Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14871 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 14871 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/06/2025
SENTENZA
sul ricorso n. 32363/2019 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ricorrente
contro
CONDOMINIO DI INDIRIZZO, in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME controricorrente, ricorrente in via incidentale
avverso la sentenza n. 2885/2019 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 2-5-2019, udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23-52025 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dott. NOME COGNOME la quale ha chiesto il rigetto del ricorso principale e del ricorso incidentale, udito l’avv. NOME COGNOME per il ricorrente e l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per il ricorrente incidentale
OGGETTO:
appalto – condominio
RG. 32363/2019
P.U. 23-5-2025
FATTI DI CAUSA
1.Il Condominio di INDIRIZZO a Roma in persona dell’amministratore ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo con il quale il Tribunale di Roma lo ha condannato a pagare a NOME COGNOME l’importo di Euro 24.709,72 a titolo di compenso a saldo d ei lavori di manutenzione di facciate e balconi dello stabile condominiale; ha contestato il credito, deducendo il mancato completamento delle opere nonché difetti delle opere medesime e ha chiesto in via riconvenzionale il risarcimento dei danni nella misura pari alla spesa necessaria a eliminare i difetti.
Si è costituito NOME COGNOME eccependo la carenza di legittimazione dell’amministratore, non autorizzato a proporre la domanda riconvenzionale, e la decadenza del diritto alla garanzia.
Con sentenza n. 7844/2015 il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione , accogliendo l’eccezione di decadenza dalla garanzia e dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale per difetto di legittimazione attiva dell’amministratore del Condominio.
Avverso la sentenza il Condominio in persona dell’amministratore ha proposto appello, che la Corte d’appello di Roma ha deciso con sentenza n. 2885/2019 depositata il 2-5-2019.
La sentenza ha accolto il primo motivo di appello e ha dichiarato la legittimazione ad agire dell’amministratore del Condominio, rilevando che ai sensi dell’art. 1130 n. 4 cod. civ. l’amministratore aveva il potere, oltre che di compiere gli atti conservativi, anche di chiedere il risarcimento dei danni qualora l’istanza fosse connessa con la conservazione dei diritti sulle parti comuni, e aveva il potere di compiere gli atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale, tra i quali r ientrava anche l’azione ex art. 1669 cod. civ.; quindi la domanda risarcitoria volta a ottenere l’equivalente monetario
dell’eliminazione dei difetti causati dall’appaltatore alle parti comuni non richiedeva preventiva delibera assembleare.
La sentenza ha altresì accolto il secondo motivo di appello, escludendo la decadenza dalla garanzia, dichiarando che la denuncia dei vizi era stata tempestiva; ha considerato che il consulente d’ufficio aveva accertato vizi dei lavori che richiedevano la spesa di Euro 43.794,92 iva inclusa per l’eliminazione. Ha dichiarato che era stata altresì acquisita la prova del conferimento dell’incarico e dell’esecuzione di lavori extracontratto per l’importo di Euro 11.027,00 e ha rigettato la domanda di risarcimento per il disagio della riapertura del cantiere formulata per l’importo di Euro 5.000.00. Quindi, disposta la compensazione tra l’importo di Euro 43 .794,92 a credito del Condominio e l’importo di Euro 11.027,00 a suo debito, ha revocato il decreto ingiuntivo e ha condannato NOME COGNOME al pagamento della differenza di Euro 32.767,92, con gli interessi dalla domanda al saldo; ha compensato le spese di lite di entrambi i gradi in ragione della reciproca soccombenza.
2.NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Condominio di INDIRIZZO ha resistito con controricorso, nel quale ha proposto ricorso incidentale affidato a due motivi.
NOME COGNOME ha replicato con controricorso al ricorso incidentale.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione per la pubblica udienza del 27-2-2025 , poi rinviata d’ufficio al 23 -5-2025 e nei termini di cui all’art. 378 cod. proc. civ. , con riguardo alla prima udienza fissata, il Pubblico Ministero ha depositato memoria con le sue conclusioni e ha depositato memoria illustrativa il ricorrente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1130 e 1131 c.c. in relazione all’art. 360 comma primo n. 3 c.p.c.’, il ricorrente sostiene che l’amministratore del RAGIONE_SOCIALE era legittimato a proporre l’opposizione al decreto ingiuntivo ma non a proporre domanda riconvenzionale, non avendo ricevuto autorizzazione assembleare in tal senso; dichiara che l’esercizio delle azioni avente carattere risarcitorio esula dalle attribuzioni ex art. 1130 cod. civ. dell’amministratore ; aggiunge che nella fattispecie l’a mministratore, nonostante non ne avesse ricevuto mandato, ha agito per il risarcimento dei danni riferiti all’appartamento n. 6 e quindi sostiene che erroneamente la sentenza impugnata abbia riconosciuto la sua legittimazione ad agire per il risarcimento senza che potesse farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti.
