Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9674 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9674 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
composta dai signori magistrati:
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Presidente
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME. COGNOME
Consigliera
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere relatore
AVV_NOTAIO NOME COGNOME
Consigliere
AVV_NOTAIO. NOME COGNOME
Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 9693 del ruolo generale dell’anno 2018, proposto da
RAGIONE_SOCIALE con unico socio (C.F.: P_IVA), rappresentata da RAGIONE_SOCIALE (C.F.: CODICE_FISCALE), in persona del rappresentante per procura NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimata- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Civitavecchia n. 792/2017, pubblicata in data 27 settembre 2017; udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 20 marzo 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Fatti di causa
Nel corso di un procedimento di esecuzione forzata per espropriazione immobiliare promosso dalla RAGIONE_SOCIALE, rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, in virtù di mutuo ipotecario, a seguito di opposizione all’esecuzione proposta dalla società debitrice ai sensi dell’art.
Oggetto:
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI (ART. 617 C.P.C.)
Ad. 20/03/2024 C.C.
R.G. n. 9693/2018
Rep.
615 c.p.c., il giudice dell’esecuzione ha sospeso l’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c.. Dopo l’introduzione del giudizio di merito da parte della società creditrice procedente, lo stesso giudice dell’esecuzione ha dichiarato l’improcedibilità dell’es ecuzione. La società creditrice procedente ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso tale ultimo provvedimento.
L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Civitavecchia. Ricorre RAGIONE_SOCIALE (subentrata nelle posizioni soggettive di RAGIONE_SOCIALE, in virtù di contratto di cessione di crediti pecuniari individuabili ‘ in blocco ‘, ai sensi degli artt. 1 e 4 della Legge n. 130 del 30 aprile 1999), rappresentata da RAGIONE_SOCIALE, sulla base di due motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede la società intimata.
È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c., davanti alla Seconda Sezione civile di questa Corte.
All’esito, con o rdinanza interlocutoria n. 33375 del 30 novembre 2023, è stata disposta la rimessione degli atti alla Prima Presidente della Corte per l’eventuale assegnazione ad altra Sezione Civile e, con provvedimento in data 14 dicembre 2023, è stata disposta la trasmissione del fascicolo a questa Sezione. È stata, quindi, disposta nuovamente la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis .1 c.p.c. Il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale AVV_NOTAIO, ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis .1 c.p.c., chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo del ricorso si denunzia , ai sensi dell’ art. 360, l° co., n. 3 cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione di norme di legge con riferimento all ‘ art. 624 c.p.c. ».
La società ricorrente , premesso che l’improcedibilità dell’esecuzione sarebbe stata dichiarata per i medesimi motivi già posti a base dell’opposizione all’esecuzione della debitrice esecutata ed in virtù dei quali lo stesso giudice dell’esecuzione aveva già disposto la sospensione del procedimento esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c., sostiene che « in pendenza del giudizio di opposizione, il GE non poteva assolutamente emettere ulteriori provvedimenti volti ad incidere sulla sorte della procedura esecutiva » in quanto « in tale giudizio di merito andranno decisi proprio quei motivi di opposizione per i quali il GE ha, con l’impugnata ordinanza del 27/5/11, dichiarato l’improcedibilità dell’esecuzione immobiliare »; a suo dire, infatti « in pendenza dell ‘ opposizione -nella fase di merito -il GE non può più intervenire nella procedura esecutiva sino a quando il giudizio di opposizione non sia stato definito con sentenza passata in giudicato ».
Il motivo è inammissibile, ancor prima che infondato.
1.1 Si premette che questa Corte ha da tempo chiarito che il giudice dell ‘ esecuzione ha il potere/dovere di verificare di ufficio, e a prescindere da una opposizione del debitore, l ‘ esistenza del titolo esecutivo, nonché la corrispondenza degli importi pretesi dal creditore con quelli dovuti in base al titolo stesso (cfr. ad es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 11021 del 19/05/2011, Rv. 617431 – 01; Sez. L, Sentenza n. 16610 del 28/07/2011, Rv. 618698 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4491 del 26/03/2003, Rv. 561469 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9293 del 09/07/2001, Rv. 548027 – 01; Sez. L, Sentenza n. 8559 del 23/06/2000, Rv. 537956 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8215 del 10/09/1996, Rv. 499547 – 01) e, in caso di mancanza o inefficacia, parziale o totale, del titolo ha il potere/dovere dichiarare l ‘ esecuzione non
più proseguibile per difetto di valido titolo esecutivo (cfr., per tutte, Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810 -01 e 02, in motivazione; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 11241 del 06/04/2022, Rv. 664509 -01).
