzione e, se la ritiene sproporzionata, annullarla.

In quali casi eccezionali il giudice può modificare una sanzione disciplinare?
Ci sono solo due eccezioni: 1) quando la sanzione supera il massimo previsto dalla legge o dal contratto collettivo, e il giudice la riconduce entro tale limite; 2) quando è lo stesso datore di lavoro a chiedere in giudizio, in modo specifico e definito, l’applicazione di una sanzione minore.

Perché la richiesta del datore di lavoro di applicare la sanzione “ritenuta di giustizia” non ha permesso la riduzione da parte del giudice?
Perché è stata considerata una richiesta troppo generica. In questo modo, il datore di lavoro ha demandato al giudice non solo la valutazione di proporzionalità, ma anche la scelta concreta della nuova sanzione da applicare, un esercizio del potere disciplinare che è precluso al giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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