1.1.Il motivo è infondato.
La sentenza impugnata ha aderito all’orientamento, al quale si intende dare continuità anche in questa sede, secondo il quale il potere -dovere di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio attribuito all’amministratore di condominio d all’art. 1130 n. 4 cod. civ. implica in capo allo stesso la correlata autonoma legittimazione processuale attiva ex art. 1331 cod. civ., in ordine alle controversie in materia di risarcimento dei danni, qualora la domanda appaia connessa o conseguenziale alla conservazione delle cose comuni (così Cass. Sez. 2 29-1-2021 n. 2127 Rv. 660164-01-02, pag. 6 e i precedenti ivi richiamati; in particolare, secondo Cass. Sez. 2 30-102009 n. 23065 Rv. 610020-01 il potere rappresentativo che spetta all’amministratore del condominio a norma degli artt. 1130 e 1131 cod. civ. e che sul piano processuale si riflette nella facoltà di agire in giudizio per la tutela delle parti comuni dell’edificio comprende tutte le azioni volte a realizzare tale tutela, fra le quali quelle di natura
risarcitoria; già secondo Cass. Sez. 2 22-4-1974 n.1154 Rv. 36915801 l’art. 1130 cod. civ. comprende tutto ciò che mira all’integrità delle cose comuni e pertanto l’amministratore può agire senza autorizzazione dell’assemblea non solo per proporre l’azione di danno temuto, ma anche per ottenere il risarcimento del danno cagionato alle parti comuni dello stabile condominiale e concretantesi nelle spese occorrenti per la rimessione delle cose nel pristino stato).
Quindi, l’amministrazione è autonomamente legittimato non solo a proporre l’azione prevista dall’art. 1669 cod. civ. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui i difetti riguardino l’intero edificio condominiale e i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno (Cass. Sez. 2 31-1-2018 n. 2436, Rv. 647790-01, per tutte), ma anche a proporre ogni azione al fine di ottenere il risarcimento dei danni cagionati alle parti comuni, ancorché interessanti di riflesso le parti di proprietà esclusiva, e perciò allorché agisca a tutela dell’edificio nella sua unitarietà . Diversamente, senza mandato rappresentativo conferito dai singoli condomini la legittimazione dell’amministratore non può estendersi alla proposizione delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti nelle unità immobiliari di proprietà esclusiva, nel caso in cui si tratti non di eliminare i vizi afferenti a un tempo sia le parti comuni dell’immobile che, di riflesso, quelle di proprietà esclusiva, ma di fare valere diritti di credito ben distinti e individuabili, la cui tutela ecceda dalle finalità conservative dell’unitario fabbricato e perciò competa esclusivamente ai condomini interessati (Cass. Sez. 2 8-112010 n. 22656 Rv. 615545-01, pag.9).
Nella fattispecie la sentenza impugnata ha dichiarato che l’amministratore aveva proposto azione risarcitoria per ottenere l’equivalente monetario dell’eliminazione dei difetti causati dall’appaltatore alle parti comuni e ha descritto una serie di danni
relativi alle parti comuni, quali infiltrazioni d’acqua sul solaio del tetto e distacchi della colletta di preparazione del fondo per la tinteggiatura di facciate e balconi. Il ricorrente non censura in termini ammissibili la pronuncia, perché nessuno dei suoi argomenti è finalizzato a sostenere che la Corte d’appello abbia erroneamente ritenuto che i danni di cui l’amministratore ha chiesto il risarcimento e per i quali il risarcimento è stato riconosciuto non fossero afferenti le parti comuni dell’edifici o e e quindi non fossero danni dei quali l’amministratore poteva chiedeva il risarcimento anche senza l’ autorizzazione dell’assemblea . L’unico riferimento eseguito dal ricorrente al fatto che l’amministratore abbia chiesto anche i danni relativi all’allagamento di un appartamento è inconferente, in quanto il ricorrente non specifica -in termini ammissibili in questa sedeche l’allagamento fosse derivato da una causa di danno distinta da quella relativa alle parti comuni.
2.Con il secondo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c. e artt. 1667 e 1669 c.c., in relazione all’art. 360 comma primo n. 4 c.p.c.’, il ricorrente lamenta che soltanto con l’atto di appello il Condominio abbia chiesto di qualificare la domanda ai sensi dell’art. 1669 cod. civ. e quindi sostiene che la Corte d’appello non avrebbe dovuto pronunciare su domanda che non era stata oggetto del giudizio di primo grado, incorrendo nel divieto di cui all’art. 345 cod. civ.; aggiunge che nella fattispecie si doveva escludere l’applicazione dell’art. 1669 cod. civ., trattandosi di alterazioni che non pregiudicavano in modo apprezzabile la funzionalità dell’immobile.