In ordine a tali principi, in realtà, afferma di convenire la stessa società ricorrente, secondo la quale, però, l’indicato potere del giudice dell’esecuzione non sarebbe da questi più esercitabile in caso di avvenuta proposizione di una opposizione all’es ecuzione che abbia messo in discussione proprio l’esistenza del titolo esecutivo, quanto meno per le medesime ragioni poste a base del provvedimento di sospensione dell’esecuzione pronunciato ai sensi dell’art. 624 c.p.c. in seguito alla predetta opposizione e in pendenza del relativo giudizio di merito.
1.2 Tanto premesso va, in primo luogo, rilevato che le censure formulate con il motivo di ricorso in esame risultano prive della necessaria specificità, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
La società ricorrente sostiene che l’opposizione all’esecuzione era stata proposta dalla società debitrice per ottenere che fossero accertate « la mancata rinnovazione dell’iscrizione ipotecaria, l’insussistenza della pretesa creditoria, l’illegittimità e la nullità dell’atto di precetto, l’illegittimità ed improcedibilità dell’atto di pignoramento e della intera esecuzione, oltre al risarcimento del danno », senza un più puntuale richiamo delle ragioni di fatto e di diritto poste alla base di tali pretese; precisa, inoltre, che il giudice dell’esecuzione, a seguito dell’opposizione, aveva sospeso l’esecuzione ai sensi dell’art. 624 c.p.c., ma non richiama il contenuto del relativo provvedimento, il che impedisce di avere contezza delle effettive e concrete ragioni per le quali era stata disposta la sospensione ed in quali esatti termini; aggiunge che, nel corso di una successiva udienza del processo esecutivo, è stata dichiarata l’improcedibilità dell’esecuzione, ma non richiama in modo adeguato e specifico
neanche il contenuto del relativo provvedimento, sebbene sostenga che esso sarebbe stato aAVV_NOTAIOato a seguito della « valutazione dei medesimi motivi (inefficacia della rinnovazione ipotecaria e conseguente improcedibilità del pignoramento) »; assume che ciò non sarebbe stato possibile in quanto nel giudizio di merito dell’opposizione ancora pendente avrebbero dovuto essere decise le medesime questioni.
Non è, peraltro, possibile valutare la fondatezza nel merito delle censure di cui al motivo di ricorso in esame, in mancanza del chiaro, puntuale e specifico richiamo del contenuto dei provvedimenti in questione: la Corte, infatti, sulla base delle allegazioni di cui al ricorso, non è in grado di verificare se gli assunti in diritto posti a base della presente impugnazione trovino o meno effettivo e concreto riscontro negli atti processuali sui quali la stessa parte ricorrente fonda le proprie difese.
1.3 In ogni caso, per completezza di esposizione, è opportuno osservare che gli stessi assunti di astratto diritto alla base delle censure di cui al motivo di ricorso in esame risultano privi di fondamento.
Nel quadro dei principi di diritto già esposti, che regolano il potere di ufficio del giudice dell’esecuzione di rilevare l’eventuale difetto totale o parziale, originario o sopravvenuto, del titolo esecutivo, infatti, è stato chiarito che si tratta di un potere che può essere « esercitato in ipotesi in cui il debitore si sia costituito nel processo esecutivo e abbia sollevato contestazioni, o abbia addirittura proposto opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (e ciò tenuto conto che il debitore ha anche la facoltà di costituirsi nel processo esecutivo senza proporre opposizione all’esecuzione, eventualmente limitandosi a sollecitare l’esercizio dei poteri di ufficio del giudice) » e, ancor più specificamente, è stato affermato che, laddove sia stata proposta « una vera e propria opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., con la quale il debitore abbia contestato, in tutto o in parte, il
diritto di procedere ad esecuzione forzata per il credito fatto valere, il giudice dell’esecuzione ha due possibilità : può prendere atto dell’opposizione e, senza esercitare i propri poteri officiosi, limitarsi a sospendere l’esecuzione (in tutto o in parte) nei limiti in cui ritenga probabilmente fondata l’opposizione del debitore, fissando il termine per l’inizio del giud izio di merito », ma è stato altresì sottolineato che « il giudice dell ‘ esecuzione non perde i suoi poteri officiosi solo perché è stata proposta una opposizione all ‘ esecuzione; egli potrà quindi anche decidere di esercitarli ugualmente, a prescindere dall ‘ opposizione del debitore, assegnando al creditore gli importi effettivamente dovuti, o nessun importo, laddove ritenga il titolo inefficace o il credito integralmente estinto, ed in entrambi i casi definendo il processo esecutivo » (cfr., ancora, la già richiamata Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, in motivazione).
