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Possesso ad usucapionem: non basta usare il terreno

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, negando l’acquisto per usucapione di un terreno. Il semplice utilizzo di un’area altrui come parcheggio o la costruzione di opere precarie non costituisce un possesso ad usucapionem valido. Per l’usucapione, è necessario un comportamento che manifesti in modo inequivocabile la volontà di escludere il legittimo proprietario, come ad esempio la recinzione del fondo. Il ricorso è stato rigettato.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Possesso ad usucapionem: non basta usare il terreno altrui come parcheggio

L’acquisto della proprietà per usucapione è un istituto giuridico che suscita sempre grande interesse e, talvolta, controversie. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti fondamentali su quali comportamenti siano necessari per dimostrare un valido possesso ad usucapionem. La Corte ha stabilito che il semplice utilizzo di un terreno altrui come parcheggio o per costruzioni precarie non è sufficiente a integrare i requisiti per l’usucapione, se non è accompagnato da atti che escludano in modo inequivocabile il diritto del legittimo proprietario. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I fatti di causa: la disputa su un terreno

La vicenda ha origine dalla citazione in giudizio di un proprietario di un fabbricato da parte dei suoi vicini. Questi ultimi, proprietari e usufruttuari di un appezzamento di terreno confinante, lamentavano che il convenuto avesse invaso una porzione della loro proprietà. Nello specifico, il vicino aveva ampliato il proprio immobile realizzando una tettoia, adibendo una parte del terreno altrui a piazzale per la sosta e la manovra di veicoli e innalzando una baracca ad uso deposito. Tali opere, secondo gli attori, impedivano anche l’accesso alla parte residua del loro fondo.

Gli attori chiedevano quindi la rimozione delle opere abusive, il ripristino dello stato originario dei luoghi e il risarcimento dei danni. Il convenuto, dal canto suo, si difendeva chiedendo, tramite domanda riconvenzionale, di essere dichiarato proprietario di quella porzione di terreno per intervenuta usucapione.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione agli attori, rigettando la domanda di usucapione del convenuto. Secondo i giudici, le attività svolte dal convenuto – l’uso dell’area come parcheggio e la realizzazione di opere non definitive come una tettoia e una baracca – non potevano essere considerate come un possesso utile ai fini dell’usucapione. Per provare un possesso qualificato, sarebbe stato necessario dimostrare di aver agito come un vero proprietario, ad esempio delimitando l’area con recinzioni, catene o cancelli, impedendo di fatto l’uso al legittimo proprietario. Inoltre, la Corte d’Appello ha evidenziato l’incertezza sulla data di inizio del possesso e un precedente tentativo del convenuto di acquistare l’area tramite permuta, atto che implicitamente riconosceva la proprietà altrui.

Il ricorso in Cassazione e i requisiti del possesso ad usucapionem

Insoddisfatto della decisione, il convenuto ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

Il primo motivo: la corrispondenza tra chiesto e pronunciato

Il ricorrente lamentava che i giudici lo avessero condannato al rilascio del fondo, una richiesta mai esplicitamente formulata dagli attori. La Cassazione ha respinto questo motivo, chiarendo che la domanda di rimozione di opere realizzate su un terreno altrui contiene implicitamente anche la richiesta di rilascio dell’area abusivamente occupata.

Il secondo e terzo motivo: la prova del possesso ad usucapionem

Con gli altri motivi, il ricorrente contestava l’interpretazione delle prove e l’applicazione delle norme sull’usucapione. Sosteneva che i giudici avessero erroneamente svalutato le testimonianze e che le sue azioni (costruzione di un deposito, cortile e parcheggio) dimostrassero chiaramente il possesso con l’intenzione di essere proprietario (animus possidendi), che dovrebbe essere presunto dalla disponibilità materiale del bene (corpus possessionis).

Le motivazioni della Corte Suprema

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili anche questi motivi, confermando la linea dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: ai fini del possesso ad usucapionem, non è sufficiente un qualsiasi utilizzo del bene altrui, ma sono necessari comportamenti che manifestino in modo chiaro e inequivocabile un’attività materiale incompatibile con il diritto del proprietario. In altre parole, il possessore deve agire in modo da escludere il proprietario dal suo potere sulla cosa.

La Corte ha specificato che l’onere della prova grava su chi vuole far valere l’usucapione. Nel caso di specie, le azioni del ricorrente non sono state ritenute sufficienti a dimostrare una ‘signoria di fatto’ sul bene idonea a precludere la potestà del proprietario. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e priva di vizi, in quanto ha correttamente applicato i principi giuridici alla fattispecie concreta, evidenziando la mancanza di prove sia sulla qualità del possesso sia sulla sua durata ventennale.

Le conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa ordinanza offre una lezione pratica molto importante. Per poter acquistare un immobile per usucapione, non basta utilizzarlo per le proprie necessità, anche per un lungo periodo. È indispensabile porre in essere atti concreti che esteriorizzino in modo inconfutabile l’intenzione di comportarsi come unici ed esclusivi proprietari. Atti come la recinzione di un fondo, l’apposizione di un cancello o altre opere che impediscano fisicamente l’accesso al titolare del diritto sono esempi di comportamenti che possono fondare una domanda di usucapione. In assenza di tali manifestazioni, il semplice godimento del bene rischia di essere qualificato come mera tolleranza del proprietario o come un possesso non idoneo a far acquisire la proprietà.

Usare un terreno altrui come parcheggio o per costruirvi una baracca è sufficiente per l’usucapione?
No. Secondo la Corte di Cassazione, tali attività non sono di per sé sufficienti a dimostrare un possesso valido per l’usucapione. È necessario porre in essere atti che manifestino l’intenzione di escludere il legittimo proprietario dal suo bene, come ad esempio recintare l’area.

Cosa si deve dimostrare per ottenere la proprietà di un bene per usucapione?
Bisogna provare di aver esercitato sul bene un ‘possesso ad usucapionem’, ovvero un potere di fatto continuo per almeno vent’anni, in modo pacifico e pubblico, con l’intenzione di comportarsi come il vero proprietario (animus possidendi) attraverso atti materiali che siano incompatibili con il diritto del titolare.

La richiesta di demolire opere abusive su un terreno implica anche la richiesta di restituire il terreno stesso?
Sì. La Corte ha chiarito che nella domanda di rimozione di opere eseguite invadendo un terreno altrui è implicitamente contenuta anche la richiesta di rilascio dell’area occupata, in quanto l’occupazione abusiva è il presupposto comune a entrambe le pretese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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