2.1.Il motivo in primo luogo è inammissibile, perché non coglie la ratio della pronuncia impugnata. Infatti, la sentenza non ha riconosciuto il risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., in quanto non ha fatto riferimento all’esistenza di gravi difetti nell’esecuzione dei lavori nei termini previsti dall’art. 1669 cod. civ.; la
sentenza ha richiamato la disposizione esclusivamente nella disamina del primo motivo di appello, relativo alla legittimazione ad agire dell’amministratore e poi ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni alle parti comuni dell’edificio cagionati dalla difettosa esecuzione dei lavori ex art. 1668 cod. civ.
Del resto, il motivo si fonda su un presupposto erroneo, in quanto in tema di appalto sussiste la concorrenza delle garanzie previste dagli artt. 1667 e 1669 cod. civ., in vista del rafforzamento della tutela del committente; ne consegue che, ove a fondamento della domanda siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell’opera, influendo sulla sua durata e compromettendone la conservazione, il giudice è tenuto, ove le circostanze lo richiedano, a qualificare la domanda in termini di risarcimento per responsabilità ex art. 1669 cod. civ. anziché ex art. 1667 cod. civ. (Cass. Sez. 2 257-2019 n. 20184 Rv. 654978-01, Cass. Sez. 2 20-4-2004 n. 7537 Rv. 572194-01, Cass. Sez. 2 22-6-1995 n. 7080 Rv. 493026-01).
3.Con il terzo motivo, intitolato ‘ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 primo comma n. 5 c.p.c.’, il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia erroneamente indicato che le comunicazioni del 12-12-2009 e del 13-12-2009 costituivano denuncia dei vizi inviate prima del termine di quarantacinque giorni dalla comunicazione della fine dei lavori e che perciò la successiva comunicazione del 12-1-2010 era stata inviata entro i sessanta giorni successivi ed era così tempestiva; sostiene che in questo modo erroneamente il giudicante abbia riconosciuto al Condominio centocinque giorni complessivi per la denuncia dei vizi e non sessanta giorni come previsto dall’art. 1667 cod. civ. Dichiara che, in forza dell’art. 13 del contratto di appalto, dalla data di comunicazione di fine lavori del 4-11-2009 il Condominio aveva quarantacinque giorni di
tempo per effettuare il collaudo, altrimenti le opere si dovevano intendere accettate e che con la mail del 12-122009 l’amministratore aveva comunicato solo che alcuni condomini non avevano apprezzato la sostituzione della grondaia e con la mail successiva che il termine per il collaudo era sospeso, nulla contestando sugli altri lavori; quindi, evidenziato che la sospensione del termine non era prevista dalle disposizioni contrattuali, sostiene che il Condominio non abbia tempestivamente denunciato i vizi nel termine previsto, con la conseguente perdita del diritto; aggiunge che i vizi erano palesi e quindi la garanzia non era dovuta, che la grondaia era corrispondente a quella prevista nel contratto, che l’opera era stata accettata, che l’impresa appaltatrice doveva ancora percepire la somma di Euro 13.682,22.
3.1. Il motivo è inammissibile per le modalità con le quali è formulato.
L’art. 360 co.1 n.5 cod. proc. civ. nella formulazione attuale prevede vizio relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rispetto delle previsioni degli artt. 366 co.1 n. 6 e 369 co.2 n.4 cod. proc. civ. il ricorrente deve indicare il fatto storico il cui esame sia stato omesso, il dato testuale o extratestuale da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U 7-
4-2014 n. 8053 Rv. 629831-01, Cass. Sez. 2 29-10-2018 n. 27415 Rv. 651028-01). Il ricorrente non formula il motivo in questi termini, perché non individua i fatti decisivi dei quali sarebbe stato omesso l’esame, ma ripropone una complessiva rilettura delle risultanze istruttorie al fine di sostenere l’intervenuta decadenza dalla garanzia.