Ed è appena il caso di precisare ulteriormente, nella presente sede, che il potere in questione, essendo un potere del giudice dell’esecuzione connaturato ed immanente alla sua funzione direttiva del processo esecutivo e del tutto indipendente dallo svolgi mento e dall’esito delle eventuali opposizioni proposte dalle parti, certamente non viene meno solo perché sia stato esercitato il potere di sospensione del processo esecutivo ai sensi dell’art. 624 c.p.c..
È evidente che, di regola, laddove il giudice dell’esecuzione intenda esercitare il potere di rilievo di ufficio del difetto totale di titolo esecutivo, anche in presenza di una opposizione all’esecuzione, lo farà presumibilmente prima ed in alternativa al l’esercizio del potere di sospensione di cui all’art. 624 c.p.c., in quanto, una volta dichiarata l’improcedibilità del precesso esecutivo, non vi sarebbe luogo per una sua sospensione (anche se, come è appena il caso di sottolineare, in tal caso dovrà ugu almente fissare il termine per l’introduzione del giudizio di
merito dell’opposizione, onde consentire alle parti di ottenere sul punto una pronuncia con effetti di giudicato: cfr. ancora, in proposito, Cass., Sez. 6 -3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, in motivazione).
Ciò non toglie, peraltro, che potrebbero sussistere in concreto (come presumibilmente avvenuto nella specie) ragioni tali da indurre il giudice dell’esecuzione ad esercitare dapprima il potere di sospensione di cui all’art. 624 c.p.c. e solo successivamente quello di verifica della sussistenza del titolo esecutivo ai fini della proseguibilità dell’esecuzione stessa, trattandosi di due poteri distinti e autonomi, sotto il profilo processuale, in ragione dell’autonomia strutturale del processo di esecuzione e di quello di cognizione cui dà luogo la proposizione di una opposizione esecutiva, la cui interferenza può porsi esclusivamente su un piano pratico e funzionale, ma non sul piano giuridico.
Ciò esclude in radice la fondatezza dell’assunto di parte ricorrente (che in verità appare condiviso dal rappresentante della Procura Generale nella requisitoria scritta depositata in atti) secondo cui l’esercizio di uno dei due poteri determinerebbe la perdita del potere di esercitare l’altro.
Va fatta, ovviamente, salva l’eventuale inutilità pratica e funzionale di uno dei due provvedimenti, ovvero l’impossibilità di aAVV_NOTAIOare ulteriori provvedimenti, da parte del giudice dell’esecuzione, una volta definitivamente chiuso il processo esecutivo, i l che implica, evidentemente, che una volta dichiarata l’improseguibilità dell’esecuzione, non vi sarà più spazio per un provvedimento di sospensione dell’esecuzione (che sarebbe inutile e che, in ogni caso, non potrebbe essere pronunciato, avendo il giudi ce dell’esecuzione esaurito la sua funzione), ma non viceversa.
Con il secondo motivo si denunzia , sempre ai sensi dell’ art. 360, l° co., n. 3 cod. proc. civ., « violazione e falsa applicazione di norme di legge con riferimento all ‘ art. 626 c.p.c. ».
La società ricorrente sostiene che il provvedimento di improcedibilità dell’esecuzione non avrebbe potuto essere pronunciato dal giudice dell’esecuzione, una volta sospesa l’esecuzione, per il divieto di cui all’art. 626 c.p.c., trattandosi di ‘ atto esecutivo ‘ . Anche questo motivo è infondato.
In base al consolidato indirizzo di questa Corte, infatti, « l’art. 626 c.p.c. -secondo cui in pendenza della sospensione del processo non può compiersi alcun atto esecutivo, salvo che il giudice dell’esecuzione disponga diversamente si riferisce ai soli atti volti alla progressione della procedura » (cfr. Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 8998 del 30/03/2023, Rv. 667399 – 01 Sez. 3, Sentenza n. 24045 del 28/12/2004, Rv. 579384 -01).
L’art. 626 c.p.c. non può ritenersi escludere, quindi, la possibilità, per il giudice dell’esecuzione, di aAVV_NOTAIOare un provvedimento che, preso atto dell’insussistenza o della caducazione del titolo esecutivo, dichiari l’impossibilità di prosecuzione della procedura esecutiva, in tal modo assorbendo lo stesso provvedimento di sospensione eventualmente già pronunciato.
3. Il ricorso è rigettato.
Nulla è a dirsi in ordine alle spese del giudizio, non avendo la società intimata svolto attività difensiva.
Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
Per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso.
Ric. n. 9693/2018 – Sez. 3 – Ad. 20 marzo 2024 – Ordinanza – Pagina 8 di 9 Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o
improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-