Specificamente, la sentenza ha accertato in fatto che le mail del 12-12-2009 e del 13-12-2009, contenendo contestazioni sulle grondaie e chiedendone la sostituzione, contenevano la contestazione dei vizi; quindi, ha preso in esame quei documenti, con riguardo ai quali il ricorrente si limita a sostenere -in modo inammissibile in questa sedeche la lettura avrebbe dovuto essere diversa da quella eseguita dalla sentenza impugnata. Tali contestazioni erano state inviate nel termine di sessanta giorni dall’ultimazione dei lavori , avvenuta il 30-10-2009 secondo la comunicazione de ll’appaltatore di data 4-11-2009 di cui dà pure atto la sentenza impugnata; quindi risulta rispettato il termine di sessanta giorni posto dall’art. 1667 cod. civ. per la denuncia dei vizi e sono irrilevanti gli argomenti del ricorrente in ordine alla previsione contrattuale secondo la quale entro quarantacinque giorni dalla consegna doveva essere eseguito il collaudo, perché prima del decorso del termine previsto per il collaudo il Condominio aveva già denunciato vizi dell’opera . Con riguardo a tutte le altre affermazioni contenute nel motivo, il ricorrente non indica su quali fatti decisivi di cui sia stato omesso l’esame le affermazioni siano fondate; in sostanza critica il complessivo apprezzamento delle risultanze istruttorie, riservato al giudice di merito e incensurabile in questa sede in quanto immune da vizi logici e giuridici.
4.Con il primo motivo di ricorso incidentale, intitolato ‘ ai sensi dell’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c.: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché della L. 247/2012 sui parametri forensi di cui al decreto 10 marzo 2014 n. 55 e successive
modificazioni’, il Condominio ricorrente in via incidentale censura la sentenza impugnata per avere disposto l’integrale compensazione delle spese di lite. Evidenzia che, se non avesse proposto l’appello, in forza della sentenza di primo grado il Condominio sarebbe stato costretto a pagare la somma complessiva di Euro 46.510,53 e sostiene che l’esito complessivo del giudizio di appello, muovendo dal provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, abbia comportato la totale soccombenza di NOME COGNOME quindi rileva che, nel rispetto del principio di soccombenza, la Corte d’appello avrebbe dovuto condannare COGNOME alla rifusione delle spese di lite di primo grado, liquidate nei medi della tariffa in Euro 7.254,00 e delle spese di lite di secondo grado, liquidate nei medi della tariffa in Euro 9.515,00.
5.Con il secondo motivo di ricorso incidentale, intitolato ‘ ai sensi dell’art. 360 1° comma n. 4 c.p.c., in relazione agli artt. 112, 132, 2 comma n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.: nullità della sentenza -omessa motivazione sulla compensazione totale delle spese di lite’, il Condominio ribadisce che l’esito della lite è stato, se non di totale, di prevalente soccombenza di NOME COGNOME; quindi lamenta che la pronuncia sulle spese di lite sia viziata anche sott o il profilo dell’assenza di motivazione, non essendo stata neppure abbozzata la ragione per la quale la soccombenza della controparte sia stata sostanzialmente posta nel nulla.
6.I due motivi di ricorso incidentale, da esaminare unitariamente in quanto aventi a oggetto la medesima questione, sono infondati.
In primo luogo, non si pone questione di vizio della motivazione, perché la sentenza impugnata ha testualmente dichiarato di compensare le spese di lite in ragione della reciproca soccombenza. La reciproca soccombenza è stata dichiarata dalla sentenza impugnata dopo avere dichiarato fondata la domanda del Condominio per
l’importo di Euro 43.794,92 e la domanda dell’appaltatore per l’importo di Euro 11.027,00; quindi la motivazione non è né mancante, né meramente apparente, né irrimediabilmente contraddittoria, né perplessa o incomprensibile, per cui non è affetta da alcun vizio rilevante in sede di legittimità (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte).
Si esclude altresì che ricorra una qualche violazione di legge, perché la soccombenza reciproca è configurabile in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nello stesso processo (Cass. Sez. U 31-10-2022 n. 32061 Rv. 666063-01); nella fattispecie effettivamente entrambe le domande contrapposte sono state accolte e la circostanza che la domanda dell’appaltatore sia stata accolta per importo i nferiore rispetto all’importo della domanda accolta del Condominio non esclude la parziale reciproca soccombenza. Le ulteriori deduzioni svolte dal ricorrente incidentale non rilevano in questa sede in quanto, in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.3 cod. proc. civ. è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, ipotesi nella fattispecie da escludere; esula dal sindacato di legittimità, rientrando nel potere del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensare le spese, in tutto o in parte, nell’ipotesi di soccombenza reciproca, o negli altri casi previsti (Cass. Sez. 6-3 1710-2017 n. 24502 Rv. 646335-01, Cass. Sez. 5 31-3-2015 n. 8421 Rv. 643477-02, Cass. Sez. 5 19-6-2013 n. 15317 Rv. 627183-01, Cass. Sez. L 5-4-2003 n. 5386 Rv. 561934-01).
7.In conclusione sono integralmente rigettati il ricorso principale e il ricorso incidentale e, stante la reciproca soccombenza, sono compensate le spese del giudizio di legittimità.
In considerazione dell’esito del ricorso principale e del ricorso incidentale , ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello rispettivamente previsto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione